Coach del domani?
Basta essere stati buoni giocatori per essere anche grandi allenatori?
Prescindiamo per una volta dai singoli sport, ma restringiamo però il campo almeno agli sport di squadra, che esigono dinamiche e competenze relazionali assolutamente diverse da quelli di tipo individuale.
Il caso del giorno, è evidente, riguarda Pirlo, neo allenatore della Juve.
La nomina ha fatto scattare, inevitabilmente, parecchie osservazioni sull’opportunità di nominare un allenatore che non ha mai allenato.
Provo a riassumere le principali osservazioni, assumendomi ogni rischio di tralasciare pareri importanti, ma solo a mo’ di sollecitare un approfondimento successivo che non ha alcuna pretesa di essere assoluto.
Tra le tante cose che lo sport insegna c’è il postulato che la sua dinamica è talmente complessa e mutevole da rendere impossibile una previsione che possa avere il requisito minimo dell’attendibilità.
La riflessione
Dunque, esattamente come hanno fatto i virologi parlando di un virus ancora sconosciuto, mi rendo perfettamente conto di addentrarmi in un terreno solo parzialmente conosciuto, per aver ricoperto un ruolo di allenatore per poco più di tre decenni (praticamente nulla), e di rischiare di intravedere dietro l’orizzonte un panorama dal pronostico complesso.
Secondo la mia concezione (ecco, con questa premessa rendo ogni argomentazione soggettiva, e quindi priva della presunzione dell’assolutezza), un allenatore è una somma perfetta ma non compiuta di una serie di competenze, delle quali l’ottima conoscenza del gioco ne costituisce solo una parte.
Veniamo al caso. Pareri discordanti, dicevamo.
Partiamo dai pareri favorevoli.
Primo aspetto: Pirlo è stato eccellente giocatore
Dai piedi ottimi e dalla presenza sempre percepita favorevolmente dal gruppo dei giocatori e delle squadre per le quali ha militato. Requisito a mio avviso che dice molto di più del suo talento.
Essere visto come parte integrante di squadre differenti testimonia una duttilità caratteriale, una personalità ed una identità non solo tecnica che non può che costituire un ottimo viatico per la carriera che si appresta a fare.
Secondo aspetto: conoscenza del gioco
Chi ha giocato molti anni a certi livelli il gioco lo conosce benissimo, ma se hai giocato nel ruolo di playmaker lo conosci senz’altro di più.
Non perché un difensore o una punta abbiano meno capacità di comprensione del gioco, ma indubbiamente se il gioco lo hai creato tu, e lo hai fatto benissimo e per molto tempo, penso che le tue capacità di compenetrarti in una dimensione che esula la tua individualità di giocatore costituisca un asset importantissimo per vedere le cose come coach.
Terzo aspetto favorevole: Pirlo, a detta di Ulivieri (uno dei responsabili dei corsi di Coverciano) è stato un allievo modello
Ha mostrato di conoscere il calcio a menadito (e questo lo avevamo supposto pure se non avesse frequentato il corso).
Non mi dilungherò su quanto un corso sia in grado di apportare significative competenze ad un allenatore specie per allenare a certi livelli, ma dirò subito che, sempre a mio sommesso avviso, da quel punto di vista la percentuale fa fatica ad arrivare alla doppia cifra.
Tra i pareri favorevoli si cita, in questi giorni, il paragone con esempi illustri che hanno fatto strabene nel passato, pur non avendo alcuna o poca esperienza come allenatore.
In casi simili si sono tirati in ballo mostri del calibro di Guardiola e Zidane. Paragoni difficili? Forse. Ma nella dinamica delle cose mi paiono azzeccati nel metodo, meno nel merito. Entriamo allora nel merito.
Cose negative:
Se esaminiamo i due big citati, non vorrei scomodare termini come carisma, personalità e via cantando, perché significherebbe porre il povero Andrea in una condizione di subalternità, e non me la sento per palese disconoscenza del suo livello nei temi suddetti.
Parlo solo di un’ultima cosa che a me pare evidente.
Un allenatore che si definisca efficace deve avere una certa capacità di persuasione, la qual cosa non equivale a manipolare, ma semmai a convincere i suoi giocatori ad abbandonare le proprie sacrosante individualità (la maggior parte dei giocatori nutre un egoismo che va spesso a discapito della complessità del gruppo).
Capacità di persuasione equivale in molti casi ad avere qualità comunicative e di estroversione che, devo essere onesto, in Pirlo ho notato assai poco.
Ovvio che il mio parere si fonda su quel che si vede (interviste, partecipazione a trasmissioni tv, ecc.) quindi mi rendo conto che, anche qui stiamo parlando di impressioni, ma non mi pare che il nuovo allenatore della squadra che è continuamente alla ricerca del tutto e subito, abbia mostrato scioltezza o approfondimento di argomenti e quindi concluso nel modo seguente.
Conclusione
Se Andrea dai piedi d’oro saprà unire alle indubbie conoscenze tecniche e tattiche da lui possedute, anche un netto miglioramento delle sue abilità di conoscenza dei complessi fattori umani che vanno sotto il nome di “dinamiche di gruppo”.
Saprà definire anche attraverso un netto incremento della sua capacità di comunicazione e di persuasione, un vocabolario che gli permetterà di gestire tanto la stella come l’ultimo ragazzo che viene dalle giovanili e coinvolgere tutti in una entusiastica partecipazione anche emotiva alle sorti del club che gli è stato affidato, beh, allora avremo probabilmente l’allenatore ideale.
Ed è, alla fine, quello che si augurano i tifosi della Juventus ed anche tutti quelli che sperano che un bravo e stimato giocatore senza alcun passato da allenatore possa diventare il coach del domani.
Tanto come sempre, il campo rivelerà la verità. In bocca al lupo!