Donato Sabia

DONATO SABIA, IL CAMPIONE SILENZIOSO CHE DISSE NO AL DOPING

Dino De Angelis: un pensiero ad un grande campione

1984, lo Scandinavium di Goteborg è una sorta di tempio che rappresenta da decenni il punto d’incontro con il mondo.

E qui, un potentino appena ventenne ebbe un appuntamento con la storia.

Si trattava di Donato Sabia, un…

…talento che ha sempre voluto combattere esclusivamente con le armi a sua disposizione, e nulla di più.

In un mondo pieno di “trucchi del mestiere” non sempre legali (anzi, spesso e volentieri, totalmente illegali), Donato ha scelto di correre contando solo sulle proprie energie:

  • fisiche,
  • tecniche,
  • mentali.

E come scrisse Repubblica a quei tempi (anni 80)

Donato era un talento “grezzo, tanto grezzo che scelse di restare grezzo”.

Un pò di storia sportiva

Classe 1963, orgogliosamente di Potenza, Donato Sabia è stato uno dei più grandi campioni degli 800 metri italiani:

due finali olimpiche:

Il suo nome rimarrà legato a Goteborg dove negli Europei indoor del 1984 realizzò quella che resta una delle migliori prestazioni sugli ottocento metri.

Un quasi record, 1’43”88, che oggi lo colloca a pochi centesimi da quello di Marcello Fiasconaro del 1973.

Donato era molto amico di Pietro Mennea, con cui hanno condiviso la pista di Formia, dove si allenavano nello stesso periodo.

I paragoni con Mennea sono stati molti, forse perché entrambi erano schivi, abituati a lavorare molto secondo una filosofia basata sul sacrificio personale.

Donato è sempre stato elegante e signorile, non solo nel correre ma anche nel suo modo di rapportarsi con gli altri.

Disse di Mennea

Quando Mennea se ne andò, nel marzo del 2013, al suo funerale fu proprio Donato Sabia, quel ragazzo schivo, riservato, a volte perfino timido, a confortare tutti.

Era addolorato ma dentro aveva quella luce di tranquillità che anche quella volta consegnò al mondo dell’atletica presente ai funerali della “Freccia del Sud”, quasi a voler dire:

“Sì, abbiamo perso un grandissimo campione, ma il suo esempio resterà sempre vivo. Ora proviamo a seguirlo”

I valori sportivi

Qualcuno scrisse di Donato che “oltre a essere il più forte tra i quattrocentisti e gli ottocentisti, era una sorta di sindacalista: 

si era erto a paladino di un gruppo di atleti che non erano stati presi in considerazione dalla federazione”.  

Una volta ad un meeting internazionale a Milano, chiese allo speaker della manifestazione di farsi dare il microfono perché voleva comunicare al pubblico presente tutte le ingiustizie che certa parte dell’atletica (la staffetta 4 x 400) stava subendo per le imminenti olimpiadi.

E anche se quel microfono gli fu negato.

Sabia mise il suo petto davanti a tutti i giornalisti che si avvicinarono per cercare di capire cosa fosse successo, per rivendicare i diritti di una serie di atleti che l’Olimpiade l’avevano meritata con i risultati.

Sulla pista fu indomabile, ma anche molto sfortunato.

I carichi di lavoro pesantissimi si fecero sentire.

A 27 anni Sabia aveva dolori continui e si infortunava spessissimo.

La sua carriera si chiuse troppo presto, con molti rimpianti e con delle polemiche accesissime.

Poco tempo fa, in una intervista al Corriere del Mezzogiorno dichiarò:

“Avevo detto no al doping, un aiuto a quei tempi quasi istituzionalizzato. E da allora mi chiusero tutte le porte”.

Di quel periodo, il suo allenatore Sandro Donati racconterà:

“Anche se non ufficialmente, era stato emarginato dalla squadra perché aveva rifiutato le pratiche del doping, eravamo soli, nessun sostegno economico”.

Dopo aver concluso la carriera agonistica, ritornò a casa e gli ultimi anni li ha trascorsi da Presidente della sezione lucana della Federazione italiana di atletica leggera, dove ha continuato, anche a livello istituzionale, la sua battaglia contro il doping.

Poteva essere il più grande di tutti nell’atletica, è stato grande nelle scelte.

Il Covid se lo è portato via in un mattino di aprile lasciando attoniti quanti lo conoscevano e lo apprezzavano come atleta ma soprattutto come uomo.

E nella città in cui è nato rappresenta ancora oggi un esempio limpidissimo e inscalfibile di un uomo integro e inattaccabile e la sua figura continua a dimostrare a tutti come un atleta del suo calibro possa continuare ad essere un punto di riferimento per una intera comunità.

di Dino De Angelis

Parlare in pubblico

LE “MIE” REGOLE FONDAMENTALI PER PARLARE IN PUBBLICO

Parlare in pubblico è un’arte piuttosto difficile da apprendere, perché rappresenta un vero e proprio “blocco emotivo” per molte persone.

La paura di parlare in pubblico durante una lezione in Università, a una…

…conferenza, a un convegno, colpisce indistintamente insegnanti, professori universitari e manager.

Dopo:

  • 35 anni di insegnamento in Università;
  • al C.O.N.I. provinciale, regionale e nazionale;
  • al Panathlon in qualità di Presidente e di Governatore dell’Area 2 Lombardia;
  • presso la Federazione Italiana Pallacanestro, in qualità di Tecnico Federale per 25 anni;
  • in F.I.B.A. in qualità di Formatore degli Istruttori Minibasket;
  • migliaia di Corsi di Formazione, Clinic, Convegni, Forum in Italia e nel mondo;

vi presento alcune Regole fondamentali da seguire maturate in questi anni di esperienza diretta.

Cercare di superare la paura di parlare in pubblico
paura di parlare in pubblico
Foto di Ketut Subiyanto

Per superare questo ostacolo ci si deve allenare costantemente e grazie all’esercizio continuo, “il parlare in pubblico” diventerà un piacere e non un’angoscia.
Nella maggior parte dei casi il timore di affrontare la platea è legato all’inesperienza.

Lo stress colpisce soprattutto i neofiti che si sentono inadeguati in quella determinata circostanza.

Sicuramente si migliora con l’esperienza, abbassando l’ansia e il timore di sbagliare!

Occorre prepararsi in modo adeguato
studiare in modo adeguato

E’ sbagliato imparare a memoria il discorso, ai fini di evitare improvvisi vuoti mentali e se si memorizza il discorso parola per parola, si rischia di dimenticare tutto non appena si inizia a parlare.

L’importante è avere in testa i “concetti chiave” da cui partire per elaborare un’esposizione efficace:

le parole devono venire dal cuore, non dal cervello!

Organizzare il discorso in sequenza

Ogni discorso (che deve essere preparato precedentemente), per essere più chiaro ed efficace, deve essere “strutturato” secondo una sequenza basata sullo spazio, sul tempo o su specifiche tematiche:

sequenza discorso
Foto di Polina Zimmerman

così facendo l’oratore segue un filo logico e non si perde in mille rivoli.

Parlare con entusiasmo alla platea

Ogni volta che si parla di fronte a una platea:

l’atteggiamento mentale dell’oratore influenza anche quello degli ascoltatori.

Se l’oratore è indifferente, anche gli ascoltatori saranno indifferenti, quindi per suscitare sensazioni positive bisogna credere profondamente in ciò che si dice, mostrando spontaneità e sincerità.

Durante il discorso è importante raccontare le esperienze “vissute” e utilizzare supporti visivi.

Un segreto per “essere vincenti” e catturare l’attenzione del pubblico in sala, è quello di parlare del proprio “background”, raccontando alcuni episodi della propria esperienza personale.

Se si vuole “catturare” l’attenzione della platea, è importante puntare non solo sul valore delle parole, ma anche sulle emozioni che le immagini e i video trasmettono

(poche parole scritte sulle “slides”, fotografie nitide e sfondi colorati).

Conclusioni

Queste sono le “mie” regole per parlare in pubblico, spero di avervi trasmesso un po’ più di sicurezza e determinazione!

di Maurizio Mondoni

Principio di allenamento nel basket

PRINCIPI DI ALLENAMENTO NEL BASKET

SPECIFICITA’ E SOVRACCARICO PROGRESSIVO

Una conoscenza adeguata dei principi fisiologici impliciti nell’allenamento e nella competizione del basket è molto valida per allenatori e giocatori.

Non basta essere bene allenati; gli atleti devono affinare il proprio…

…corpo specificatamente per il basket.

Se si vuole migliorare il proprio tiro libero, cosa si fa, si gioca a golf? No.

Si effettueranno tanti liberi.

Lo stesso principio si applica al proprio allenamento fisico.

Mediante uno specifico adattamento il corpo cambia metabolicamente e/o meccanicamente (abilità di movimento) in risposta a una specifica esigenza.

Un atleta può essere ben allenato, ma è allenato specificatamente per il basket?

Ecco la premessa di specificità dell’allenamento.

Il basket è principalmente uno sport anaerobico ma richiede anche la collaborazione del sistema aerobico.

Un allenamento specifico per il basket, perciò, prevede l’utilizzo di uno schema che solleciti la produzione di energia anaerobica.

Per migliorare la capacità energetica si dovranno eseguire, quindi, brevi esercizi di grande intensità tutti adattati alla specificità dello sport in questione.

Le esercitazioni sul campo non sollecitano soltanto il sistema di energia anaerobica, ma molte di esse implicano capacità come:

un allenamento totale e specifico per il basket.

Il sovraccarico progressivo

Siccome le reazioni fisiologiche all’allenamento sono molto prevedibili e se il corpo è attentamente e progressivamente messo alla prova, avverranno appropriati adattamenti ed il corpo diventerà più forte.

Le reazioni fisiologiche all’allenamento sono molto prevedibili.

Se il corpo è attentamente e progressivamente messo alla prova, avverranno appropriati adattamenti ed il corpo diventerà più forte.

Questo è il concetto di sovraccarico progressivo.

Quando il corpo sperimenta uno stress fisico, a condizione che lo stress non sia troppo forte, il corpo stesso si adatterà a quello stress.

Esempio

L’adattamento può implicare una crescita muscolare (ipertrofia) frutto di ripetute sedute di allenamento di resistenza o può implicare una migliorata efficienza cardiorespiratoria frutto di allenamento aerobico.

Man mano che aumenta il livello di lavoro, aumenta anche la propria capacità di lavorare più a lungo e duramente.

Per contro, un periodo di inattività che produca un declino della capacità fisica influenzerà negativamente la forma e le prestazioni del giocatore.

Se si concede una lunga vacanza, all’atleta, durante il periodo di sosta e l’atleta fa poco o niente allenamento, si potrebbe sperimentare un effetto “contro allenante”.

contro allenante
Foto di Victor Freitas

Il corpo reagirà proprio come un braccio che è stato ingessato per alcuni mesi.

La sua capacità fisica diminuisce, perde la sua vitalità.

Mantenendosi in forma si potrà ottenere il massimo del proprio potenziale fisico.

Cosa più importante è che, sia che si sta in periodo di sosta, in periodo pre – agonistico o nella stagione agonistica, se si è ben allenati, il giocatore sarà meno soggetto ad infortuni oltre a ridurre la gravità del problema nel caso in cui incorra. 

In questo senso mantenere un buon allenamento di base funzionerà a proprio vantaggio se si ha intenzione di avere una lunga e tranquilla carriera nella pallacanestro.

Il principio del concetto

Per raggiungere un livello ottimale di tensione fisica, bisogna ricordare il principio del sovraccarico progressivo.

Man mano che il proprio livello di forma migliora, gradualmente, si aumenterà l’intensità della sollecitazione fisica a cui si sta sopponendo il proprio corpo.

Le tre variabili maggiori per determinare uno stress adeguato sono:

  • l’intensità
  • la frequenza
  • la durata

Manipolando queste variabili in maniera programmata e ponderata si otterranno i risultati sperati.

L’intensità

L’intensità è probabilmente il più importante di questi tre fattori.

L’intensità di una sessione di allenamento può essere commisurata sia dal grado di difficoltà che da considerazioni di tempo.

Data la natura anaerobica del basket, gran parte dello sforzo si esercita in brevi scatti, con brevi interruzioni all’interno.

Come abbiamo già detto e ridetto, in alcuni precedenti articoli, anche il sistema aerobico necessita di una grande attenzione.

Un sistema aerobico efficiente aiuterà il corpo a tollerare meglio aumenti del livello di acido lattico, faciliterà la sua eliminazione e aumenterà la velocità di recupero.

Questo a sua volta permetterà al giocatore di effettuare prestazioni ottimali più a lungo.

La frequenza cardiaca

Fondamentale avere, per qualsiasi tipo di allenamento, il ritmo cardiaco sempre sotto controllo.

Qualunque metodo si userà l’utilità di conoscere il ritmo cardiaco ottimale dell’atleta e il ritmo cardiaco di riserva è oltremodo importante per regolare l’intensità dell’allenamento ad un livello appropriato.

Durante l’esercizio anaerobico il ritmo cardiaco arriverà al 95% del massimo o ancora più su.

Le frequenze cardiache di 180 battiti al minuto sono comuni tra atleti, sani, impegnati nell’allenamento anaerobico.

E’ ovvio che un ritmo di lavoro di tale intensità non può essere sostenuto a lungo.

In modo facile molti giocatori imparano velocemente a moderarsi durante allenamenti particolarmente gravosi.

Un occasionale controllo del battito cardiaco subito dopo un esercizio rivelerà se essi stanno esercitando il massimo sforzo.

Durante le esercitazioni i giocatori spesso sbagliano più tiri che durante l’allenamento abituale.

Alcuni allenatori dovrebbero ricordare che, man mano che l’intensità di un esercizio aumenta, accuratezza e coordinazione diminuiscono.

Se è vero che lo sbagliare i tiri durante una esercitazione non dovrebbe essere incoraggiato è anche vero che l’allenatore dovrebbe essere sempre consapevole dello scopo di quella attività.

Conclusione
Riposo
riposo

Intensità e riposo devono essere commisurate alle esigenze dell’atleta ed ai requisiti della pallacanestro.

L’intensità degli esercizi determina:

– se il sistema di energia, che viene stimolato durante l’allenamento, è anaerobico o aerobico.

– il rapporto lavoro/riposo varieranno moltissimo secondo il periodo dell’anno.

(Cit. Johnson, B. Greg)

di Tiziano Megaro

Preparazione atletica nelle donne

Differenze nella Preparazione Atletica delle Donne

Terza parte (per la prima e la seconda parte clicca qui)

Per quanto riguarda la mobilità articolare le donne presentano un maggior sviluppo di essa e una migliore predisposizione al suo miglioramento perché posseggono minor massa muscolare e quindi minor tono.

Le diverse fasi ormonali influenzano la capacità di carico delle articolazioni, l’aumento degli estrogeni induce lassità legamentosa e diminuzione della stiffness dei tendini (Hewett 2000).

Nell’ovulazione invece una diminuzione degli estrogeni induce un…

… aumento della forza e una diminuzione della capacità di rilassamento muscolare.

Mobilità articolare
Foto di Angela Roma
Valutare la mobilità articolare e la capacità di carico in fase di crescita

In particolar modo gli estrogeni, possono influenzare la capacità di carico dell’articolazione, influenzando la capacità tensiva dei legamenti e dai tendini.

Gli estrogeni aumentano, in maniera transitoria, la lassità legamentosa, che può essere responsabile di una maggiore incidenza di infortuni e alcuni studi hanno rilevato che nei legamenti ci sono recettori per tali ormoni.

Nella fase di calo estrogenico, dopo l’ovulazione si è riscontrato

che può aumentare la forza e diminuire la capacità di rilassamento.

E’ importante sottolineare che nella donna l’andamento ormonale del ciclo può condizionare le capacità di prestazione, rendendo utile spesso una pianificazione degli allenamenti in considerazione delle diverse situazioni ormonali.

Nella prima fase del ciclo, le donne si trovano sotto l’influenza crescente degli estrogeni, che comportano un effetto anabolico, mentre nella seconda parte la dominanza è dei gestageni, che hanno una azione soprattutto catabolica.

Nell’allenamento è importante considerare i vari fattori che possono causare disturbi mestruali nelle atlete e che possono essere ricapitolati in:

  • intensità dell’esercizio fisico;
  • specificità dell’allenamento;
  • indice di massa corporeo (BMI) basso;
  • età precoce dell’inizio della pratica sportiva agonista;
  • basso introito calorico energetico.

L’interazione di fattori di carattere:

  • fisico
  • genetico
  • nutrizionale
  • ormonale
  • psicologico

contribuisce a modificare l’assetto ormonale della donna atleta e, dunque, la regolarità del ciclo mestruale.

La principale attenzione viene rivolta ad un andamento irregolare del ciclo mestruale, detto oligomenorrea, che si definisce come un intervallo tra 2 cicli > di 40 giorni, o la mancanza del flusso mestruale per un periodo di almeno 90 giorni, in questo caso si parla di amenorrea.

Il rom articolare da posturafacile.it
Mantenimento del ROM articolare

L’esercizio di intensità moderata non ha alcun effetto significativo sul regolare andamento dei cicli mestruali, mentre allenamento e attività agonistica intensi e pesanti possono indurre, in alcune atlete, amenorrea

(soppressione del flusso mestruale).

Le donne possono essere più soggette a una continua tachicardia che può dipendere dal malfunzionamento della tiroide o da bassi livelli di progesterone.

In questo caso gli attacchi sono più frequenti nella seconda parte del ciclo mestruale. Anche eccessivi livelli di adrenalina possono  scatenare tachicardia e ansia.

Il progesterone ha la caratteristica di trasmettere la calma, infatti la somministrazione di questo ormone può determinare la comparsa di sonnolenza.

Non a caso durante la gravidanza molte donne riferiscono uno stato di quiete e di tranquillità promosso proprio dall’aumento di progesterone. 

In più, il progesterone ha un leggero effetto sedativo che può causare degli stati di leggera depressione, soprattutto nel momento che precede le mestruazione.

Da una serie di studi è emerso che i sintomi della depressione e dell’ansia nella donna possono essere ridotti eseguendo con costanza un allenamento di forza.

Parte dei vantaggi psicologici associati a questo tipo di allenamento ha a che fare con il rilascio delle endorfine, ormoni che agiscono sul cervello e comportano un miglioramento dell’umore, una risposta immunitaria maggiore, una percezione alterata del dolore e una riduzione degli effetti dello stress (Thorén, P., Floras, J. S., Hoffmann, P., & Seals, D. R. 1990).

Mestruazioni: vantaggi per la salute e svantaggi per estetica

La maggior produzione femminile d’estrogeni comporta diversi vantaggi per la salute ma diversi svantaggi estetici.

Oltre alla differenza della % di grasso, il sistema cardiovascolare femminile è più protetto fino alla menopausa.

Gli estrogeni vasodilatano il letto venoso ed aumentano la permeabilità capillare.

Questo porta la donna a soffrire facilmente di ritenzione idrica e ad accumulare liquidi negli arti quando l’allenamento è eccessivo o non compensato correttamente dall’alimentazione.

Per quanto riguarda l’incidenza dell’attività fisica moderata sulle mestruazioni, non risulta avere degli  effetti significativi nel turbare il ciclo.

Conclusioni

Tuttavia è stato osservato che un pesante allenamento intensivamente condotto può indurre amenorrea, soprattutto in atlete dedite alle corse di resistenza e alla ginnastica.

L’amenorrea è temporanea e scevra di complicazioni se l’attività intensa viene cessata.

Alcune atlete possono essere predisposte ad andare incontro all’anemia da carenza di ferro, dovuta a eccessive perdite di sangue mestruale e all’adozione di un programma di allenamento fisico assai esigente.

Le complicazioni della gravidanza e del parto sono meno frequenti nelle atlete che nelle donne sedentarie.

La gravidanza, di per sé, non influisce negativamente sull’attività atletica o sulla prestazione di esercizio e viceversa.

Dopo il parto la prestazione ritorna ai livelli a questo precedenti, o addirittura li supera, entro uno o due anni.

Benché gli effetti della pillola anticoncezionale sull’esercizio fisico non siano ancora precisamente noti, è impressione generale che essa possa alterare la prestazione.

di Davide Antoniella

Lo sfondo integratore

LO SFONDO INTEGRATORE

Lo sfondo integratore è la migliore applicazione della didattica enattiva nella scuola dell’infanzia.

Ribalta la dinamica insegnamento – apprendimento in quanto pone lo studente nella condizione psicologica  di dover capire per poter prendere parte alla vita della sezione o della classe.

La motivazione ad apprendere non è attivata e supportata da premi o da castighi, ma dalla necessità di crescere insieme ai…

…compagni e, soprattutto,  con l’immagine adottata come sfondo.

Di solito si sceglie un personaggio fantastico che proviene dal mondo della fiaba, della fantascienza o della tradizione popolare.

Io ho scelto un giocatore di calcio fantastico:

Pelè e la sua ginga.

Organizzazione e scenario

Organizziamo la classe come un pianeta a forma di palla che ci contiene tutti e dove possiamo ammirare come nel mondo che ci sostiene i magnifici tramonti, annusare il profumo dei fiori e apprezzare la bellezza di un arcobaleno.

In un piccolo punto della Terra, alla periferia del mondo è nato Pelè, un vispo bambino brasiliano.

A lui piaceva giocare con la palla, fatta arrotolando stracci o fogli di carta, ogni bambino è invitato a costruire il suo pallone  appallottolando alcuni fogli di carta colorati.

Descrizione

Ogni pallone verrà scambiato perché Pelè non era egoista ma gli piaceva passare la palla.

Dopo aver esplorato la dinamica dei movimenti, quando si cammina, si accelera, quando si sta fermi o a riposo, si passerà a disegnare il protagonista.

L’insegnante leggerà lentamente la sua storia, ogni parola sarà scandita, quasi sillabata.

Si passerà poi ad osservare le illustrazioni del libro confrontandole con i disegni dei bambini. 

Una volta letto tutto il racconto le parole saranno riviste e analizzate, per consentire a ciascuno di decodificarle.

Si potrà  giocare con il suono e il tono della voce e saranno mimati tutti i movimenti della palla, per tradurre quelli poco comprensibili, alla ricerca dello stile ginga, l’azione tipica dei calciatori che sembrano danzare con la palla attaccata al piede.

Ogni bambino deve individuare le informazioni principali:
la ginga di Pelè da sportmagazine.it
  • chi (il personaggio),
  • che cosa fa (le sue azioni),
  • quando (in che tempo),
  • dove (in quale luogo)
  • perché (per quale motivo)”.
Mimo e drammatizzazione

La storia sarà successivamente mimata e drammatizzata, riconoscendo la fondamentale valenza comunicativa di queste modalità di apprendimento, che si aprono, trasversalmente, all’educazione motoria, all’organizzazione spazio-temporale, all’equilibrio delle forze ed al rispetto degli altri.

Ampio spazio sarò dato alle sensazioni, alle percezioni, alla riproduzione di semplici sequenze ritmiche.

Le attività manuali

Di fondamentale importanza anche la fase di rielaborazione attraverso le attività manuali, prima libere e poi in forma guidata, con l’impiego di materiali diversi:

  • pasta di sale,
  • creta,
  • cera,
  • di riciclo creativo

per agevolare la riproduzione del personaggio nelle diverse fasi del suo gioco con la palla.

Conclusione

Le avventure del grande calciatore daranno colore, così, a tutte le fasi del processo di apprendimento che è partito dalla conoscenza del proprio corpo per arrivare alla rappresentazione mentale, attraverso:

grande calciatore
Foto di Sides Imagery
  • la manipolazione e riproduzione dei movimenti della palla,
  • la gestione dello spazio e del tempo in relazione con gli altri,
  • l’analisi dei significati,
  • la riproduzione grafica,
  • l’interiorizzazione dell’esperienza,
  • la modifica dei comportamenti
  • la costruzione di nuove modalità di movimento con lo stile di gioco ginga.

Si può configurare, in sintesi, una esperienza completa che

ciascun gruppo di docenti vivrà come una stimolante “unità di lavoro”.

di Pasquale Iezza

La scuola inizia

LA SCUOLA SI AVVIA ALLA RIPRESA

CAOS, IPOCRISIA E INCERTEZZA

La scuola italiana si appresta all’inizio delle lezioni in un’atmosfera di grande incertezza e preoccupazione.

Le rassicurazioni che il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi dispensa quotidianamente a piene mani sui Media, TV, Tgcom2, FB e Social, le sue strombazzate del tipo:…

…“Noi oggi, dati alla mano, parliamo su base nazionale dell’85,5% del personale scolastico che si è vaccinato”, “Gli studenti si devono vaccinare!” ……. servono a poco e suscitano irritazione

Le scelte del governo sono?

E’ chiaro che le scelte del Governo non permettono ancora una volta un inizio delle lezioni sereno e sicuro, perchè:

  • gli organici sono in sottonumero;
  • il precariato e i concorsi sono in guerra;
  • pochi sono gli spazi e molte sono le “classi pollaio”;
  • i trasporti sono inadeguati;
  • il tracciamento?

Su nessuno di questi problemi fondamentali si sono fatti passi avanti significativi e pensare che il Governo ha avuto l’estate a disposizione per porvi rimedio.

E ancora

La “cabina di regia” ha concordato il “green pass” obbligatorio per:

  • il personale della scuola (Dirigenti, Insegnanti e Personale ATA e chi non è in regola sarà considerato assente ingiustificato e …… perderà lo stipendio);
  • i docenti universitari;
  • gli studenti universitari;
  • gli allievi delle scuole superiori con più di 16 anni.

Per quanto riguarda la vaccinazione obbligatoria resta aperta la discussione in merito al tampone (con prezzi calmierati).

L’ipotesi della gratuità dei test anti-Covid, spiegano fonti di governo, è stata scartata perché avrebbe potuto disincentivare i più giovani a immunizzarsi.

E allora cosa fa il Ministro MIUR Patrizio Bianchi?
  1. Fa scattare disposizioni ipocrite come quella del metro (flessibile) di distanziamento,
    • così nessuno dei Dirigenti Scolastici sa come effettuare i tanti controlli previsti e soprattutto, ancora una volta, non è garantita la copertura di tutte le cattedre in autunno e forse fino a Natale.
  2. Vuole creare un’app “ad hoc” per controllare il “green pass” degli Insegnanti e personale scolastico che funzionerà con un sistema a semaforo:
  • disco verde per chi è in regola;
  • quello rosso per chi ha il certificato scaduto.

Ci sono i vigili per le multe?

Afferma inoltre:

  • “E’ tempo di fare una RIFORMA DELLA SCUOLA e non ho paura di usare questa parola.
  • Nel programma “Scuola d’estate” abbiamo messo molte risorse, soprattutto al Sud e abbiamo risposto a problemi specifici dei ragazzi.
  • Uno dei nostri punti di forza è stata l’inclusione sociale unita alla nostra tradizione umanistica, che siamo riusciti a “legare” ai nuovi approcci tecnologici.
  • Da questo partiremo quest’anno per fare un grande cambiamento”.

E bravo il Ministro, ha trovato la “formula magica”: Riformare la Scuola Italiana!

In questi ultimi anni sono cambiati tanti Ministri dell’Istruzione (a seconda dei “colori politici”) e ognuno ha parlato di riforme, di programmi (“La Buona Scuola, sic!), di ………, ma non è cambiato niente o quasi.

Conclusioni

Invece di controllare il “green pass” per il personale scolastico, sarebbe ora di:

  • costruire nuovi edifici scolastici;
  • creare classi aperte, funzionali, moderne, a misura di alunno, studente;
  • costruire nuove palestre, piscine e impianti polivalenti;
  • predisporre nuovi programmi “al passo dei tempi”, moderni;
  • preoccuparsi delle disabilità scolastiche e creare strutture idonee “ad hoc”;
  • migliorare i trasporti;
  • rivalutare la professionalità del personale scolastico (Dirigenti, Insegnanti e personale ATA).

Ma purtroppo quest’anno all’inizio della scuola si delinea la seguente situazione e …….. questo è il quadro che il Governo ci ha preparato una scuola:

  • meno sicura;
  • che colpisce il diritto allo studio dei ragazzi/e più fragili;
  • che registra carichi di lavoro fuori da ogni contrattazione per docenti e personale ATA;

si delinea forse ancora la DaD e

La DaD da proteofaresapere

sarebbe il disastro più assoluto!

di Maurizio Mondoni

basket moderno

I ruoli nel basket moderno

Una delle domande più comuni che un ragazzino del settore giovanile si sente rivolgere è “in che ruolo giochi?

La seconda, di solito, riguarda il giocatore che più ammira e quasi sempre la scelta cade su un atleta che ricopre lo stesso ruolo…

…Ha ancora senso parlare di ruoli nella pallacanestro moderna?

Prima di provare a dare una risposta, facciamo un salto nel passato.

I ruoli “classici”

Negli anni 80-90 era molto facile individuare il ruolo di un giocatore.

Grazie alle sue caratteristiche tecniche e fisiche, infatti, era evidente, osservando il roster di una squadra, chi giocasse nelle varie posizioni, e quale fosse il contributo di ogni singolo componente alla causa della squadra.

Il Playmaker doveva essere soprattutto un giocatore altruista, in grado di “sistemare” i propri compagni in campo, prevedere le situazioni ed essere il braccio dell’allenatore.

La Guardia non poteva prescindere da essere un realizzatore, principalmente tiratore, in grado di mettere a referto tanti punti;

L’Ala piccola era colui che toccava meno la palla tra gli esterni, finalizzatore, spesso tiratore dagli scarichi, intorno ai 2 mt dava una buona mano ai rimbalzisti;

Proprio l’Ala grande era il ruolo che forse più si stava sviluppando e cambiando.

Spostava gli equilibri, playmaker aggiunto, rimbalzista, un vero e proprio lusso.

Non parliamo di quelli che avevano la doppia dimensione:

gioco spalle a canestro e fronte, negli anni 2000 ampliarono sempre di più il loro raggio d’azione incominciando ad avere anche tiro da 3 punti;

Infine il Pivot, giocatore più alto, intorno ai 210 cm, doveva riempire l’area, intimidire in difesa, fare blocchi in attacco, prendere rimbalzi e non lamentarsi se faceva pochi tiri

chi aveva lo Shackleford di turno vinceva lo scudetto..!!.


Anche il giudizio degli addetti ai lavori era tarato su determinate convinzioni:

  • Un playmaker realizzatore non era un buon regista,
  • il lungo con tiro dai 5/6 metri era troppo perimetrale,
  • l’ala piccola doveva giocare correndo sui blocchi e facendosi trovare negli angoli
    • non dare “fastidio” nel trattare la palla.
Il cambiamento

Negli anni 2000 le cose cominciarono a cambiare.

Sempre più giocatori in grado di coprire due ruoli: i

  • l playmaker divenne uno dei migliori realizzatori delle squadre
  • le guardie erano anch’esse dei costruttori di gioco

da qui la definizione di un nuovo ruolo:

“combo”, quei giocatori ovvero in grado di coprire indistintamente le posizioni di 1e 2.

La stessa ala piccola deve avere ora nel suo bagaglio tecnico il gioco spalle a canestro per poter sfruttare la sua altezza ma anche per scalare nello spot di 4.

In verità non erano neanche poche le squadre che utilizzavano nella posizione di ala un’altra guardia, situazione tattica che permetteva di avere tre trattatori di palla ed essere meno prevedibili.

Probabilmente il ruolo di centro era l’unico che continuava ad avere una sua collocazione ben precisa sia tecnicamente che tatticamente, sicuramente però più atleta e verticale e con maggiore tecnica, soprattutto nelle ricezioni dinamiche.

è il momento dell’utilizzo quasi esclusivo dei pick&roll come arma principale dei vari attacchi, ed avere un efficace rollante in grado di chiudere i triangoli diventa necessario.


I giorni nostri

Diamo uno sguardo a cosa succede nell’NBA.

Sicuramente un punto di riferimento per il nostro sport, dove spesso è massima l’evoluzione dei giocatori dal punto di vista tecnico, ma soprattutto fisico.

NBA

La velocità del gioco, lo sviluppo atletico dei giocatori, le regole tattiche ma anche il passaggio dall’università di giocatori sempre più giovani ed acerbi tatticamente e ancora in fase di completamento tecnico, ci presentano squadre costruite per concetti e per caratteristiche dei giocatori piuttosto che per ruoli tattici.

Non si cerca il playmaker, il centro o l’ala grande, ma il tiratore, il difensore, il “facilitatore di gioco”, il lungo che apre le difese con il tiro da fuori.

Anche i nomi sono cambiati, per esempio:
  • la Point guard
    • giocatore che “inizia” l’azione, realizzatore dinamico in grado di creare per i compagni attaccando il canestro,
  • il tiratore 3D
    • tiratore da tre punti e gran difensore
  • il popper
    • colui che si apre dopo una blocco dilatando le spaziature
  • senza dimenticare il giocatore all round
    • colui che è in grado di portare palla ma anche essere il miglior rimbalzista e avere la doppia dimensione

In quest’ottica la risposta alla nostra domanda circa l’esistenza o meno dei ruoli nella pallacanestro moderna è:

sempre meno!

Infatti si va verso un quintetto con giocatori fisicamente uguali e tutti pericolosi con la palla in mano.

Il rovescio della medagli di questa “evoluzione”

Il gioco tranne alcune squadre è molto standardizzato.

Si fa fatica a riconoscere un sistema di gioco diverso dagli altri.

Le fortune di una partita ma anche di un’intera stagione dipendono dalle singole giocate e sempre meno da un gioco corale e di letture (da qui la costruzione dei super-team).

Non è un caso che quando arrivano le partite decisive per vincere un campionato, coloro che hanno nel roster ancora un playmaker, un centro e giocatori in grado di leggere le situazioni hanno più possibilità di raggiungere i propri obiettivi.

Pensiamo ai Lakers di Rondo, Howard oltre che di Lebron e Davis.

Conclusione

In Europa il cambiamento è meno evidente, pur avendo giocatori in grado di coprire più ruoli.

Infatti ancora possiamo ammirare i vari:

playmaker moderni, certo, ma con ruolo ben definito.

Così come i vari:

lunghi che sono dei riferimenti dentro l’area.

Il sistema di gioco è ben definibile

Le squadre migliori sono quelle con le letture più evolute, dove le giocate dei singoli sono delle espressioni di talento all’interno di un gioco corale.

Probabilmente nei prossimi anni la sfida è proprio

trovare una sintesi tra le due espressioni di basket, coniugando lo sviluppo dei giocatori moderni con la qualità del gioco.

di Sergio Luise

Attività giovanile

L’Italia e l’attività sportiva giovanile

IN ITALIA A LIVELLO GIOVANILE SI PRATICA POCA ATTIVITA’ SPORTIVA E L’ABBANDONO AUMENTA

In Italia, a 18 anni, meno di 1 adolescente su 3 pratica qualche attività sportiva o fisica e i tassi di sedentarietà sono da record.

Il problema è…

…il cosiddetto “drop out” (abbandono precoce) che inizia già a 11 anni:

  • a 15 anni meno di un ragazzo su 2 pratica attività sportiva continuativa,
  • a 18 la pratica poco più di uno su 3 e i tassi di sedentarietà nel nostro Paese sono tripli rispetto a quelli delle altre nazioni europee.

Per non parlare della Scuola Primaria dove il movimento

è un passatempo, un hobby ……. non un’esigenza!

Dopo la Scuola Primaria

Dopo la Scuola Primaria i ragazzi italiani cominciano ad allontanarsi dalla pratica sportiva continuativa e ingrossano le fila dei sedentari.

A maggior ragione da marzo 2020 con la pandemia, che ha fatto crollare il gioco, il movimento, l’E.F. e ha aumentato di fatto la sedentarietà con conseguente aumento di peso, noia e ……. è meglio rimanere nella “bolla” di casa” e giocare con:

bimbi scuola primaria
Foto di Lukas
  • lo smartphone
  • il telefonino
  • la TV
Lo spartiacque

E se finora l’età spartiacque era quella tra i 14 e i 15 anni, negli ultimi anni si è osservato che il trend negativo comincia già a 10- 11 anni.

Infatti tra il 2018 e il 2019 la quota di ragazzi/e praticanti un’attività sportiva in modo continuativo è diminuita nella fascia d’età 11-14 anni, passando dal 53% al 60,4%, percentuale che tra i 15 e i 17 anni diventa del 52,5% e si assesta  al 40,7%, tra i 18 e i 19 anni:

una parabola discendente preoccupante con il crescere dell’età!

Non abbiamo i dati dal 2020, ma sicuramente la percentuale è aumentata di sicuro!

L’abbandono e la sedentarietà

Preoccupante non è solo l’abbandono della pratica sportiva in età preadolescenziale e adolescenziale, ma quello che è pericoloso è l’elevato numero di sedentari assoluti, di coloro che non praticano nessuno sport, né alcuna attività fisica e questo fenomeno riguarda soprattutto le ragazze, in una percentuale che va dal 28% (tra i 15 e 17 anni) al 36% (tra i 18 e i 19 anni).

Per non parlare dei bambini!

Le nuove tecnologie

I sociologi, gli psicologi, i pediatri non hanno dubbi sui colpevoli del divorzio tra adolescenti e sport: le nuove tecnologie!

Infatti i giovani d’oggi trascorrono dalle 3 alle 4 ore al giorno davanti a uno schermo TV, computer o smartphone che sia.

Ma questo non basta a spiegare perché il tasso di sedentarietà degli adolescenti italiani sia più che triplo rispetto a quello dei loro coetanei europei (24,6% contro 7% nella fascia di età 15-24 anni), che non sono da meno dei ragazzi italiani nell’uso di tecnologie digitali, né per abilità né per tempo trascorso.

giovani e smartphone
Foto di Kindel Media

Alcune indagini svolte a “random” tra i giovani adolescenti in alcune città italiane, hanno evidenziato due principali motivi di abbandono sportivo:

  • uno legato all’eccessivo impegno richiesto dallo studio (56,5%);
  • l’altro riconducibile alle modalità di svolgimento dell’attività fisica.
Perché?

Queste le risposte relative all’indagine svolta: perchè

  • “fare sport è venuto a noia” (65,4%);
  • “costa troppa fatica” (24,4%);
  • costa troppo in termini economici (32%);
  • “gli Istruttori e gli Allenatori sono troppo esigenti” 
    • e non sanno insegnare (19,4%).
Cosa bisogna fare?

Per riavvicinare gli adolescenti all’attività fisica e sportiva, bisogna offrire loro nuovi stimoli.

L’agonismo esasperato dei giorni nostri, le aspettative e le pressioni eccessive dei genitori e degli Allenatori, rischiano di allontanare i giovani dallo sport.

Occorre valorizzare di più l’attività fisica anche non strutturata e la pratica sportiva non agonistica e questa è una sfida che deve coinvolgere anche le Società Sportive.

E partire anche dai bambini?

E riscoprire la Multilateralità e il “giocare a tutto” e poi scegliere?

La Scuola

Ma il ruolo centrale di questa valorizzazione spetta alla SCUOLA, soprattutto in quella secondaria inferiore e superiore.

sport e scuola
Foto di Yan Krukov

Lo sport a scuola dovrebbe essere favorito ed incentivato, mentre oggi è considerato una perdita di tempo che toglie spazio ad altre attività più importanti.

L’Educazione Fisica è parte integrante dello sviluppo psicofisico degli adolescenti:

lo sanno bene Paesi come la Francia che dedicano a questa attività il 15% dell’orario complessivo scolastico, percentuale che scende al 7% per gli studenti italiani.

Circa un terzo dei Paesi europei sta lavorando oggi a riforme che riguardano l’Educazione Fisica con interventi di vario tipo volti ad aumentare l’orario minimo, diversificare l’offerta, promuovere la formazione di coloro che la insegnano.

Per non parlare della Scuola Primaria e della “non importanza” dell’E.F. nel contesto delle altre Educazioni!

E in Italia?

Due ore di E.F. (scusate Scienze Motorie!) nella Scuola Secondaria di 1° e di 2° grado, poco o niente di Educazione Fisica (così giustamente si chiama) nella Scuola Primaria, niente nella Scuola d’Infanzia.

Ma dove vogliamo andare Sottosegretario Vezzali? Cosa facciamo prof. Bianchi?

Promesse:

  • “faremo”,
  • “ci incontreremo,
  • “definiremo”,
  • ci consulteremo
  • e tra breve ……….. decideremo, fisseremo, ……

è un problema che dovremo risolvere al più presto.

maglia nera
da picclick.it

E’ una storia che si ripete da anni e l’Italia è la maglia nera in Europa.

di Maurizio Mondoni

cielo azzurro Tokyo

Nel cielo azzurro di Tokyo

Non ci sembrava vero quando Jacobs passò per primo al traguardo dei 100 metri, dovemmo rivedere il replay più volte per convincerci che, dopo i grandi mostri sacri del passato da Carl Lewis a Usain Bolt, toccasse proprio a un italiano!

L’Italia che a quella gara non era mai neppure arrivata in finale da…

…tempi immemorabili (Mennea nel 1980 nella specialità era arrivato in semifinale).

Inaspettato

Poi arriva questo ragazzotto di colore ed origini texane ma cresciuto in Italia fin da bambino, che addirittura ha anche più di qualche difficoltà a parlare inglese, a regalarci non solo la finale, ma addirittura la medaglia più ambita!

Lo abbiamo dovuto vedere più volte senza nemmeno respirare quello sprint pazzesco che ha regalato un successo insperato e, per questo, ancora più bello.

E già in Italia si gridava al miracolo:

tralasciando le attribuzioni di paternità geografica dell’atleta che provengono nientedimeno che dal presidente della regione Lombardia della Lega, ovvero di quel partito che più degli altri è assolutamente contrario all’immigrazione!

mentre tutti i “sani di mente” ponevano l’accento sul fatto che ormai le società sono multietniche e multirazziali, altrimenti non vedremmo, ad esempio, in Francia una quantità inimmaginabile di uomini e donne di colore, tanto nella società civile che sui vari campi sportivi.

Ma si sa, ormai tutto si butta in caciara (cioè in politica) ed ogni pretesto è buono per affermare i propri convincimenti o contrastare gli avversari.

Ragion per cui cercheremo di non cadere nella trappola e considerare questi atleti per ciò che sono, ovvero dei semplici figli della multirazziale società contemporanea.

Ma la cosa mica finisce qui

Con la vittoria di Jacobs ci sentivamo già sufficientemente appagati, mentre pochi minuti prima di quella gara un altro atleta (stavolta nato e cresciuto in Italia) ci regalava l’oro nel salto in alto:

Gianmarco Tamberi

In pochi minuti eravamo diventati la nazione che correva più veloce e saltava più in alto del mondo.

Ora non so se ti capaciti di quello che questa cosa vuol dire, ma di suo ha un’importanza enorme.

La avrebbe ovviamente per qualunque paese, ma per l’Italia di questo 2021 ne ha ancor di più.

Un paese che:

  • pare uscire come un gigante dal periodo più buio che l’umanità abbia passato
  • poche settimane prima era uscita vincitrice da una competizione sportiva europea nello sport più amato battendo l’Inghilterra
  • si qualifica alle Olimpiadi anche nel basket dopo non so più quanti secoli e fa pure una eccellente figura prendendosi il lusso di giocarsela punto a punto persino con i vice campioni del mondo (Francia)
  • complessivamente rafforzando un po’ dappertutto la propria presenza in ambito sportivo in discipline che per decenni non ci vedevano più ai vertici.

Nel frattempo arrivano anche altre medaglie, qualcuna pure particolarmente preziosa:

e tutti i telecronisti a dire in coro la stessa cosa:

“e non finisce qui”.

Pare una canzone di Mia Martini, “E non finisce mica il cielo”, e per la spedizione azzurra a Tokyo 2021quel cielo pare proprio un empireo.

Poi, insperatamente, ancora una volta come molte altre gare, arriva un’altra affermazione di quelle che nessuno ci credeva:

l’oro nella staffetta 4×100

In questa staffetta (manco a dirlo) corrono due atleti di colore, tra cui Eseosa Desalu (ma abbiamo detto di non buttarla in casciara, e allora niente).

C’è ovviamente ancora Jacobs che corre la seconda frazione e nei suoi 100 metri ne guadagna tanti, ma non basta ancora e Lorenzo Patta.

Finchè un sardo milanese, Tortu (quello della pubblicità della fibra ottica) fa capire che hanno scelto il testimonial giusto e si va a prendere (ancora una volta contro gli inglesi) l’ennesimo oro per i nostri colori.

È un tripudio azzurro e tutti continuano a dire: “e non finisce mica il cielo”.

E allora che questo cielo si riempia ancora “di sole e di azzurro”.

Di Dino De Angelis

Cooperative learning

APPRENDIMENTO COOPERATIVO (COOPERATIVE LEARNING)

L’apprendimento è la nostra capacità di adattarci a situazioni diverse cercando sempre la soluzione adeguata.

Ogni risposta è la base di un nuovo apprendimento.

Apprendere è il verbo all’infinito più usato nella scuola perché è la finalità di ogni insegnamento, è il fratello gemello dell’altro verbo all’infinito imparare.

Apprendere, da ad-prehendere, significa acquisire, afferrare, catturare, se un ragazzo impara qualcosa quella diventa sua, gli appartiene, se ne impossessa, farà parte del suo…

…bagaglio culturale e non lo lascerà più, quella cosa insieme alle altre porterà alla costruzione di una nuova conoscenza che costruirà la sua persona definendola.

L’esempio

Infinite sono le possibilità di apprendere e l’apprendimento cooperativo è la modalità di insegnamento più adatta perché si basa sull’interazione all’interno di un gruppo di allievi che collaborano, cooperano, al fine di raggiungere un obiettivo comune.

Io ho imparato a portare la bicicletta senza rotelle e senza rompermi i denti a 4 anni, osservando e giocando con un mio amico della mia stessa età che la guidava con sicurezza, dopo che qualche giorno prima avevo frantumato i vetri del corridoio a casa.

Esempio cooperative learning
foto di Yan Krukov
Attività cooperativa non lavoro di gruppo

Con l’apprendimento cooperativo si insegna e si apprende insieme a, si fa squadra, svolgendo attività in coppie o terzetti, con un numero maggiore ci sarà sempre chi cerca di imboscarsi.

Nelle coppie e nei terzetti cooperativi la comunicazione è facilitata:

  • si sottolinea un testo ma anche si discute
  • si fanno insieme mappe o riassunti cooperativi
  • ci si esercita insieme
  • si ragiona o si scrive insieme

ognuno deve offrire il suo contributo altrimenti l’attività cooperativa non si potrebbe portare a termine.

L’attività cooperativa si differenzia dal lavoro di gruppo, dove a cooperare sono dai 4 studenti in su, perché in questo caso c’è un maggiore rischio di dispersione, sovrapposizione, con qualcuno che cerca di imboscarsi lasciando fare il lavoro agli altri.

Gli studenti si aiutano reciprocamente, sentendosi corresponsabili del reciproco percorso.

Il lavoro congiunto e il confronto con coetanei che vivono la stessa esperienza sono risorse preziose per la costruzione di una identità personale e sociale integrale.

Confrontandosi con il pensiero degli altri sulla base delle proprie idee e del proprio bagaglio esperienziale, anche gli studenti più impegnativi possono essere valorizzati come autori legittimi di conoscenza e acquisire la consapevolezza di essere considerati persone portatori di storie, interessi e finalità soggettive.

Tali risultati positivi sono più facilmente conseguibili quanto più l’insegnante prepara accuratamente le coppie e i terzetti.

cooperative
Foto di Yan Krukov

Quando l’incoraggia ad impegnarsi in controversie e confronti di punti di vista piuttosto che a perseguire l’unanimità e il conformismo.

Percorrere una strada in un solo senso di marcia non permette il confronto e non ti fa apprezzare il paesaggio ma soprattutto impoverisce la costruzione di relazioni sociali.

John Dewey e Lev Vygotsky

Si potrebbe sinteticamente richiamare il pensiero di John Dewey e di  Lev Vygotsky fortemente convinti che

la scuola deve diventare un vero e proprio laboratorio per imparare ed imparare ad imparare in un clima collaborativo, cooperativo, perché nel gruppo si può fare quello che non è possibile fare da soli.

Fondamentali sono le attività in coppia o terzetti possibilmente eterogenei, almeno per mezz’ora al giorno, dove non verranno stabiliti ruoli permanenti per consentire a tutti di scambiarseli in base alle diverse esigenze, tutti saranno leader e gregari.

Nel ciclismo ho sempre apprezzato il ruolo dei gregari quelli che stanno a fianco del loro compagno leader a cui tirano la volata, lui taglia il traguardo ma a vincere sono tutti insieme.

L’apprendimento cooperativo permette più facilmente di dimostrare le competenze acquisite in base alle proprie potenzialità.

Lo studente impara insieme al compagno ad utilizzare le sue conoscenze ed abilità in situazioni diverse perché nel confronto ha imparato a distinguerle.

Le occasioni

Studiare regolarmente in coppia o terzetti insegna a ragionare sui:

  • problemi da prospettive diverse
  • a riorganizzare il proprio modo di pensare
  • ad attribuire un nuovo significato alle proprie esperienze
  • a modificare i comportamenti

e questo implica una capacità di cambiamento e di adattamento che facilita una didattica veramente inclusiva.

Una scuola esclusivamente competitiva ed individualistica spinge gli studenti all’abbandono scolastico perché crea un ambiente ostile che non ispira fiducia.

abbandono scuola
Foto di cottonbro

Una scuola cooperativa ed altruistica spinge, invece, al confronto, alla relazione, alla comunicazione, al ragionamento, alla soluzione dei problemi, alla creatività, allo sviluppo delle idee.

L’insegnante avrà il compito di osservare, stimolare, orientare, facilitare la partecipazione di ognuno, senza mai offrire soluzioni preconfezionate, in modo che tutti possano apprendere.

In questo modo si sviluppa la competenza di convivenza civile strettamente legata all’intelligenza legata alla capacità di mettersi in relazione con il mondo e con gli altri.

La forma di intelligenza più importante quella che sviluppa l’abilità sociale, la caratteristica maggiormente richiesta in ogni curriculum.

La competenza non può compiersi fuori da un contesto relazionale. 

L’intoppo

La difficoltà spesso è degli insegnanti che sono abituati, per tradizione ed esperienza personale, alla lezione di tipo frontale.

lezione frontale
Foto di Max Fischer

Nella maggior parte delle volte utilizzano un’unica modalità espressiva per trasmettere agli studenti informazioni e contenuti.

Si aggiunge, poi, a questa la loro inesperienza a lavorare in gruppo perché non sono stati formati all’insegnamento di squadra (team teaching).

Il modello è stato ed è spesso ancora questo:

l’insegnante ha un carico di sue conoscenze, lo scarica in classe, assegna agli studenti il compito di trasportare per un po’ il peso a casa per poi farselo riconsegnare senza nessuno sconto alla prossima fermata, la prova di verifica.

Conclusioni

La valutazione delle conoscenze acquisite si basa sulla restituzione fedele dello stesso carico.

Seppure la soluzione è intuitiva, basterebbe suddividere il carico in modo da renderlo più leggero tra gli studenti, quelli con le spalle più larghe potrebbero aiutare i più gracili chiedendogli solo di aiutarli con le forze che possono impegnare.

cooperative learning 2
Foto di Yan Krukov

Il segreto è che tutti devono metterci almeno una mano.

Ognuno è responsabile del carico, del suo studio.

In questo modo vengono rispettate le difficoltà e i tempi di apprendimento dei singoli studenti.

di Pasquale Iezza

Differenza preparazione atletica nelle donne

Differenza nella preparazione atletica delle donne

SECONDA PARTE

(la parima parte è possibile leggerla cliccando qui)

Benché la forza assoluta della donna rappresenti solo i due terzi di quella dell’uomo, la qualità delle fibre muscolari, per quanto concerne la capacità di erogare forza, è indipendente dal sesso.

In riferimento allo sviluppo della forza, gli incrementi relativi sono gli stessi, o perfino migliori, di quelli dell’uomo.

Le donne risultano avere muscoli più…

…deboli nel torace, nelle braccia e nelle spalle mentre la differenza e minore negli arti inferiori.

Gli uomini hanno maggiore potenza muscolare nelle gambe, espressa in kg, rispetto alle donne, quando il carico da spostare è basso.

La differenza scompare quando si usano carichi elevati (Bosco e coll.1995-1996).

Controllo dei R.O.M. articolari per una corretta applicazione degli esercizi di forza
Forza
  • La forza max isometrica è del 30% inferiore nella donna rispetto all’uomo
    • rapportata però alla massa magra comporta valori di forza uguali tra i 2 sessi. 
  • Quella (la forza) max aumenta nello stesso modo sia nell’uomo che nella donna
    • la differenza è che le donne dopo 7 settimane al massimo devono cambiare strategia di lavoro (Hakkinen).
  • La forza max è determinante nelle donne
    • in cui la correlazione tra forza max e forza esplosiva è elevata, più che negli uomini. (Hakkinen)

Il fenomeno  dell’ipertrofia a parità di lavoro è meno pronunciata nella donna, a causa dei suoi più bassi livelli di testosterone

Nella donna la forza massima è molto più legata alla sezione trasversale del muscolo, quindi molto più al fattore ipertrofia e deve continuare a stimolarlo e non abbandonarlo mai anche quando si fanno periodi dove si allenano maggiormente le qualità neuromuscolari.

Le caratteristiche contrattili dei muscoli del’uomo sono migliori di quelle della donna, come pure il controllo neuromuscolare e la capacità di coordinazione (Davies e coll.1986).

Estensori – flessori

Dopo la maturazione si ha un aumento del rapporto estensori/flessori cioè i muscoli flessori sono molto più deboli degli estensori.

Nelle giovani donne questo rapporto è molto più sbilanciato rispetto ai maschi della stessa età.

L’accelerazione di questo squilibrio avviene nei momenti immediatamente precedenti e immediatamente successivi all’apparizione del menarca.

Questa differenza si ripercuote in tutte le attività esplosive e di balzo.

Le bambine pre-puberi e post-puberi hanno negli atterraggi dai salti un minor piegamento e una maggiore adduzione. 

Questo determina l’elevato numero degli infortuni al ginocchio senza contatto fisico

Cause

La maggior parte di questi avvengono dopo atterraggio da salto in condizioni di ginocchio varo o valgo o nei cambi di direzione. 

La causa è di tipo NEUROMUSCOLARE:

  • diversa attivazione del quadricipite rispetto al bicipite femorale nelle donne
  • Ischiocrurali nettamente inferiori e in ritardo di attivazione.

L’’attivazione anticipata del quadricipite aumenta lo stress sul legamento crociato, non sufficientemente compensato dalla carenza di forza e dal ritardo di attivazione dei muscoli ischiocrurali. 

La co-contrazione protettiva di muscoli agonisti e antagonisti dipende dalla repentina attivazione neuromuscolare.

LASSITÀ LEGAMENTOSA e POCA STIFFNESS contrastano con la stabilità articolare

L’allenamento modifica le strategie di atterraggio in particolare aumenta la flessione del ginocchio e diminuisce le forze di reazione al suolo. (Hewett 1996)

L’allenamento della forza risulta inoltre di fondamentale importanza per il mantenimento dello stato di salute del sistema scheletrico

E’ stato dimostrato che gli stimoli meccanici ricevuti durante l’allenamento con sovraccarichi (e parzialmente anche durante altri tipi di allenamento) riescono a rallentare il processo di invecchiamento dello scheletro (McArdle W.D. et al. 1998).

In effetti, la fisiologica stimolazione meccanica indotta dall’esercizio, si rivela particolarmente utile nel limitare la perdita di matrice ossea, nel migliorare le strutture ossee e nello stimolare l’incremento della massa ossea stessa (Voloshin A.S. 2000).

La spiegazione del benefico effetto dell’esercizio fisico risiederebbe nel fatto che la struttura ossea sottoposta ad un alto livello di stress meccanico, come nel caso dell’esercizio con sovraccarichi, sarebbe in grado di sopprimere il meccanismo di rimodellamento osseo facilitandone in tal modo il processo conservativo (McArdle W.D. et al. 1998).

Gli studiosi, infatti, sono tutti concordi nello stabilire che l’elemento essenziale della morfogenesi di un osso sta nelle stimolazioni meccaniche alle quali è sottoposto (Voloshin A.S. 2000), particolarmente nelle alternanze di pressione, riposo e trazione (Valobra G.N. 2000).

Dati e conclusioni

Per quanto riguarda i dati di cui disponiamo finora in merito all’allenamento sportivo indicano che la frequenza, la durata e l’intensità di questo hanno effetti simili in entrambi i sessi.

In altre parole possono essere indotte modificazioni fisiologiche e biochimiche comparabili, risultanti in un’accresciuta capacità di lavoro sia nell’uno che nell’altro sesso adottando programmi similari ma individualizzati.

Modello  da Behnke, “ Le maggiori differenze tra uomo e donna”
  1. Statura media inferiore di 7-11 cm
  2. Peso tessuto osseo inferiore di 4 kg, vale a dire del 12% – 15%3)
  3. Valori inferiori di emoglobina ematicaVo2 max minore, limitazione biochimica (capacità di usare l’ossigeno perprodurre energia)
  4. Metabolismo basale inferiore del 5% – 10% (consumo delle calorie a riposo)
  5. Minori mitocondri per miofibrilla (cellula muscolare)
  6. Meno massa corporea, in media – 11 kg – 13,5 kg
  7. Minore massa magra – 13 kg (ma la % è simile all’uomo)
  8. Meno muscolo – 11 kg (44,7% nell’uomo 36% nella donna)
  9. Più grasso + 4,5 kg – 7 kg rispetto all’uomo.

di Davide Antoniella

Il grande rifiuto

IL GRANDE RIFIUTO


Ci ho messo un po’ per metabolizzarlo.

Il gesto di togliersi quella medaglia dal collo come fosse una macchia da cancellare.

Da calciatori che militano nei maggiori club europei e che difendono i colori di una gloriosa nazione, non è stato bello da vedersi.

Che il pubblico…

…fischi sull’inno nazionale è certamente deprecabile, ma lo è ancora di più il gesto di un addetto ai lavori che non è un Carneade che paga il biglietto e fa quel che vuole.

Non posso credere ad un ordine di scuderia.

Nessuno arriva a pianificare una simile bassezza.

E allora c’è un solo modo per spiegarlo:

i secondi hanno imitato il gesto del primo che lo ha fatto.

Non voglio andare a rivedere chi sia stato il fenomeno, e nemmeno mi interessa, ma ha sbagliato alla grande.

Peggio ancora hanno fatto i pappagalli che gli sono succeduti.

Un errore enorme per molte ragioni:
  • Per aver ripudiato un risultato di grande prestigio.
    • L’Inghilterra è arrivata davanti a squadroni come Spagna, Germania, Francia, Portogallo, Belgio.
      • Ripudiare quella medaglia vuol dire non cogliere l’onore e il rispetto che conferisce l’essere arrivati così in alto.
  • Per il messaggio che comporta per tutti i giovani giocatori che lo hanno guardato.
    • Un messaggio fortemente diseducativo che rende lo sport accettabile solo in un caso.
      • Se perdi puoi mandare tutto a carte 48, al diavolo il Fair play, al diavolo l’onore delle armi, al diavolo questa competizione e soprattutto al diavolo chi ha vinto.

A che serve che Southgate vada a dare la mano a Mancini a fine gara?

A che serve applaudire e ringraziare i tifosi dopo la sconfitta?

A che servono anni e anni di disciplina, di etica e di riconoscimento del valore di una sconfitta quale spinta da cui ripartire se poi in un minuto vanifichi tutto?

In ultima analisi vuol dire anche un’altra cosa che per un giocatore è forse la più importante:

rifiutare il fatto che hai commesso una quantità di errori e, attraverso quel rifiuto di indossare una onorevolissima medaglia, credere che quella coppa ti è stata trafugata ingiustamente.

Con questi presupposti non solo non migliorerai mai

ma la tua carriera è terminata ancor prima di cominciare.

di Dino De Angelis

Copertina Peer education

Educazione tra pari

PEER EDUCATION

Non insegno mai nulla ai miei allievi cerco solo di metterli in condizione di poter imparare”.

Albert Einstein

Gli insegnanti hanno il compito fondamentale di dare di più a chi ha momentaneamente di meno.

Maestro deriva da magister che a sua volta discende da magis che significa:

gli studenti hanno bisogno di qualcuno che gli dia di più.

Un facilitatore che in modo positivo li…

…accompagni nella costruzione dei loro saperi non dando niente per scontato.

Spesso nelle scuole si adottano metodi di apprendimento dove si mettono gli studenti in competizione, vale chi ha successo, chi è protagonista, chi è capace di performance eccellenti.

E’ una gara a chi sa di più, un confronto spietato dove se non ti classifichi nelle prime posizioni, quella dei migliori, ti senti inadeguato, incapace, minore rispetto all’altro, ed è proprio questo da evitare.

L’insegnante deve fare in modo che chi ha un talento lo coltivi per poi donarlo a chi ha maggiori difficoltà, solo in questo modo diventa veramente fertile.

Insegnare
Una corretta educazione

Offrire qualcosa all’altro non determina un rallentamento degli eccellenti anzi facilita il rafforzamento delle loro conoscenze perché possono ripetere con parole diverse quello che hanno appreso.

Gli ebrei utilizzano il metodo di ripetere ad alta voce ad un compagno la lezione da imparare, in questo modo memorizzano e solidificano i  saperi.

Una corretta educazione non mira a far:

  • correre il più velocemente possibile,
  • leggere o scrivere in fretta
  • parlare speditamente
  • a dire le tabelline senza respirare,

perché ognuno ha i suoi tempi che vanno rispettati.

L’apprendimento

Ogni studente è un universo a parte, ricco di curiosità, di idee, di interessi, che va ascoltato singolarmente per fargli scoprire le sue infinite possibilità di adattarsi al mondo.

Gli insegnanti sanno che l’apprendimento non è un percorso isolato ma una strada da percorrere insieme, un correre passo dopo passo da singolo si arriva a moltiplicarsi con gli altri.

L’apprendimento è un processo fondamentalmente sociale, una pratica costruita insieme, una co-costruzione.

L’apprendimento è costruttivo quando quello che si apprende viene messo in contatto con l’informazione già conosciuta in modo da poterla riorganizzare in un procedimento migliorativo, questo è più agevole quando si ha la possibilità di condividere le informazioni.

L’educazione alla pari non è altro che questo:

imparare dall’interazione

Un compagno che ha capito già qualcosa e sta più avanti nel percorso diventa il tutor di chi sta un po’ più indietro, l’obiettivo è colmare il vuoto tra i due in modo che i ruoli nel tempo possano invertirsi.

Imparo ad imparare

Questo  è molto importante nell’attività motoria, dove spesso dietro un rifiuto a praticarla c’è un’ansia, una frustrazione, una difficoltà a mostrarsi che quando viene superata libera anche la mente.

E’ questo il vero significato dell’imparare ad imparare.

Io imparo ad imparare quando imparo a colmare le distanze tra me e:

  • il compagno più bravo,
  • la disciplina,
  • la conoscenza,
  • l’insegnante,
  • il mio disagio.

Non è mai una lotta contro qualcuno ma è un processo di riempimento.

Sono vuoto di qualcosa, e questa mancanza non mi permette di arrivare alla pienezza, al compimento per cui sento il bisogno di apprendere.

Dal compagno che ha la mia stessa età, è alla pari con me, imparo più in fretta perché lui mi fa capire il senso di quello che sto apprendendo perché lui ha scoperto un significato nel trovare la soluzione ad un problema.

Quel significato, quella risposta di senso, mi facilita il cammino aiutandomi a trovare la risposta senza nessuna pretesa di fare il mio insegnante ma con l’atteggiamento dell’esploratore che ha la gioia di condividere la sua scoperta.

La positività

Non serve scoraggiarsi alle prime difficoltà, far rotolare il morale raso terra, è  normale non capire subito qualcosa, o non riuscire a svolgere un gesto motorio, e soprattutto “nidda nasciu imparatu” come  recita un simpatico proverbio sardo, “nessuno è nato conoscendo le cose”.

Tutto dipende da come la mente percepisce il mondo, non è utile sentirlo ostile.

Chi pensa che un problema, un compito, un esercizio siano insormontabili, che ormai è tutto inutile, non vale la pena impegnarsi, meglio copiare.

Diventa un complice della:

  • negatività
  • critica
  • lamentela
  • falsità
  • passività

e finisce con il dipendere sempre da qualcuno:

non è mai completamente libero. 

L’atteggiamento vincente è quello di riuscire ad essere positivi, di mantenersi calmi e sereni, di affrontare la difficoltà nello studio riponendo la propria fiducia nell’altro.

Ci si farà aiutare con lo scopo, però, di diventare al più presto autonomo.

Bisogna avere una meta, e se questa viene da noi, è una buona meta, una meta del bene.

Insegnare ad imparare

Il compito dell’insegnante è esclusivamente quello di insegnare ad imparare.

L’educazione tra pari è una metodologia che pone gli studenti al centro del sistema educativo.

In particolare l’attenzione è posta sul gruppo dei pari, che costituisce una sorta di laboratorio sociale in cui sviluppare dinamiche, sperimentare attività, progettare, condividere, migliorando l’autostima e le abilità relazionali e comunicative.

Nello specifico

Si fonda su un approccio cooperativo dell’apprendimento in quanto si propone agli studenti di utilizzare le competenze acquisite per insegnarle ai propri compagni.

E’ basato sul lavoro in coppie o piccoli gruppi di pari dove uno è più esperto e assume il ruolo di tutor, di tutore: l’altro, meno esperto, è colui che deve apprendere, il tutee, il tutelato.

Il tutoring pone l’obiettivo educativo primario di imparare a studiare con gli altri.

Il ruolo dell’insegnante è di regia, in quanto attiva, organizza ed orienta verso il compito le potenziali risorse di apprendimento dei singoli alunni.

L’adulto o il coetaneo più esperto “offre” il suo modello di problem solving, non il contenuto, quindi, non il piatto servito e direttamente da imboccare ma le posate per poterlo mangiare.

Così c’è sempre una stampella a cui appoggiarsi per chi ne ha bisogno, un cucchiaio che ti viene offerto per la minestra riscaldata (scaffolding).

Imparare ad imparare è la competenza che preferisco.

Imparare dal latino significa acquistare.

E’ una parola composta da un in illativo e da parare (procurare) e quindi rimanda al catturare, acquistare una conoscenza.

Imparando prendo con me, un qualcosa che diventerà una risorsa che può consistere in un sapere, un’abilità o un comportamento, un qualcosa che è concreta e che farò mia, e allora diventerà veramente una mia preda, presa unicamente per me, ap-presa.

Questa preda ha però una particolarità, una volta catturata non vuole restare immobile nel mio carniere ma ha le ali della condivisione.

Ogni conoscenza acquisita spinge al volo, all’apertura, imparare diventa in questo modo un esercizio di mettere le proprie cose alla pari con l’altro che condivide con me compiti e finalità.

C’è sempre il pari nell’imparare, solo così il sapere sarà veramente fecondo.

L’uno diventa risorsa per l’altro.

Conclusione

Imparare è quindi anche un imparare a riconoscere se stesso e chi è diverso da se, accogliere i diversi stili di apprendimento.

Conoscenza e riconoscimento sono strettamente collegati e permettono alle persone finalmente di esistere, quel compagno che hai aiutato o dal quale sei stato aiutato ora c’è per te e ci sarà per sempre.

Questa naturale propensione al sapere condiviso, diviso con l’altro, è la prima tra tutte le pratiche didattiche che deve essere messa in opera e rafforzata nella nostra scuola.

Il grado di riconoscimento di ogni componente del gruppo, con le sue:

  • caratteristiche peculiari e speciali,
  • l’accettazione e la valorizzazione delle uguaglianze e delle differenze tra i compagni di classe,
  • il rispetto di ciascuno come persona,

permette di tenere uniti i diversi punti di vista e contribuisce all’apprendimento di tutti.

cooperazione
Foto di Yan Krukov

L’insegnante è bravo non solo se è abile e competente ma quando riesce a creare l’atmosfera giusta in classe

un clima cooperativo dove ognuno è risorsa per l’altro

questo è l’unico modo per realizzare un ambiente veramente inclusivo.

di Pasquale Iezza

Minibasket

OGGI I BAMBINI SANNO GIOCARE A MINIBASKET?

“Ogni bambino possiede delle capacità (DNA, esperienze,…..) e in base alle sue capacità è in grado di sviluppare delle competenze e se tu, Istruttore, vuoi migliorare le sue competenze, devi metterlo in condizione di aumentare le sue conoscenze”.

Spesso, durante i miei Clinic e…

…allenamenti, mi sono accorto che molti bambini non sanno:

  • correre
  • saltare
  • ricevere

molti sembrano dei “soldatini”, non inventano, non creano, molti non sono reattivi, si stancano subito, hanno una capacità di attenzione limitata:

non pensano.

Pensare

“Dobbiamo creare dei bambini pensanti”:

questo è lo slogan attuale.

Se non sbaglio è un concetto che ho sempre proposto da Istruttore Federale Minibasket, dal lontano 1981. 

Un bambino pensa e esegue in base alle proprie conoscenze e alle proprie capacità, altrimenti non diventerà mai compente e abile nell’eseguire un gesto o un movimento.

Ora si parla di apprendimento cognitivo, ma prima che apprendimento era?

Il cognitivismo esisteva già dal 1981 e ancora prima!
Mi ricordo che dal 1981 parlavo di tassonomia, di conoscenze, di capacità e di competenze. 

Insegno in Università Cattolica (Scienze della Formazione) da oltre 35 anni e ricordo agli addetti ai lavori che i progetti devono essere scientificamente codificati (con un gruppo di controllo) e non astratti!

Oggi si parla di neuroscienze, ma prima non si lavorava sulla lateralità, sulle funzioni dei due emisferi, sullo spazio, sul tempo?

Mi sembra il gioco delle “tre carte”!

Molti bambini non:

  • conoscono che cosa possono fare con il proprio corpo
    • quindi è importante aumentare la conoscenza degli schemi motori di base e posturali;
  • conoscono lo spazio
    • quindi è importante educare lo “spazio topologico”, migliorando le conoscenze spaziali;
  • prendono delle decisioni
    • quindi è importante fornire loro delle conoscenze relative al “making”;
  • sono in grado di modificare una iniziativa presa inizialmente
    • quindi dobbiamo migliorare le conoscenze alternative;
  • padroneggiano determinati movimenti con la palla
    • quindi “manualità” e aumento dei gesti di manipolazione
      • più conoscenze un bambino possiede più è in grado di “gestire” il movimento;
  • conoscono “i fondamentali individuali”
    • quindi sarebbe opportuno aumentare le conoscenze sui fondamentali.

E mi fermo qui! Potrei continuare…

IL MIO PENSIERO

Lavorare SOLO per competenze?

No.

Aumentare le conoscenze per diventare più competenti?

Sì.

di Maurizio Mondoni

Anno 1

26 giugno 2020 – 26 giugno 2021

Un anno fa training concept.it è approdato nella rete per la prima volta.

Potrebbe sembrare strano ma tante sono state le emozioni che si sono susseguite prima – durante e dopo il lancio del blog.

Una su tutte l’incertezza sull’essere in grado di…

…avere la costanza necessaria per tenere alte le aspettative, nonostante tutto il progetto rimanga basato su un’idea senza scopo di lucro bensì di semplice divulgazione e scambio d’idee.

Non era scontato riuscire ad arrivare alle persone in modo spontaneo e collaborativo, seppur con l’aiuto di autorevoli ideatori d’interessanti articoli

training concept

Di sicuro la voglia di mettere in pratica questo progetto era tanta quindi ho messo da parte tutti i timori che oggettivamente avevo e sono andato dritto all’obiettivo

I punti di forza

Non è facile affermare se sono stati raggiunti i traguardi prefissati anche perché possono cambiare da persona a persona ed essere misurati su basi diverse:

  • numero di utenti raggiunti (90000 circa)
  • tempo trascorso sul proprio blog (12 minuti ad utente):
  • numero di lettori che hanno letto fino in fondo gli articoli (52000 circa)
  • la quantità di articoli prodotti (130 circa)
  • il monitoraggio delle newsletter

Tutto è corretto ed ha un senso

Ma come in matematica anche in questo caso i numeri devono essere verificati (la prova del 9) ed io l’ho fatto soprattutto tramite le miriadi di email e messaggi che ho ricevuto e ricevo in privato

Le difficoltà

È stato un duro lavoro:

  • impegnarsi a formulare,
  • impaginare
    • anche gli articoli dei tanti amici che hanno collaborato
  • rendere quando più leggibile possibile ciò che si voleva trasmettere
  • investire in tempo ed energia
  • trovare il giusto equilibrio tra
    • la qualità degli argomenti
    • la puntualità nella pubblicazione
    • la quantità mensile degli articoli
Grazie ai “cosiddetti” esperti

Senza di loro sarebbe stato impossibile raggiungere questi grandi obiettivi.

La particolarità, l’originalità, il valore degli articoli e degli argomenti trattati hanno fatto in modo da dare pregio e finalizzare quanto avevo da tanto tempo nella mia testa.

Li rinomino singolarmente perché ci hanno donato, gratuitamente, delle loro riflessioni ed osservazioni nello spirito della formazione comune.

L’anno che verrà

Visto che il grafico delle visualizzazioni è in continua crescita viene da sé che il primo obiettivo non è continuare a salire (me lo auguro comunque) ma rimanere costanti nelle aspettative.

Cercheremo di continuare a pubblicare articoli di buona qualità trovando un modo per stimolare e coinvolgere i tanti lettori nelle pubblicazioni inerenti alle tematiche del blog.

Si punterà a raggruppare i tanti articoli pubblicati in categorie visibili per facilitare la consultazione ed in previsione creare una newsletter

Grazie

Grazie davvero a tutti voi

di Tiziano Megaro

Differenza preparazione donne

Differenze nella preparazione atletica delle donne

Prima Parte

In media, la donna è più bassa e più leggera, con una maggior percentuale di tessuto adiposo e una minor massa muscolare, rispetto all’uomo.

Mediamente un uomo possiede dal 10 al 20% di massa grassa mentre una donna…

…dal 15 al 25%.

Rapporto tra massa magra e grassa

Questo si rispecchia anche nell’utilizzo del glucosio e ne deriva un’importante ruolo dell’allenamento nell’indirizzare questo substrato energetico verso il tessuto adiposo o i muscoli.

Pertanto, entrambi, possiedono dei recettori per il glucosio di tipo GLUT-4, dipendenti dall’insulina, quando questa viene stimolata il glucosio viene indirizzato in questi tessuti.

Nelle donne, in cui la massa grassa è maggiore, tenderà ad andare verso il tessuto adiposo.

Per questo, un allenamento della forza innanzitutto aumenta la densità dei recettori GLUT-4 nel tessuto muscolare richiamando glucosio ed inoltre migliora a lungo andare la composizione corporea andando a variare il rapporto tra massa magra e grassa in favore alla magra.

Classificazioni

Body fat percentages for males and females and their classification

(Percentuali di grasso corporeo per maschi e femmine e loro classificazione)

MalesFemalesRating
5-108-15Athletic
11-1416-23Good
15-2024-30Acceptable
21-2431-36Overweight
>24>37Obese

(Tieni presente che queste sono solo stime grezze. Il termine atletico in questo contesto si riferisce agli sport dove il basso contenuto di grasso corporeo è un vantaggio)

Body fat percentage for the athletic population (Percentuale di grasso corporeo per la popolazione atletica)

AgeUp to 3030-5050+
Females14-21%15-23%16-25%
Males9-15%11-17%12-19%

Body fat percentage for the athletic population (Percentuale di grasso corporeo per la popolazione atletica)

SportMaleFemaleSportMaleFemale
Baseball12-15%12-18%Rowing6-14%12-18%
Basketball6-12%20-27%Shot Putters16-20%20-28%
Body building5-8%10-15%Skiing (X country)7-12%16-22%
Cycling5-15%15-20%Sprinters8-10%12-20%
Football (Backs)9-12%No dataSoccer10-18%13-18%
Football (Linemen)15-19%No dataSwimming9-12%14-24%
Gymnastics5-12%10-16%Tennis12-16%16-24%
High/long Jumpers7-12%10-18%Triathlon5-12%10-15%
Ice/field Hockey8-15%12-18%Volleyball11-14%16-25%
Marathon running5-11%10-15%Weightlifters9-16%No data
Racquetball8-13%15-22%Wrestlers5-16%No data

Alcune delle differenze di prestazione tra uomini e donne si spiegano  proprio in ragione di queste differenze di composizione e di dimensioni corporee.

Tale convinzione trova conferma nel fatto che nei ragazzi e nelle ragazze prepuberi le differenze di prestazione e quelle di dimensione corporea sono minime.

Concentrazione muscolare

Le donne hanno una concentrazione muscolare di ATP (Adenosina trifosfato) + PC uguale a quella degli uomini, ma a causa della loro minor massa muscolare, i loro depositi complessivi di questi fosfageni sono più esigui.

Tuttavia, le prestazioni femminili sulle distanze più brevi (esempio 100 metri), nelle quali il sistema ATP + PC  costituisce la più importante fonte di energia, si avvicinano a quelle maschili.

La capacità di resistenza alla fatica di un muscolo è un indicatore della capacità di recupero e può differire.

In generale, i muscoli maschili sono soggetti maggiormente a fatica, rispetto alle donne.

Le differenze

Studi condotti sui muscoli flessori del gomito ed estensori del ginocchio, mostrano una significativa perdita di attivazione dell’unità motorie nei maschi rispetto le femmine in seguito a un affaticamento protratto nel tempo.

Negli studi, la forza scende al 93% del massimo nelle donne, contro l 80% negli uomini dopo 1 minuto di esercizio.

Le donne hanno una resistenza alla fatica di circa 15 minuti, mentre gli uomini circa 8 minuti e dopo aver raggiunto l’esaurimento, il recupero avviene più velocemente nelle donne.

La fatica sembra anche essere muscolo-specifica, come evidenziato da analisi sia sul bicipite femorale che sui muscoli estensori della zona lombare.

Nelle donne la stanchezza è simile in entrambi i gruppi muscolari, mentre gli uomini subiscono un affaticamento maggiore nella zona lombare rispetto al bicipite femorale.

Queste differenze possono essere dovute al:

maggiore numero di fibre di tipo I nelle donne, che caratterizzate dal metabolismo ossidativo lento, offrono maggiore resistenza.

K. M. Haizlip, B. C. Harrison, and L. A. Leinwand

Le donne tendono ad avere più bassi livelli di acido lattico nel sangue, in seguito ad un esercizio massimale, rispetto agli uomini.

Quindi, anche in questo caso, uno dei motivi di questo fenomeno risiede nella minor massa muscolare femminile.

La massima potenza aerobica (VO2 MAX) della donna è inferiore a quella dell’uomo.

La differenza sembra essere dovuta soprattutto a fattori inerenti alle dimensioni corporee, ivi compresi una minor dotazione di emoglobina, un volume di sangue circolante inferiore e un più piccolo volume cardiaco.

Ciò è confermato dal fatto che le differenze di VO2 MAX sono irrilevanti tra ragazzi e ragazze, cioè nell’età in cui anche le differenze di dimensione corporee sono minime.

Il sesso è anch’esso un fattore che può influenzare lEPOC, Excess Postexercise Oxygen Consumption, (volgarmente detto “afterburn”), traducibile in italiano come Consumo di Ossigeno in Eccesso Post-allenamento.

E’ l’indice di misurazione dell’aumento del consumo di ossigeno a seguito della intensa attività, destinato a soddisfare il “debito di ossigeno” del corpo).

La ricerca dimostra che il dispendio energetico delle donne, a riposo e durante l’esercizio, varia con la fase mestruale.

In genere, il dispendio energetico a riposo è più basso una settimana prima dell’ovulazione e il più alto durante i 14 giorni di fase luteale dopo l’ovulazione, quindi di conseguenza influendo sull’EPOC. (Fox,Bowers,Foss)

Conclusione

Per quanto riguarda le prestazioni della donna si avvicinano di più a quelle dell’uomo nel nuoto piuttosto che nella corsa e nei salti.

Nella corsa sono più vicine a quelle degli uomini negli sprint, mentre nel nuoto nelle attività di resistenza.

Nelle prestazioni di corsa di resistenza, essendo costretta ad usare l’intero suo peso corporeo, la donna si trova in evidente svantaggio nei riguardi del VO2 MAX

Le specialità nelle quali i risultati femminili sono i peggiori in confronto ai maschi, sono quelle che prevedono tempi di prestazione tra 1 e 4 minuti, quindi in quelle specialità che richiedono un forte impegno del sistema dell’acido lattico.

Continua…

di Davide Antoniella

finale scudetto 21-22

Milano – Bologna: finale scudetto!

Gara 2
La gerarchia

Al di là della cifra tecnica, per me va rispettata una regola che riguarda tutte le dinamiche di gruppo, in particolar modo per quei gruppi che sono formati per il raggiungimento di obiettivi (orchestre, militari, squadre) e questa regola, piaccia o meno, ha a che fare con il concetto di gerarchia.

La gerarchia definisce in modo chiaro le…

…responsabilità, e questa è una cosa decisiva per raggiungere l’obiettivo.

In un gruppo deve essere chiaro chi comanda e chi porta l’acqua, e in mezzo le figure intermedie.

Poi può anche capitare che chi porta l’acqua a volte si trasformi in protagonista, ma dentro un sistema molto chiaro e accettato da tutti.

Bologna questa gerarchia l’ha individuata in maniera precisa:

Teodosic
Teodosic Milo Virtus Segafredo Bologna – A|X Armani Exchange Milano Playoff – Finale – Gara 3
Foto Ciamillo-Castoria/ Gianluca Checchi

Milano è un’orchestra di splendidi esecutori ma con un unico difetto:

non si capisce chi dirige l’orchestra e chi accompagna.

Un piccolo difetto che sul campo diventa macroscopico specie quando deve compattarsi nelle fasi decisive della battaglia quando ogni piccola decisione può portare a vincere o perdere.

E questo non lo puoi cambiare o modificare in due giorni.

O lo hai individuato ex ante oppure continuerai ad affidarti alla vena dei singoli.

Milano 0 – Bologna 2

Gara 3
Primo aspetto: l’identità

Responsabilità e pressione.

Si dice spesso che ad avvertire più pressione sia la squadra in vantaggio.

Se a questo aggiungi il fatto di giocare la prima partita in casa, la bilancia avrebbe dovuto pesare tantissimo per la Virtus ed essere molto più leggera dall’altra parte.

Ma gli occhi vitrei di Messina e Datome hanno reso chiaro il fatto che Milano abbia una certa difficoltà a gestire il clima psicologico.

Lo si capisce davanti alle reazioni sui primi errori della squadra.

Punter sbaglia un tiro libero:

apriti cielo.

Non è così che si affronta sul piano mentale una partita.

La parola d’ordine dovrebbe essere: tolleranza; la seconda: positività.

Secondo aspetto (collegato al primo): sicurezza.

Milano (opportunamente) sceglie di cambiare le carte e giocare con un centro puro per alzare l’energia e l’intimidazione di Bologna.

Scelta che produce più solidità, rimbalzi, secondi tiri.

Ma dopo pochi minuti il centro non si vede più in campo.

Risultato: confusione tattica.

Chi siamo? Quelli più atletici e dinamici di sempre o quelli più muscolari di stasera?

L’identità della squadra va in vacanza.

Terzo aspetto

Quegli altri difendono ogni palla come se non ci fosse un domani. Risultato: una corazzata come Armani lasciata a 58.

Saranno pure stanchi, ma mi sembra che ci sia anche qualcos’altro.

Quarto aspetto

Qualcuno saprebbe spiegarmi che giocatore è Micov? No, perché io non riesco a definirlo.

Non di poco conto è il fatto che, tranne rarissimi istanti, in tutte e tre le partite, i bolognesi sono per larghi tratti (circa 38 minuti su 40), davanti nel punteggio.

Non voglio parlare di supremazia, ma siamo vicini.

E se questa cosa non è sorprendente, allora dimmi tu cosa lo sia.

Milano 0 – Bologna 3

Gara 4
La riconoscenza

Il primo pensiero va alla dirigenza di Bologna.

Come si sentiranno dopo aver esonerato e poi aver dovuto ingoiare il richiamo dell’allenatore che poi li ha portati allo scudetto? Un minimo di vergogna sarebbe il minimo, oltre alle scuse.

Miopi.

Il secondo va a un ragazzo di 21 anni che accanto a giganti che hanno vinto titoli europei e mondiali non solo non sfigura ma è quello che dà la carica, difende per tre, non perde una palla e fa canestri decisivi.

Talento.

Il terzo è per un veterano che in NBA ha fatto i numeri, torna in Italia, accetta la sfida di una società che non vinceva lo scudetto da 16 anni, e nonostante cerchino di asfissiarlo, continua a segnare in ogni modo: da fuori, da sotto, su due piedi e pure palleggiando su un piede solo.

Stoico.

No, sul direttore d’orchestra non dico nulla. Tranne il fatto che continuare a incantare e fare assist come manna dal cielo e punti decisivi non è affatto scontato.

Vincente.

Infine la difesa. Qui basta vedere i parziali dei quarti per capire anche la gara 4 che tipo di trend abbia avuto: 19-24, 22-19, 14-8, 18-11, e capire che Virtus ha progressivamente spento gli avversari come una candela.

Supremazia.

E allora se sei un giovane allenatore, chiudi i libri, smetti di andare ai corsi, tagliati la partita e guarda una decina di volte al giorno soltanto le azioni difensive della Virtus. Ne uscirai un allenatore migliore.

Didattica.

Milano 0 – Bologna 4

di Dino De Angelis

Agilità

L’AGILITA’

NELLA PALLACANESTRO


Dopo la velocità, continuiamo il nostro viaggio trattando un’altra dote atletica necessaria per diventare un giocatore di basket quantomeno completo.

Un sistema per muoversi più liberamente con maggiore agilità e velocità è quello di sviluppare una buona elasticità.

Inoltre, la capacità di fornire…

…prestazioni senza timori di infortunio si risolve in azioni più poderose.

Cosa origina la potenza?

Il livello di estensione di una banda elastica stabilisce la quantità di energia immagazzinata e la possibilità di emissione di forza.

Per il muscolo non è l’estensione, ma piuttosto la velocità dell’allungamento che determina l’originarsi della potenza.

Quando però un muscolo è allungato fino ai suoi limiti estremi, l’essere in grado di resistere ai rigori di questo allungamento massimale ed eseguire un movimento di grande potenza senza infortunarsi è molto importante per una resistenza e produttività a lungo termine.

L’ampliamento della gamma di movimenti è un fattore molto importante per diventare un atleta completo.

L’importanza dell’agilità

Strettamente collegata con l’equilibrio, l’agilità è necessaria agli atleti per regolare gli spostamenti del centro di gravità mentre in velocità variano le posizioni del corpo.

L'agilità
Foto di Tima Miroshnichenko

L’agilità è la capacità di cambiare direzione senza diminuire la velocità.

Un esempio

Immaginiamo un uomo alto circa 2 metri, di 115 Kg, che può sollevare 180 Kg da seduto e 500 Kg in piedi, che ci sprinta in piena velocità davanti a noi e che improvvisamente devia a razzo verso destra o verso sinistra apparentemente senza diminuire il passo.

La maggior parte dei giocatori deve decelerare considerevolmente per assumere un po’ di controllo prima di un rapido cambio di direzione.

Ridurre la decelerazione è un fattore chiave per migliorare l’agilità.

La capacità di cambiare direzione rapidamente spiega in larga misura perché in atletica i saltatori possono balzare così in alto.

Il saltatore, in questo caso, stabilisce la sua velocità durante l’approccio al salto e poi trasferisce questa velocità orizzontale in sollevamento verticale nei due rapidi passi prima del punto di battuta.

Saltatore

Queste stesse caratteristiche possono essere inserite nei movimenti sul campo di basket.

Conclusione

Bisogna includere degli esercizi che richiedono veloci cambi di direzione nello schema quotidiano di allenamento:

con l’allenamento frequente a cambiare direzione con movimenti in avanti, indietro, laterali e verticali, si migliorerà l’agilità dell’atleta.

Prossimamaente tenteremo d’illustrare – presentare esercizi dediti al miglioramento di questa dote atletica con la speranza di avere uno scambio con i tanti lettori del nostro blog.

di Tiziano Megaro


Imparare ad insegnare

IMPARARE A INSEGNARE E…

…INSEGNARE A INSEGNARE ANCHE NELLO SPORT!

Gli studenti hanno il diritto di avere gli Insegnanti migliori!

Non si può avere il meglio se non si preparano gl’insegnanti al meglio.

Anche nello sport i bambini e i giovani hanno diritto di avere Istruttori e Allenatori migliori.

La tessera non qualifica!

Insegnare è…

…un’arte e come ogni forma d’arte è sinonimo di:

  • passione
  • creatività
  • dedizione
  • condivisione

Un Insegnante, un Istruttore, un Allenatore, esattamente come un artista, mette se stesso, il suo sapere e il suo ingegno a disposizione degli altri (studenti, bambini, giovani), affinché la società esca migliorata dal percorso fatto insieme.

Tutti possono insegnare?

Se un laureato al concorso per entrare di ruolo come Insegnante ha risposto bene ad una prova con domande a crocette, se ha superato la prova scritta ed è stato “un fine dicitore” alla prova orale, può fare l’Insegnante?

Non credo!

Eppure in moltissimi casi è così!

Se un partecipante a un corso di formazione di una Federazione Sportiva è simpatico al Capo Istruttore, se fa quello che vuole lui, se giura che adotterà il metodo di insegnamento che vuole lui (ma poi farà in molti casi il contrario!) può insegnare ai bambini o ai giovani?

capo istruttore
Foto di Mikhail Nilov

Non credo!

Eppure in molti casi è così!

Perché nel mondo della scuola non esiste un Corso di laurea o una specializzazione per diventare Insegnanti?

All’interno di questo corso ci dovrebbero essere molte ore di pratica su come si gestisce un aula, come si gestiscono a livello psicologico gli studenti, come si struttura una lezione efficace, come si utilizzano tutti gli strumenti tecnologici a disposizione, come si comunica, come si entra in empatia con gli studenti.

Perchè nel mondo dello sport non esiste un Corso di tirocinio “vero” anche nei Corsi di Formazione delle Federazioni Sportive che qualifica chi andrà a insegnare?

Si imparerebbe a comunicare con i giovani e i bambini, si imparerebbe veramente a “gestire” il gruppo, si imparerebbe a correggere l’errore, … e chi non è in grado (anche se ha la tessera) non deve più insegnare.

Non tutti possono fare gli Insegnanti!

Se uno studente si è laureato con 110 e lode ho solo dimostrato di essere un bravo studente, non significa assolutamente che ha le carte per fare l’Insegnante!!

Per non parlare del sostegno, con un corso di 400 ore “tutti” sono in grado di gestire delle persone “speciali”.

studente
Foto di cottonbro

Incredibile!

Se gli studenti sono valutati a fine anno, lo devono essere anche gli Insegnanti e se un Insegnante non è stato giudicato all’altezza per insegnare, non può essere riconfermato.

Non tutti possono fare gli Istruttori e gli Allenatori!

Non basta un corso di formazione di 20 ore (anche se biennale) per avere la “licenza d’insegnare”.

Rinnovare la tessera ogni anno per continuare a insegnare non è abbastanza!

Ci vuole ben altro!

Chi non è capace non deve più insegnare!

La scuola italiana

Purtroppo la scuola italiana e l’Università è basata solo sui voti e gli studenti la vivono solo come obbligo, non si ricordano quasi niente di quello che studiano perché l’obiettivo è prendere un voto!

Le Federazioni Sportive
Federazioni sportive
Foto da Agi

Seguire un corso di formazione per avere la tessera non basta, dobbiamo avere Istruttori e Allenatori preparati, competenti!

VOLTIAMO PAGINA!

Studenti migliori con Insegnanti migliori!

Bambini e giovani migliori con Istruttori e Allenatori competenti!

“Le crisi di insegnamento non sono crisi di insegnamento; sono crisi di vita. Una società che non insegna è una società che non si ama, che non si stima; e questo è precisamente il caso della società moderna”. (Charles Peguy)

di Maurizio Mondoni

La ricerca azione motoria

La ricerca – azione motoria

Non la verità di cui ci si crede in possesso, ma il sincero sforzo per giungervi determina il valore dell’individuo…L’illusione del possesso rende pigri e presuntuosi; solo la ricerca tiene desti e insonni”.

Gotthold Ephraim Lessing

La ricerca scientifica attribuisce una stretta relazione tra il corpo e la psiche, l’uno non esiste senza l’altra.

E’ una crudeltà separare ciò che è unito per natura ma, nonostante questo, i bambini, i ragazzi, gli adolescenti nella scuola italiana si muovono pochissimo. Ed è così che…

…si creano dei corti circuiti nell’apprendimento, a volte irreparabili.

L’animazione alla divergenza restituisce il corpo al movimento e il movimento alla psiche.

Il sistema scolastico, se vuole veramente formare la persona nella sua interezza, non può più rinunciare all’educazione motoria delegandola alle società sportive.

La socializzazione dei bambini nella scuola dell’infanzia si facilita con la corretta comunicazione non verbale dell’insegnante fatta di sorrisi e gesti accoglienti e si misura dall’ampiezza dell’apertura delle braccia che vogliono dire con chiarezza:

sei il benvenuto in questa scuola!

socializzazione
da informa giovani Ancona
Tutto parte da un dialogo centrato sul movimento.

L’insegnante è il digitus pueri, indica ai bambini la strada giusta da seguire cercando di fargli evitare buche, scivoloni e sbandamenti.

Nella scuola primaria, allo stesso modo, l’educazione motoria deve essere promossa per insegnare comportamenti organizzati, finalizzati e regolati, capaci di indirizzare l’istintiva esuberanza dei bambini.

Gli studenti imparano a stare meglio insieme vivendo negli spazi laboratoriali, allontanandosi ogni tanto dalla staticità dei banchi.

Le stesse attività considerate “di testa” come la lettura e la scrittura sono apprendimenti complessi che necessitano “del corpo”, dell’integrità delle aree motorie.

Per saper leggere è necessaria una buona organizzazione spazio-temporale e per saper scrivere una corretta postura e una coordinazione oculo-manuale, sono poi indispensabili una equilibrata lateralizzazione, un controllo neuromuscolare, un senso del ritmo, in sintesi:

una completa consapevolezza dei propri movimenti.

Il giusto incontro

Quando il laboratorio linguistico si incontra con quello motorio i risultati sono straordinari:

  • una corretta educazione motoria di base,
  • una buona percezione del proprio corpo
    • permettono al bambino di controllare, coordinare ed equilibrare i gesti motori per avviarsi ad un sereno apprendimento della lettura e della scrittura.

Legge e poi scrive, prima e meglio, il bambino che pratica un’attività motoria.

Le fasi del progetto di ricerca-azione prevedono:
  1. un’analisi dei bisogni e delle esigenze di formazione in relazione al contesto scolastico;
  2. l’individuazione dei traguardi, degli obiettivi e dei risultati di apprendimento;
  3. la pianificazione delle attività, dell’ambiente di apprendimento, della gestione del gruppo, delle scelte didattiche;
  4. la realizzazione dell’attività progettata e suddivisa in fasi di sviluppo;
  5. il monitoraggio e la verifica del processo di apprendimento;
  6. la documentazione e la valutazione dei risultati.

Il processo di insegnamento-apprendimento sarà basato su un approccio ludico che dia voce all’energia vitale positiva degli allievi capace di attivare e sostenere la loro maturazione e la loro socializzazione.

I docenti devono costantemente vivificare questa energia con la proposta di attività piacevoli, divertenti e, nello stesso tempo, formative.

Imparare giocando

Diventa sempre più necessario realizzare una “scuola ludica” nella quale il tradizionale schema di “imparare con fatica” si trasformi in “fare con piacere” e “apprendere con gioia”.

In tal modo la scuola può porre davvero l’alunno al centro del suo processo di formazione perché crea le condizioni ideali affinché ciascuno diventi attore della propria crescita, evidenziando le sue caratteristiche, le sue preferenze o, per dirla con Gardner, le sue intelligenze dominanti.

Una scuola così intesa apre percorsi educativi di grande interesse perché gli strumenti:

  • della conoscenza,
  • le abilità tecniche,
  • le competenze

vengono conquistate attraverso azioni di ricerca, di libera espressione creativa, di personale valutazione critica e non mediante l’azione ripetitiva e l’atteggiamento passivo di chi deve solo ascoltare per ripetere ciò che ha appreso.

La stessa dinamica educativa che, da sempre, ha caratterizzato un particolare modello di scuola caratterizzato da:

  • spiegazione,
  • approfondimento,
  • interrogazione,
  • valutazione

trova, così, le sue spinte di azione in:

  • identificazione di un problema,
  • ricerca degli elementi necessari per risolverlo,
  • valutazione dei risultati raggiunti
    • per l’assunzione concorde di un nuovo problema da affrontare.
Conclusioni

La società a tecnologia avanzata e a rapido sviluppo delle conoscenze nella quale viviamo pone alla scuola sfide continue che non possono essere ignorate trincerandosi nel valore della tradizione e nella visione quasi mistica dell’educazione.

La scuola dove configurarsi sempre più come un laboratorio ludico, dove ogni alunno possa fare le proprie esperienze nel confronto e, perché no, anche nello scontro con i compagni, ma sempre

in un clima di rispetto reciproco e di collaborazione.

di Pasquale Iezza