Stretching yes or not

Stretching: yes or not?

Con la fine della stagione agonistica, ma soprattutto con l’inizio delle preparazioni precampionato per moltissimi preparatori e sportivi, torna in gran voga l’ormai vecchio dibattito sulla valenza dello stretching.

Fa bene? fa male? Non fa niente?

Una risposta assoluta come “si” o “no” a questa domanda, non solo è sbagliata a priori, ma anche del tutto assurda.

Innanzitutto è bene ricordare che con la parola stretching, spesso si intendono esercitazioni molto diverse tra loro, che inducono adattamenti differenti.

Credo si possa ormai affermare, senza molti dubbi, che in sport che non richiedono una particolare mobilità articolare, lo stretching statico (il più diffuso e conosciuto) eseguito in maniera maniacale, sia, se non negativo, per lo meno inutile.

E’ evidente, però, che per atleti giovanissimi che si avvicinano a qualsiasi tipo di disciplina non deve essere vietato.

Giovani stretching
Foto di Ketut Subiyanto
GLi abitudinari e i vari esercizi di stretching

Non bisogna però dimenticare che “molti atleti” sono “affezionati” ai loro riti preventivi e preparatori.

Spesso i possibili effetti negativi indotti dal divieto brusco, può superare quelli indotti dal fare, appunto, lo stretching statico.

Diverse sono le tecniche di stretching, come:

Lo stretching balistico

Molto in voga negli anni passati, consisteva nell’arrivare in posizione di allungamento molleggiando sui muscoli tesi.

Si forzano le parti del corpo in posizioni che oltrepassano il normale range di movimento (ROM), utilizzando lo slancio di un movimento oscillante.

Si arriva cioè in posizione di massimo allungamento, e poi si tenta di andare oltre questa posizione con un movimento brusco e violento.

Oggi questa metodologia è fortemente sconsigliata, perché si mettono a repentaglio l’integrità delle strutture muscolo-tendinee delle articolazioni interessate.

Lo stretching statico

E’ il più conosciuto.

Consiste nell’assumere lentamente una determinata posizione, diversa per ciascun muscolo o gruppo di muscoli, che va mantenuta per un periodo di tempo più o meno lungo.

Può essere attivo o passivo.

Quello Passivo differenzia dall’attivo, per l’intervento di altre persone o attrezzi che aiutano a raggiungere la posizione.

Lo stretching dinamico

Consiste nell’allungare un certo gruppo muscolare con oscillazioni e movimenti controllati.

L’escursione aumenta progressivamente fino a raggiungere il grado desiderato, per poi aumentare anche la rapidità del gesto.

Stretching dinamico
Stretching dinamico – da running studio
PNF “facilitazione propriocettiva neuromuscolare” o Isometrico

Esistono varie tipologie di stretching PNF, ma il più utilizzato consiste nell’allungare e contrarre la muscolatura durante la fase di stretching e approfittare della stanchezza della muscolatura che è stata contratta pochi secondi prima, per allungarsi sempre di più.

Quindi

Dire che lo stretching fa bene a priori, è sbagliato. Dire che lo stretching va evitato come la peste, è sbagliato.

Siamo dei professionisti con un bagaglio culturale che spazia dall’anatomia umana, alla fisiologia, biochimica, biomeccanico.

Pertanto siamo tenuti a conoscere nello specifico gli adattamenti indotti da tutte le diverse metodiche di stretching, e solo attraverso questa conoscenza saremo in grado di utilizzarle al meglio in base alla programmazione specifica per obiettivi.

Esempio

Molte tecniche di stretching statico, di cui oggi si parla tanto male, trovano un largo e positivo utilizzo in discipline che richiedono una grande mobilità articolare come la ginnastica artistica o il nuoto sincronizzato e la prevenzione ai traumi in quasi tutti gli sport.

Quindi, come già detto in tante riunioni tecniche e dibattiti in forum specializzati, avere conoscenze non vuol dire applicarle in modo indiscriminato senza rielaborarle alla luce delle proprie esperienze, degli anni di lavoro, di osservazione e di valutazione.

Un monito ai colleghi educatori – istruttori – preparatori fisici

Cerchiamo e continuiamo ad avere un approccio personale alle cose e di rielaborare le proprie conoscenze in modo elastico e funzionale: i libri e i testi non sono bibbie ma strumenti di notevole aiuto per permetterci di approfondire e studiare.

Vi invito infine a leggere alcune interessanti pubblicazioni sull’argomento del Prof. Gilles Cometti, un cardine nel nostro ambito.

Gilles Cometti
Gilles Cometti al lavoro con un atleta – da performancelab
Conclusione

Per quanto mi riguarda dedicare qualche minuto alla pratica dell’allungamento, in base alla mia esperienza pratica, ai miei approfondimenti ed alle mie continue partecipazioni a clinic specialistici,

va a completare quella che viene chiamata “programmazione ordinaria”.

di Tiziano Megaro


Minibasket

OGGI I BAMBINI SANNO GIOCARE A MINIBASKET?

“Ogni bambino possiede delle capacità (DNA, esperienze,…..) e in base alle sue capacità è in grado di sviluppare delle competenze e se tu, Istruttore, vuoi migliorare le sue competenze, devi metterlo in condizione di aumentare le sue conoscenze”.

Spesso, durante i miei Clinic e…

…allenamenti, mi sono accorto che molti bambini non sanno:

  • correre
  • saltare
  • ricevere

molti sembrano dei “soldatini”, non inventano, non creano, molti non sono reattivi, si stancano subito, hanno una capacità di attenzione limitata:

non pensano.

Pensare

“Dobbiamo creare dei bambini pensanti”:

questo è lo slogan attuale.

Se non sbaglio è un concetto che ho sempre proposto da Istruttore Federale Minibasket, dal lontano 1981. 

Un bambino pensa e esegue in base alle proprie conoscenze e alle proprie capacità, altrimenti non diventerà mai compente e abile nell’eseguire un gesto o un movimento.

Ora si parla di apprendimento cognitivo, ma prima che apprendimento era?

Il cognitivismo esisteva già dal 1981 e ancora prima!
Mi ricordo che dal 1981 parlavo di tassonomia, di conoscenze, di capacità e di competenze. 

Insegno in Università Cattolica (Scienze della Formazione) da oltre 35 anni e ricordo agli addetti ai lavori che i progetti devono essere scientificamente codificati (con un gruppo di controllo) e non astratti!

Oggi si parla di neuroscienze, ma prima non si lavorava sulla lateralità, sulle funzioni dei due emisferi, sullo spazio, sul tempo?

Mi sembra il gioco delle “tre carte”!

Molti bambini non:

  • conoscono che cosa possono fare con il proprio corpo
    • quindi è importante aumentare la conoscenza degli schemi motori di base e posturali;
  • conoscono lo spazio
    • quindi è importante educare lo “spazio topologico”, migliorando le conoscenze spaziali;
  • prendono delle decisioni
    • quindi è importante fornire loro delle conoscenze relative al “making”;
  • sono in grado di modificare una iniziativa presa inizialmente
    • quindi dobbiamo migliorare le conoscenze alternative;
  • padroneggiano determinati movimenti con la palla
    • quindi “manualità” e aumento dei gesti di manipolazione
      • più conoscenze un bambino possiede più è in grado di “gestire” il movimento;
  • conoscono “i fondamentali individuali”
    • quindi sarebbe opportuno aumentare le conoscenze sui fondamentali.

E mi fermo qui! Potrei continuare…

IL MIO PENSIERO

Lavorare SOLO per competenze?

No.

Aumentare le conoscenze per diventare più competenti?

Sì.

di Maurizio Mondoni