Da alcuni anni il termine core training è entrato a far parte del lessico di molti allenatori e terapisti. E’ credenza diffusa che questa metodologia di allenamento possa contribuire a migliorare le prestazioni in molti sport e ridurre l’incidenza d’infortuni.
Nonostante la sua popolarità, però, la letteratura scientifica non è in grado di offrire conclusioni definitive circa la reale efficacia di tale mezzo di allenamento che, sicuramente dannoso non è, se inserito in una programmazione adeguata agli obiettivi dell’allenamento.
Letteralmente nella lingua inglese CORE ha il significato di…
NUCLEO. Per muscolatura del nucleo (core muscles) si intende l’insieme dei muscoli, superficiali e profondi, che stabilizzano, allineano e muovono il tronco, in special modo gli addominali e i muscoli della schiena.
I muscoli maggiori sono i muscoli del pavimento pelvico, gli addominali laterali, il muscolo multifido, muscoli obliqui interni ed esterni dell’addome, muscolo retto dell’addome, sacrospinale (sacrospinalis), diaframma e muscolo lunghissimo. I muscoli minori sono: il grande dorsale, i glutei e il trapezio.
L’argomento sarebbe davvero esteso se volessimo trattarlo nello specifico e ad ampio raggio (cosa che faremo successivamente) ma mi soffermo per sommi capi al “core training in pratica”.
I mezzi e gli strumenti oggi a disposizione per il core training sono molti e i professionisti dell’allenamento si trovano spesso a dover scegliere tra un gran numero di proposte operative.
Innanzitutto è possibile classificare gli esercizi in ampie categorie a seconda dei movimenti coinvolti:
Stabilizzazione: esercizi statici con elementi di stabilizzazione
Flesssione ed estensione: esercizi sul piano sagittale che enfatizzano i movimenti di flessione ed estensione
Rotazione: esercizi sul piano trasversale che enfatizzano i movimenti di torsione
Lanci e prese: esercizi dinamici che fanno lavorare il core su tutti e tre i piani dello spazio
Bisogna ricordare che non esiste un singolo esercizio in grado di attivare e allenare tutti i muscoli del core, ma solo una loro combinazione è realmente efficace per determinare degli adattamenti.
Gli strumenti a disposizione per l’allenamento sono numerosi e quasi tutti utili se usati correttamente. Quelli più, comunemente, usati sono:
Carico naturale
Palle mediche
Superfici instabili
Palle zavorrate (es. kettlebell) o pesi liberi
Elastici
E’ opportuno conoscere bene i vantaggi e gli svantaggi di ogni strumento applicandoli in modo adeguato e quando possibile combinandoli per raggiungere gli obiettivi dell’allenamento.
Per quanto riguarda la metodologia ci sono alcuni principi da seguire che potrebbero aiutare a pianificare correttamente l’allenamento.
Innanzitutto la scelta degli esercizi dipende, come detto in precedenza, dalla disciplina sportiva.
E’ fondamentale variare lo stimolo e creare un’opportuna progressione dei carichi di lavoro. In generale è opportuno cambiare una variabile per volta, modificando con gradualità i seguenti parametri:
Piani di movimento: una giusta progressione deve portare a eseguire esercizi sui tre piani dello spazio;
Ampiezza: negli esercizi dinamici l’escursione di movimento deve essere la più ampia controllabile;
Carico: aumentare in modo progressivo il carico aggiungendo e combinando i mezzi di allenamento mantenendo comunque il controllo del movimento;
Velocità di esecuzione: la velocità di movimento deve essere la massima controllabile dal soggetto;
Durata, frequenza e densità: numero di serie e ripetizioni, frequenza dell’allenamento e tempi di recupero.
In conclusione, nonostante la mancanza di solidi riscontri scientifici, il core training continua ad essere ampiamente utilizzato nella pratica sportiva e riabilitativa, lasciando aperto il dibattito sull’utilità di questo tipo di metodica.
E’ stato fatto riferimento a citazioni dei seguenti professori: Lorenzo Pugliese, Giuseppe Bellistri, Antonio La Torre ed il prof. Gambetta
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