Dopo la velocità, continuiamo il nostro viaggio trattando un’altra dote atletica necessaria per diventare un giocatore di basket quantomeno completo.
Un sistema per muoversi più liberamente con maggiore agilità e velocità è quello di sviluppare una buona elasticità.
Inoltre, la capacità di fornire…
…prestazioni senza timori di infortunio si risolve in azioni più poderose.
Cosa origina la potenza?
Il livello di estensione di una banda elastica stabilisce la quantità di energia immagazzinata e la possibilità di emissione di forza.
Per il muscolo non è l’estensione, ma piuttosto la velocità dell’allungamento che determina l’originarsi della potenza.
Quando però un muscolo è allungato fino ai suoi limiti estremi, l’essere in grado di resistere ai rigori di questo allungamento massimale ed eseguire un movimento di grande potenza senza infortunarsi è molto importante per una resistenza e produttività a lungo termine.
L’ampliamento della gamma di movimenti è un fattore molto importante per diventare un atleta completo.
L’importanza dell’agilità
Strettamente collegata con l’equilibrio, l’agilità è necessaria agli atleti per regolare gli spostamenti del centro di gravità mentre in velocità variano le posizioni del corpo.
Un esempio
Immaginiamo un uomo alto circa 2 metri, di 115 Kg, che può sollevare 180 Kg da seduto e 500 Kg in piedi, che ci sprinta in piena velocità davanti a noi e che improvvisamente devia a razzo verso destra o verso sinistra apparentemente senza diminuire il passo.
La maggior parte dei giocatori deve decelerare considerevolmente per assumere un po’ di controllo prima di un rapido cambio di direzione.
Ridurre la decelerazione è un fattore chiave per migliorare l’agilità.
La capacità di cambiare direzione rapidamente spiega in larga misura perché in atletica i saltatori possono balzare così in alto.
Il saltatore, in questo caso, stabilisce la sua velocità durante l’approccio al salto e poi trasferisce questa velocità orizzontale in sollevamento verticale nei due rapidi passi prima del punto di battuta.
Queste stesse caratteristiche possono essere inserite nei movimenti sul campo di basket.
Conclusione
Bisogna includere degli esercizi che richiedono veloci cambi di direzione nello schema quotidiano di allenamento:
Prossimamaente tenteremo d’illustrare – presentare esercizi dediti al miglioramento di questa dote atletica con la speranza di avere uno scambio con i tanti lettori del nostro blog.
“Non la verità di cui ci si crede in possesso, ma il sincero sforzo per giungervi determina il valore dell’individuo…L’illusione del possesso rende pigri e presuntuosi; solo la ricerca tiene desti e insonni”.
La ricerca scientifica attribuisce una stretta relazione tra il corpo e la psiche, l’uno non esiste senza l’altra.
E’ una crudeltà separare ciò che è unito per natura ma, nonostante questo, i bambini, i ragazzi, gli adolescenti nella scuola italiana si muovono pochissimo. Ed è così che…
…si creano dei corti circuiti nell’apprendimento, a volte irreparabili.
L’animazione alla divergenza restituisce il corpo al movimento e il movimento alla psiche.
Il sistema scolastico, se vuole veramente formare la persona nella sua interezza, non può più rinunciare all’educazione motoria delegandola alle società sportive.
La socializzazione dei bambini nella scuola dell’infanzia si facilita con la corretta comunicazione non verbale dell’insegnante fatta di sorrisi e gesti accoglienti e si misura dall’ampiezza dell’apertura delle braccia che vogliono dire con chiarezza:
Tutto parte da un dialogo centrato sul movimento.
L’insegnante è il digitus pueri, indica ai bambini la strada giusta da seguire cercando di fargli evitare buche, scivoloni e sbandamenti.
Nella scuola primaria, allo stesso modo, l’educazione motoria deve essere promossa per insegnare comportamenti organizzati, finalizzati e regolati, capaci di indirizzare l’istintiva esuberanza dei bambini.
Gli studenti imparano a stare meglio insieme vivendo negli spazi laboratoriali, allontanandosi ogni tanto dalla staticità dei banchi.
Le stesse attività considerate “di testa” come la lettura e la scrittura sono apprendimenti complessi che necessitano “del corpo”, dell’integrità delle aree motorie.
Per saper leggere è necessaria una buona organizzazione spazio-temporale e per saper scrivere una corretta postura e una coordinazione oculo-manuale, sono poi indispensabili una equilibrata lateralizzazione, un controllo neuromuscolare, un senso del ritmo, in sintesi:
Il giusto incontro
Quando il laboratorio linguistico si incontra con quello motorio i risultati sono straordinari:
una corretta educazione motoria di base,
una buona percezione del proprio corpo
permettono al bambino di controllare, coordinare ed equilibrare i gesti motori per avviarsi ad un sereno apprendimento della lettura e della scrittura.
Le fasi del progetto di ricerca-azione prevedono:
un’analisi dei bisogni e delle esigenze di formazione in relazione al contesto scolastico;
l’individuazione dei traguardi, degli obiettivi e dei risultati di apprendimento;
la pianificazione delle attività, dell’ambiente di apprendimento, della gestione del gruppo, delle scelte didattiche;
la realizzazione dell’attività progettata e suddivisa in fasi di sviluppo;
il monitoraggio e la verifica del processo di apprendimento;
la documentazione e la valutazione dei risultati.
Il processo di insegnamento-apprendimento sarà basato su un approccio ludico che dia voce all’energia vitale positiva degli allievi capace di attivare e sostenere la loro maturazione e la loro socializzazione.
I docenti devono costantemente vivificare questa energia con la proposta di attività piacevoli, divertenti e, nello stesso tempo, formative.
Imparare giocando
Diventa sempre più necessario realizzare una “scuola ludica” nella quale il tradizionale schema di “imparare con fatica” si trasformi in “fare con piacere” e “apprendere con gioia”.
In tal modo la scuola può porre davvero l’alunno al centro del suo processo di formazione perché crea le condizioni ideali affinché ciascuno diventi attore della propria crescita, evidenziando le sue caratteristiche, le sue preferenze o, per dirla con Gardner, le sue intelligenze dominanti.
Una scuola così intesa apre percorsi educativi di grande interesse perché gli strumenti:
della conoscenza,
le abilità tecniche,
le competenze
vengono conquistate attraverso azioni di ricerca, di libera espressione creativa, di personale valutazione critica e non mediante l’azione ripetitiva e l’atteggiamento passivo di chi deve solo ascoltare per ripetere ciò che ha appreso.
La stessa dinamica educativa che, da sempre, ha caratterizzato un particolare modello di scuola caratterizzato da:
spiegazione,
approfondimento,
interrogazione,
valutazione
trova, così, le sue spinte di azione in:
identificazione di un problema,
ricerca degli elementi necessari per risolverlo,
valutazione dei risultati raggiunti
per l’assunzione concorde di un nuovo problema da affrontare.
Conclusioni
La società a tecnologia avanzata e a rapido sviluppo delle conoscenze nella quale viviamo pone alla scuola sfide continue che non possono essere ignorate trincerandosi nel valore della tradizione e nella visione quasi mistica dell’educazione.
La scuola dove configurarsi sempre più come un laboratorio ludico, dove ogni alunno possa fare le proprie esperienze nel confronto e, perché no, anche nello scontro con i compagni, ma sempre
…la lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”.
E’ un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione, produco il mio:…
Il motionstorming è una tecnica che facilita la creazione di movimenti divergenti e quindi deve essere inserita in un programma di creatività motoria.
Il procedimento
Si forma un gruppo di 10-12 ragazzi, disposti in cerchio, coordinati da un insegnante.
Si parte da un movimento libero di un ragazzo, sul quale si innestano i movimenti degli altri.
La durata di ogni seduta sarà di circa un’ora.
Il ragazzo da cui si parte va al centro del cerchio ed esegue su un materassino un movimento libero, gli altri ragazzi, dopo un’attenta osservazione ed una ripetizione del movimento, producono azioni collegate a quello che hanno visto e vissuto.
I ragazzi si alzano a turno ed eseguono un movimento richiamato da quello del compagno.
L’insegnante deve stabilire un clima in cui ognuno possa esprimersi liberamente.
Nel gruppo ognuno dà il suo contributo creativo e trae spunti che possono arricchirlo individualmente.
Una volta completato il giro del gruppo l’insegnante, che ha annotato tutti i movimenti, cerca di vedere insieme ai ragazzi i punti di unione che si possono trovare tra di essi, in modo tale che si riesca a lavorare nella seconda fase su un campo più determinato.
Alla fine uscirà il movimento del gruppo, un’azione che tutti condivideranno, da eseguire coralmente.
La variante
Dall’esecuzione collettiva, poi, si può pensare di creare un gioco, un’attività che coinvolga tutti.
In questa fase non c’è la regola di alzarsi uno alla volta, ma più persone possono sperimentare e condividere i propri movimenti, si creeranno così dei piccoli gruppi spontanei.
Per ogni movimento ci sarà un tempo determinato in modo che tutti possano esprimersi.
I gesti spezzati nella loro semplicità, vengono di nuovo uniti per comporre un originale mosaico di movimenti, più complessi e articolati, il movimento di ognuno si dilata e aiuta a strutturare il movimento del gruppo.
E’ un cammino progressivo verso se stessi e gli altri.
Conclusione
Questa fondamentale svolta ha portato a cercare nel movimento divergente l’equilibrio tra i due inquilini:
il pensiero e l’emozione.
La divergenza fa confluire nella creatività il pensiero e l’emozione ed alla fine si determina nell’unione il giusto equilibrio dell’apparato fisico con quello psichico ed emotivo, del corpo con la mente.
L’importanza di un check-up a 360° e la creazione di un documento che accompagni il soggetto durante le attività con un costante monitoraggio di ogni fase di crescita, di pianificazione coordinata e mirata degli allenamenti, dell’alimentazione e delle necessità rilevate, permette…
La sintesi dei dati emersi dal check-up, una volta analizzati e comparati tra loro dagli specialisti coinvolti, rappresenterà uno strumento per salvaguardare lo sviluppo armonico, individuare le capacità attitudinali e mirare agli obiettivi prefissati.
Queste informazioni servono a redigere un report personalizzato in cui vengono messe in evidenza le risposte ottenute e le aree che necessitano di un eventualeintervento:
preventivo
migliorativo
terapeutico
L’azione
L’intervento è multi-modale ed integrato e si compone di elementi medici, motori e psicologici e deve essere affidato a un team esperto in grado di seguire qualsiasi persona non come un insieme di sintomi, organi, obiettivi tra loro scollegati.
Il check-up per troppo tempo è stato considerato utile solo per sportivi agonisti, già meno con sportivi amatoriali e pochissimo con frequentatori di palestre e assolutamente evitato con persone normali.
Il movimento non provoca così automaticamente benefici, ma in conseguenza di atteggiamenti sbagliati:
alcool e fumo
alimentazione sbilanciata
stress
cattiva gestione degli allenamenti nello sport agonistico di alto livello o amatoriale
Affinché sia conseguito l’obiettivo della salute potenziata è indispensabile che l’attività fisica sia il più possibile personalizzata in modo da basarsi sulle caratteristiche del soggetto.
Inoltre, deve essere superata l’idea che a un maggior volume di attività fisica corrisponda maggior beneficio.
Infatti, durante un allenamento l’organismo è sottoposto a uno stress che per essere positivo e comportare dei benefici fisiologici e di composizione corporea, deve essere equilibrato alle capacità soggettive e anche al riposo, durante il quale le modificazioni avvengono.
Spesso si ritiene anche erroneamente che lo sport amatoriale sia il meno pericoloso in quando dovrebbe richiedere bassi livelli di attività, mentre da molti viene praticato senza controlli, con carichi elevati, in età avanzate alzando enormemente gli effetti negativi e i rischi.
L’anti-aging ha introdotto il concetto di check-up anti-aging e fonda il suo programma sulla comprensione delle origini evoluzionistiche dell’invecchiamento.
Sostiene, infatti, che
il cosiddetto normale invecchiamento è un processo attraverso il quale la salute viene inesorabilmente compromessa, rendendo il soggetto più suscettibile alle malattie croniche.
Sostiene inoltre che
Il proposito
L’obiettivo di questa nuova branca della medicina è quindi quello di fornire strategie scientificamente validate per frenare il processo dell’invecchiamento, per prevenire le malattie croniche e ottimizzare la qualità della salute.
E’ possibile stabilire quanto si sta realmente invecchiando e quale sia la corrispondenza tra la propria età anagrafica e l’età biologica.
Conoscere il proprio orologio biologico, entrare nella diagnostica precoce nonché il grado di alterazione dei markers biologici dell’invecchiamento, per elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato, che consentirà di migliorare la funzionalità dei sistemi dell’organismo e di rallentare, entro certi limiti, sono alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento.
Nello specifico
L’esercizio fisico equilibrato può essere considerato una vera e propria terapia.
La proprietà spiccatamente pleiotropiche sarà in grado cioè di andare a incidere contemporaneamente, sia in campo preventivo che terapeutico, su numerosi fattori di rischio o aspetti patologici.
E’ fondamentale analizzare e conoscere approfonditamente gli effetti dell’allenamento sul corpo umano per poter poi applicare la corretta attività fisica.
Da questo emerge la necessità di un check-up, condotto da seri professionisti esperti, che deve prevedere analisi mediche, sportive e psicologiche per elaborare corretti protocolli personalizzati a seconda delle necessità e degli obiettivi da raggiungere.
La prescrizione ottimale è determinata da una valutazione oggettiva:
della VO2 misurata indirettamente o direttamente mediante test da sforzo incrementale
dei parametri di forza stimati con test submassimali.
I protocolli non devono essere messi in pratica in modo rigido, applicando semplicemente calcoli matematici alle misure dei test e alle analisi, ma analizzando a fondo i risultati e incrociando i dati e le conclusioni dei vari specialisti.
La valutazione medica può comprendere:
Compilazione di questionari
Anamnesi completa
Esame fisico
ECG a riposo a 12 derivazioni
Pressione del sangue a riposo (anche con variazione di posizioni)
Anamnesi per raccogliere dati e avere informazioni da integrare e confrontare con quelle mediche
Antropometria e plicometria da integrazione e comparazione di analisi clinica strumentale della composizione corporea e tomografica della bioimpedenza cellulare
Analisi posturale con semplici sistemi di valutazione globale e analitica solo quando la globalità indica un malfunzionamento
Esame della funzionalità dell’apparato locomotore e della locomozione con semplici test biomeccanici e di mobilità articolare
R.O.M. (Range Of Motion) articolari e test di mobilità articolare e funzionalità articolare generali con studio biomeccanico degli esercizi e delle posture in relazione al soggetto
Test submassimali organici e di forza all’aperto e in palestra per calcolare frequenza cardiaca, consumo di ossigeno, soglie, squilibri muscolari, valori di forza, confronti delle modalità di attivazione nervosa dei diversi muscoli coinvolti nel movimento e monitorare i cambiamenti e miglioramenti.
Conclusioni
La specificità dei test e le varie strumentazioni sono utilizzate a secondo delle necessità individuali per poter applicare al meglio i protocolli di allenamento nel rispetto delle esigenze morfo-bio-strutturali evitando infortuni, sovraccarichi e con il massimo gradimento del soggetto.
Questo si intende per applicazione di protocolli studiati e individualizzati frutto di un attenta analisi dei dati forniti da un check up fatto da esperti nei vari settori.
L’educazione dei bambini è un compito che spetta a tutti, alle famiglie, alla comunità, alla scuola, allo Stato, è un’educazione quindi integrata dove ognuno è responsabile allo stesso modo.
L’educazione dei bambini è il compito più nobile che ogni persona ha se vuole sentirsi uomo.
Non esiste un metodo perfetto, IL METODO, quel metodo da applicare ad ogni situazione e in ogni classe, capace di…
…risolvere ogni problema, altrimenti basterebbe un libretto delle istruzioni tradotto nelle varie lingue del mondo.
Avere un metodo serve però per facilitare il lavoro degli insegnanti, degli educaotori sportivi e per indicargli delle strategie in grado di motivare i bambini e i ragazzi allo studio e alla ricerca.
Si riporta tutto a schemi predefiniti e a regole precostituite, mentre invece alla base ci deve essere la disponibilità dell’insegnante a sperimentare, a scegliere non una nuova metodologia ma un nuovo modo di verificare, di fare vera, la sua pratica didattica.
La didattica enattiva dall’inglese to enact significa “mettere in atto”.
Una sorta di “mente incorporata”, una mente assorbente in continuo collegamento con le sensazioni che provengono dal mondo esterno e che la rendono attiva ed interattiva.
Il processo enattivo è quel profondo gioco di scambio tra interno ed esterno attraverso il quale l’atto cognitivo non è scindibile dall’atto esperienziale e dalla risonanza emotiva.
Il sentimento è conoscenza, l’educazione emotivo-sentimentale serve ad incanalare le nostre pulsioni naturali, istintuali, nel comportamento consapevole che ci permetterà di scegliere tra il bene e il male, tra ciò che è grave e ciò che non lo è.
si contestualizzano e accentuano la motivazione ad un apprendere pragmatico, per cui il “sapere” e il “saper fare” confluiscono positivamente nel “saper essere”, e le “conoscenze” e le “abilità” si realizzano nelle “competenze”.
Oltre l’acquisizione
La costruzione delle competenze è proprio la possibilità di utilizzare le conoscenze e le abilità per poterle trasferire da un dominio all’altro in modo da impostare e risolvere un problema.
Pensiero, emozione e movimento pagano in parti uguali l’affitto al nostro corpo, la coabitazione non è forzata ma necessaria e piacevole.
Le emozioni e il movimento fanno maggiore confusione ma è proprio questa vivacità che alimenta il pensiero e facilita l’apprendimento.
Nella didattica enattiva l’essenziale di ogni apprendimento non è l’acquisizione:
di conoscenze
l’accumulo di abilità
lo sviluppo di capacità
ma è la possibilità di usare quello che è stato appreso per risolvere situazioni nuove e concrete.
La didattica privilegiata, in tal senso, è di tipo laboratoriale “per problemi”, “per situazioni autentiche”, improntata all’operatività che porterà ad essere curiosi di ogni novità.
Facendo si impara prima e meglio:
se poi il fare diventa un co-fare, un collaborare allora l’apprendimento sarà più piacevole e più simile ad un’esperienza di sport di squadra.
Il gruppo è chiamato a “risolvere un problema” impegnandosi in un progetto nel quale ognuno coopera secondo le proprie potenzialità e attitudini.
In questo contesto lo studente non solo diventa l’attore del processo conoscitivo, ma si abitua anche a comunicare, a confrontarsi e ad organizzare con gli altri.
La didattica enattiva saldando la corporeità con i processi mentali avvia una didattica per competenze che vede gli insegnamenti scolastici finalmente interconnesse in modo da attivare un insegnamento trasversale e in rete e non più lineare e sequenziale.
Mente e corpo formano un tutt’uno che consente un “insegnamento in situazione” in cui le funzioni manipolative, rappresentative e simboliche vengono apprese attraverso una sperimentazione continua che ogni alunno fa nella sua vita di relazione con i compagni e con l’insegnante e nel contatto attivo con le cose.
Ogni cosa ha la sua importanza, questa è stata l’intuizione delle sorelle Agazzi che con le loro cianfrusaglie, costituite da tutto il materiale occasionale che i bambini raccoglievano per strada e tenevano in tasca perché suscitava il loro interesse, organizzavano le attività didattiche.
I bambini scelgono a volte gli oggetti più impensati che stimolano la loro inventiva.
E’ inutile dar loro degli attrezzi già precostituiti.
La didattica enattiva trova la sua migliore realizzazione nella metodologia della ricerca-azione, intesa come una ricerca per l’azione, per cui il tema viene avvertito come problema in modo che crei una tensione ad apprendere.
Un’altra metodologia efficace legata ai principi della didattica enattiva è il coaching.
Un metodo finalizzato al miglioramento delle prestazioni e al raggiungimento di obiettivi di maggior valore tramite la scoperta e lo sviluppo delle potenzialità personali.
Affidandosi al “coach” lo studente che ha delle potenzialità latenti impara a scoprirle e ad utilizzarle.
Il coach, quindi, è un facilitatore del cambiamento, una persona che stimola e indirizza le energie dello studente e lo aiuta a prendere consapevolezza delle sue intelligenze.
La tenerezza
La didattica enattiva per potersi realizzare fa leva sull’unica qualità indispensabile per un educatore, una dote naturale che non si può acquistare né acquisire in nessun corso di formazione: la tenerezza.
In una delle ultime lettere che Vincent van Gogh scrisse al fratello Theo si legge:
«Voglio che la gente dica delle mie opere: “sente profondamente, sente con tenerezza.».
Sentire con tenerezza è probabilmente il testamento spirituale ed artistico del grande pittore olandese.
Non è un sentire con l’orecchio, Vincent se ne taglierà uno in una sua crisi depressiva per poi donarlo ad una cameriera di una casa di prostitute, ma è un sentire con un orecchio interno, incorporato, un terzo orecchio, capace di percepire le nostre sensazioni profonde per poi arrivare a sentire quelle degli altri.
Un’interazione funzionale con l’ambiente e con lo stato d’animo di chi ci sta vicino e chiede disperatamente senza parole il nostro aiuto.
E’ necessario imparare ad esercitare la tenerezza soprattutto quando si lavora con i bambini, con i ragazzi, con gli adolescenti in via di formazione per sentire quello che loro sentono.
Questa empatia permette di essere antenne di ciò che stanno vivendo, di essere collegati con le loro emozioni per cercare di camminargli a fianco senza essere visti come importuni invasori.
La testimonianza
Platone nel Simposio tesse un bellissimo elogio alla tenerezza dicendo che Eros stabilisce la sua dimora nell’anima degli uomini, ma non in tutte indiscriminatamente: se ne incontra una caratterizzata dalla durezza, si allontana, mentre se si imbatte in un’anima caratterizzata dalla tenerezza vi si trattiene.
Siccome dunque è sempre a contatto, con i piedi e con tutto il resto, con quello che vi è di più tenero tra le cose tenere, Eros è il più tenero degli esseri. Simile tende al simile.
Gli studenti vivono nel periodo della pubertà una fase erotica per cui vanno appassionati, ogni insegnante può imparare a camminare e a fermarsi su questo terreno tenero, e non c’è niente di più tenero, di più delicato, di più fragile e di più bello dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti in formazione.
Educare ci porterà a:
cambiare i nostri castelli mentali pieni di idee negative
di forze distruttive, di tensioni accumulate, di passati troppo presenti,
costruire una vita serena ed equilibrata valutando le cose con ottimismo e col giusto umorismo
avere relazioni fiduciose con gli altri compensando i piaceri con i doveri
svolgere attività stimolanti e fantasiose
ritrovare la semplicità nelle cose per una sana gioia di vivere.
Con i bambini bisogna scegliere la dimensione organizzativa che dia spazio alle situazioni di libera esplorazione inserendo il lavoro percettivo nei tempi giusti e con modalità ludiche.
Dopo ogni movimento il cervello non è più lo stesso, nel suo interno alcuni neuroni si svegliano e questo lo arricchisce di nuova vita.
Esplorare
L’esplorazione di nuove azioni motorie ci darà altre possibilità di esistenza, allargherà le nostre conoscenze sul mondo, ci aprirà ad una maggiore scelta tra i comportamenti ed alla fine tutto questo ci porterà alla nostra coscienza autentica, ci farà toccare la libertà.
Non c’è nessun movimento che si può comprendere fino in fondo se non lo si vive completamente.
Se all’improvviso si svegliano un certo numero di cellule nervose del cervello esse potranno finalmente vivere, destandosi dallo stato di letargo nel quale le abbiamo confinate.
La mattina, appena ci alziamo dal letto, possiamo partire dal semplice spazzolarci i denti con la mano che di solito non si usa.
Ricordiamoci che non ci sono gesti sbagliati, goffi, e neanche giusti e perfetti, perché tutti i movimenti hanno significati e sviluppi imprevedibili.
La lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”, (è un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione), produco il mio
Parlando della pallacanestro di area FIBA si possano individuare alcuni turning points, ovvero alcuni cambiamenti regolamentari che hanno notevolmente cambiato il GIOCO.
La conseguenza è che ne sono state modificati gli approcci tecnici e tattici delle varie squadre e giocatori, nonché le strategie nella costruzione delle squadre.
Vediamo…
…quali sono, a mio avviso, quelli più determinanti.
Le modifiche nel tempo
1984 introduzione del tiro da 3 punti;
2004 il passaggio per i campionati FIBA dalla regola dei 30 secondi a quella dei 24 secondi.
Infatti, mentre in NBA, dopo un primo periodo in cui non vi erano limiti di tempo per concludere un’azione di attacco, nella stagione 1954/55 si decise immediatamente per i 24 secondi.
Nei paesi Europei, ma più in generale in quelli di area FIBA, ci fu prima il limite dei 30 secondi per poi adeguarsi alla regola NBA;
2010 arretramento linea dei tre punti alla distanza di 6,75 mt e modifica delle dimensioni dell’area dei 3 secondi;
2014 reset del cronometro a 14 secondi dopo un rimbalzo offensivo;
2018 l’introduzione del concetto “passo zero”
ovvero la possibilità di compiere, in determinate circostanze, un passo senza mettere la palla a terra che non rientri nel conto per il fischio della violazione di passi.
Tralasciando per ora, ne parleremo magari nei prossimi articoli, i significativi effetti degli altri cambiamenti regolamentari (alla lista precedente aggiungerei anche l’introduzione dello “SMILE”).
Le conseguenze del cambiamento del limite di tempo
In queste righe vorrei sottolineare come il cambiamento del limite di tempo per l’azione offensiva abbia influenzato a tal punto la pallacanestro “moderna” da pensare ad un vero e proprio spartiacque!
Le conseguenze sono state diverse e di grande impatto.
Parto proprio da quest’ultimo aspetto per condividere con voi alcune mie riflessioni.
La mia passione per questo sport è nata ben prima del 2004, quando le squadre erano composte da un quintetto base ben definito ed una panchina in cui era facile identificare il sesto uomo.
Quest’ultimo poteva tranquillamente far parte dello starting five, ma uscendo dal “pino” aveva un impatto sulla partita ancora maggiore tale da cambiarla.
Il resto dei panchinari (il roster era di 10 giocatori) era soprattuto giocatori di ruolo (Role Player) con compiti ben specifici, spesso con mansioni chiaramente difensive, con l’obiettivo di far rifiatare il titolare e di supporto anche morale per i primi cinque.
In seguito l’evoluzione della pallacanestro ha influenzato la costruzione del roster.
Con la riduzione di ben 6 secondi per concludere un attacco, si è visto notevolmente velocizzare il gioco con una diminuzione dei tempi di esecuzione sia fisici che mentali, tale da richiedere sforzi più intensi con conseguenti riposi brevi ma più frequenti.
Ecco la necessità di avere 12 giocatori, ma soprattutto aumentare le cosiddette rotazioni e avere un maggior apporto dai giocatori definiti rincalzi.
Nasce anche una vera e propria nuova definizione, quella di “SECOND UNIT”, cioè quintetti che iniziano la partita subentrando, ma che hanno la possibilità di giocare diversi minuti e quindi essere determinanti.
Ovviamente parte tutto da un concetto di tempo ridotto, ma non è solo una questione fisica:
non invadendo competenze altrui, non credo di essere smentito dicendo che i lavori di endurance in pres-season sono stati sempre di più sostituiti da lavori più intensi e anaerobici e da una maggiore attenzione allo sviluppo della resistenza veloce.
Infatti essendo uno sport di situazioni, l’aspetto tecnico ha risentito in maniera importante di questo cambiamento.
Analizziamo più nel dettaglio alcuni effetti
COSTRUZIONE GIOCATORI
In giro per i campi europei, a tutti i livelli, si vedono sempre più dei veri atleti.
Giocatori che potrebbero competere in qualsiasi disciplina di atletica leggera per le loro capacità anche purtroppo a scapito di una tecnica e una conoscenza dei fondamentali non precisa.
Questo è il vero obiettivo dei nostri settori giovanili, ovvero formare giocatori che sappiano abbinare a doti fisiche e atletiche di primo livello una tecnica altrettanto eccellente.
Come?
Prima insegnando in maniera precisa il gesto, aumentando solo in seguito la velocità di esecuzione e di pensiero!
E’ fondamentale avere una tecnica che ci permetta di avere un rilascio della palla efficace ed efficiente, con la palla che esce dalle mani con la giusta rotazione e parabola, con la corretta coordinazione piedi, gambe, braccia e mani.
Ciò è possibile con ripetizioni e una metodologia di allenamento che gli allenatori ben conoscono.
E’ necessario, però, che, una volta acquisita la tecnica, essa venga eseguita in tempi rapidissimi.
Quanto tempo ha il giocatore per eseguire un tiro prima di essere ostacolato?
E quanto per mettere i piedi “a posto”?
Quanti tiri sono effettivamente liberi o senza la pressione del difensore?
Quanto tempo ha per decidere il tipo di tiro da effettuare in relazione alla situazione di gioco?
Pochissimo, sicuramente molto meno di quanto ne aveva con i 30 secondi a disposizione per concludere l’azione d’attacco.
Sicuramente ha meno libertà di movimento dovendo affrontare difese più atletiche che riempiono gli spazi molto più velocemente. (Basti pensare ai “CLOSE OUT”).
GIOCHI OFFENSIVI
Prima della variazione regolamentare era norma sviluppare giochi d’attacco nei cui primi secondi c’era soprattutto un movimento di palla non sempre accompagnato da quello dei giocatori, o comunque non tale da creare un vantaggio immediato da poter sfruttare andando a canestro o concludendo.
Il vero pericolo per le difese infatti arrivava negli ultimi secondi dell’azione
Con i 24 secondi c’è stato uno sviluppo di set offensivi che dai primissimi istanti dell’azione permettono di mettere sotto pressione la difesa (concretizzare i vantaggi).
Alcuni consentono di raggiungere una conclusione dopo un solo passaggio e un movimento di un solo giocatore (si vedono sempre più isolamenti), altri hanno obiettivi chiari ed immediati che coinvolgono non tutti gli attaccanti (pensiamo a come nascono diversi pick&roll centrali).
Così come, (per necessità o per “pigrizia” di noi allenatori?), non è inusuale avere diverse chiamate dello stesso gioco a secondo del giocatore che vogliamo coinvolgere limitando, così, al minimo il tempo di esecuzione, ma anche la capacità di scelta dei nostri atleti.
Scelte che potrebbero rallentare l’esecuzione del gioco, con la conseguenza in questo caso, personale considerazione, di un impoverimento della qualità dell’attacco e del giocatore stesso.
Con un attacco pericoloso già nei primi secondi, con una ricerca sempre maggiore di attaccare in contropiede, attraverso anche transizioni offensive sempre più efficaci, è fondamentale avere giocatori in grado di passare da una fase all’altra immediatamente.
Da qui l’attenzione per le transizioni difensive e per costruire una mentalità difensiva che non sia passiva, ma anzi permetta di aggredire l’attacco nei primissimi metri del campo (con difese tutto campo, raddoppi, blitz sulla palla…)
In particolare le qualità atletiche di ormai tutti i giocatori, indipendentemente dai ruoli, e i meno secondi a disposizione dell’attacco, permettono di utilizzare cambi difensivi anche tra diversi ruoli.
Molto efficaci per spezzare il flusso in attacco e costringerlo a soluzioni rapide e meno efficaci, condizionato anche dalla SHOT CLOCK VIOLATION.
Le cosiddette SPECIAL PLAYS
Per le scelte difensive dette in precedenze, ma anche per gli ulteriori cambiamenti regolamentari (pensiamo il reset ai 14 secondi), non possono mancare nel playbook delle varie squadre quelle situazioni a gioco rotto o quelle rimesse, sia laterali che da fondo, per la ricerca di una conclusione veloce.
Ciò ha permesso una notevole specializzazione per queste chiamate “speciali”.
Conslusione
Il basket per sua natura e per come è stato ideato, è sempre incline ai cambiamenti, avvicinandosi a quelle che sono le richieste di modernità.
Si può tranquillamente affermare che sia uno sport “progressista”.
Così come lo devono essere tutti i suoi attori protagonisti, pronti ad adeguare la propria metodologia di lavoro, come abbiamo visto, sia dal punto di vista atletico che tecnico (non tralasciando il lavoro degli arbitri, a cui è richiesto di adattarsi ad un gioco più veloce e con più contatti).
In particolare con l’introduzione dei 24 secondi, il gioco ne ha sicuramente guadagnato in spettacolarità.
Sicuramente risulta essere più moderno e fruibile per un pubblico sempre più alla ricerca della giocata spettacolare e poco amante dei tempi morti.
la velocità di esecuzione del gesto motorio (accelerazione)
a cui va aggiunta l’analisi degli angoli articolari del gesto stesso e lo spostamento ottenuto.
L’identificazione del massimale è un preciso riferimento della quantità di forza esprimibile in un determinato movimento monoarticolare, multiarticolare o di un determinato gruppo muscolare.
Allenare la forza
L’allenamento della forza è importante per migliorare le prestazioni, per raggiungere equilibrio nelle riabilitazioni e riatletizzazioni ed è in grado di contrastare efficacemente la perdita di massa muscolare producendo risposte anaboliche di adattamento non ottenibili con gli allenamenti aerobici .
Stimola, inoltre, la capacità neuro-motoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari e questo consente sia un miglioramento dell’output muscolare di forza, sia d’intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di denervazione.
L’inattività con il passare degli anni aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilita i fenomeni di denervazione conducendo i soggetti a un più rapido declino delle abilità motorie.
Gli allenamenti della forza negli anziani e nei soggetti affetti da sindrome metabolica possono essere eseguiti in totale sicurezza.
Se ben programmati e attraverso stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di massa muscolare e di forza comparabili con quelli ottenibili negli individui più giovani.
La valutazione
La valutazione della forza è indispensiabile al fine di poter eseguire un corretto approccio dell’allenamento basato su principi scientifici.
Una corretta valutazione dei livelli di forza permetterà di elaborare un programma terapeutico e motorio personalizzato che consentirà di migliorare:
di rallentare, entro certi limiti, alcuni processi degenerativi legati all’invecchiamento e alle patologie
La valutazione della forza clinico-funzionale
La valutazione della forza clininico – funzionale è di fondamentale importanza per identificare l’attitudine di un soggetto e per il monitoraggio degli adattamenti fisiologici all’esercizio fisico mettendo in evidenza le aree che necessitano di intervento e le modalità più idonee per attuarlo permette inoltre di impostare i giusti carichi di lavoro .
La coordinazione è importante soprattutto nella valutazione della forza dinamica massimale ed essa sarà sempre legata ad uno specifico movimento perché in parte la forza è un’abilità.
Per questo quando si valuta un movimento va sempre presa in considerazione sia la parte quantitativa (il valore numerico estratto dalla prova) che quella qualitativa (la correttezza del gesto).
Se si elimina dalla valutazione l’attenzione alla correttezza tecnica del gesto si rischia di rendere la prova non valida e inoltre si espone la persona ad infortuni anche gravi.
Cos’è indispensabile per i test (obiettivo – soggetto – test)
una conoscenza approfondita del gesto ed esperienza nell’applicazione del test
una corretta valutazione della relazione
una capacità di osservazione delle fasi dell’esecuzione
una corretta interpretazione dei dati
un corretto incrocio dei dati con gli altri test
I test devono analizzare le condizioni di partenza e in itinere.
Per avere efficacia devono essere:
ATTENDIBILI
riprodurre ciò che misurano,
VALIDI
rispettare il significato predittivo scopo
OBIETTIVI
operatori diversi risultati analoghi
RIPRODUCIBILI
misurare stessa cosa e condizione
SPECIFICI
soggetto e tipo attività
TECNICI
mantenere costanti le variabili
Questo è il motivo perchè devono essere effettuati da professionisti che hanno esperienza nell’analisi tecnica del gesto proposto, nella capacità di osservazione delle dinamiche di esecuzione del gesto nonche’ di eventuali compensazioni che potrebbero inficiare il risultato finale.
Le regole per una buona valutazione sono semplici:
Sapere cosa valutare
Scegliere il metodo (test) giusto per la valutazione
Scegliere il mezzo (esercizio) giusto per la valutazione
archiviare i risultati
riassumerli sotto forma di grafici per avere una visione d’insieme dei progressi ottenuti
La forza massima, si esprime quando si muove un carico, il più alto possibile, senza limitazioni di tempo e senza la possibilità di modularne la velocità di spostamento.
Quella esplosiva, anche se in modo improprio, si può definire come la capacità del sistema neuromuscolare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile, in modo da imprimere al carico da spostare la maggior velocità possibile.
L‘ esplosivo-elastica, si esprime quando si vuole muovere un carico il più velocemente possibile e il movimento inizia con una fase eccentrica alla quale segue immediatamente quella concentrica
La forza esplosivo-elastico-riflessa, come quella elastica, si esprime in un doppio ciclo stiramento-accorciamento, ma in questo caso di ampiezza limitata e di velocità particolarmente elevata.
La resistenza alla forza veloce non è altro che la capacità di esprimere elevati sviluppi di forza esplosiva ripetuti per tempo relativamente lungo
La resistenza muscolare è la capacità del muscolo di produrre bassi sviluppi di forza prolungati per lungo tempo.
La valutazione può essere in condizione di:
Forza espressa in situazione statica
Forza espressa in situazione dinamica – con o senza carico
I metodi di valutazione della forza:
manuali TMM (test muscolare manuale)
pratici in palestra a corpo libero o con uso di pesi liberi e macchine
strumentali basati sui dinamometri , cella di carico, accelerometro, sistemi optoelettronici, videografici, handgrip, pedane
Il presupposto di ogni controllo efficace dell’allenamento è quello di disporre di valori affidabili di test (Bartonietz 1992) :
Valutazione funzionale + Pianificazione dell’allenamento = CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO
La creatività, per il pediatra e psicoanalista britannico Donald Woods Winnicott, è “energia fondamentale e di base che guida lo sviluppo di una persona”.
E’ una potenzialità di tutti e quindi una meta per tutti.
Ognuno ha un potenziale creativo che può essere risvegliato con gli stimoli adeguati e nell’ambiente giusto.
Albert Einstein affermava che per arrivare alla soluzione di un problema si deve cambiare il modo di pensarlo.
Relazione stretta tra corpo, movimento e creatività.
Chi crea, chi si muove, si mette in azione e questo lo fa stare in contatto con il suo mondo interiore procurandogli gioia e consapevolezza.
E’ molto difficile dire con precisione che cos’è la creatività ed in quale parte del cervello risiede.
Ogni studioso, in base all’indirizzo scientifico seguito, dà un’interpretazione diversa, per cui la ricerca è ancora aperta.
Un punto su cui i teorici sono però d’accordo è che la creatività è una delle qualità più importanti dell’essere umano.
E’ lo slancio vitale che ci permette di esprimerci in mille modi diversi, senza di essa, la persona non potrebbe esplorare il mondo nelle pienezza delle proprie possibilità, ma sarebbe dominato:
che porterebbero inevitabilmente alla morte della soggettività.
Un individuo creativo è colui il quale dà un’impronta personale alla propria vita, inserito nel mondo lo capisce, si adatta ad esso ed è in grado di modificarlo.
Ognuno può lasciare la propria traccia perché tutti siamo persone creative, ogni soggetto è portatore di novità:
Nello specifico
La creatività è un’attività molto complessa che è determinata dall’attivazione simultanea di tante aree, può partire:
da un pensiero
da uno stimolo esterno
da una sensazione
da un’intuizione
da un movimento
da un’emozione
che non possono mai essere completamente separati.
La sua unicità sta proprio nella pluralità dei circuiti nervosi intimamente connessi.
Le aree cerebrali coinvolte sono numerose con una maggiore prevalenza di quelle dell’emisfero destro che è pieno di cellule nervose emotive, intuitive e con talento artistico che vivono per strada suonando, dipingendo, scolpendo ed inventando giorno per giorno un modo di vivere.
L’emisfero sinistro ricco di neuroni bravi in matematica, che parlano e ragionano logicamente, calcolando tutto, ha un preciso ruolo nei processi creativi.
Il corpo calloso è il ponte di collegamento tra i due emisferi che quindi, sostanzialmente, non sono separati.
Conclusione
Immaginare due cervelli divisi ognuno con una sua precisa funzione è quindi sbagliato perché attraverso la tangenziale del corpo calloso a doppio senso e ad otto corsie viaggiano tutte le informazioni possibili.
Lo scambio di notizie, i collegamenti, con i nuclei diencefalici e con il sistema limbico sono talmente continui e frequenti che alla fine non si ha più una reale separazione tra il razionale e l’artistico, tra l’emozione e il pensiero, tra i movimenti divergenti e convergenti.
I due emisferi in realtà fanno parte di un unico grande raccordo.
Nell’articolo precedente ho trattato quella parte del lavoro di noi allenatori che riguarda la diffusione e la condivisione dei giochi avversari, le varie modalità in cui avvengono, gli obiettivi che ci prefiggiamo di ottenere e la collocazione temporale all’interno di una settimana lavorativa.
In questo nuovo contributo vorrei porre l’attenzione, invece, sull’importanza che assumono le caratteristiche individuali dei giocatori avversari.
Individual skills / Stats
Buona parte, infatti, delle informazioni degli avversari che lo staff tecnico trasmette alla propria squadra, riguardano le cosiddette individual skills accompagnate dalle “stats”.
Le prime rappresentano non solo ciò che il giocatore “sa fare”:
quindi i suoi pregi e i suoi difetti dal punto di vista tecnico;
il suo ruolo tattico
“ma anche”:
ciò che egli rappresenta per la propria squadra;
se è un punto di riferimento in attacco o in difesa;
Ovviamente la visione delle partite è altrettanto importante come quando bisogna redigere il playbook della squadra avversaria ed è facilmente intuibile che, in questo caso, il numero delle partite visionate è di fondamentale importanza.
Poche potrebbero dare false indicazioni (fake news), mentre un numero adeguato ci permette di avere maggiore certezza nello scegliere cosa condividere con i propri atleti dei futuri avversari.
Spesso gioca un aspetto fondamentale la conoscenza diretta del giocatore e, se non è possibile riscontrarla all’interno dello staff, ecco che ritornano d’aiuto le telefonate fatte, magari, in passato con altri colleghi che ci permettono di aggiungere anche delle note caratteriali al profilo dell’avversario.
Le seconde, ovvero le statistiche, nel basket moderno acquistano anno dopo anno, stagione dopo stagione, sempre più rilevanza.
Esse sono, non solo di supporto al giudizio circa l’efficacia, ma, grazie ai dati numerosi ed approfonditi che siamo mi grado di ricavare dai vari siti specializzati, anche indicative circa le abitudini dei singoli giocatori.
Esempio
oggi di un avversario possiamo sapere, con un’elevata accuratezza:
quante volte attacca il ferro con la mano destra;
quante con la sinistra;
in che percentuale utilizza quel tipo di conclusione
se è in uscita dal lato destro piuttosto che sinistro
cosa fa dopo un blocco
cosa preferisce fare negli ultimi secondi dell’azione e così via!
Tutto merito della famosa arte di scoutizzare una partita.
Vi sono colleghi all’interno degli staff tecnici che si sono specializzati in questo compito.
Il report
Ritorniamo ora al materiale che si sceglie di condividere con la propria squadra.
Come per i giochi avversari, non c’è una regola valida per tutti e per tutte le situazioni.
Nell’organizzare le informazioni da trasmettere alla squadra parto da una quasi certezza:
la prima voce del report che i giocatori vanno a guardare sono le stats degli avversari, in particolare dei giocatori che immaginano di dover marcare!
Ed è questo il motivo per cui è fondamentale la scelta e la modalità dei “numeri” che si propongono.
Essi devono essere di supporto e non dare cattive indicazioni, meglio non fornirli se non siamo sicuri di ciò che evidenziamo!
Dobbiamo avere chiaro in mente il messaggio che vogliamo condividere e l’obiettivo che vogliamo raggiungere.
Inutile sottolineare le buone percentuali di un giocatore da tre punti
se i suoi tentativi non sono significativi
Al contrario, è un errore non mettere in guardia sulla pericolosità di un tiratore che in carriera ha avuto sempre alte percentuali
magari meno fino a quel punto della stagione e quindi riportare anche i dati delle altre annate oltre a quella attuale.
Il sapere quali sono le soluzioni più efficaci a seguito di un preciso movimento o di uno schema, hanno più valenza di una “fredda” media aritmetica.
Il tutto deve essere coerente con le indicazioni che diamo per presentare le caratteristiche di un giocatore avversario e con le immagini che nelle varie riunioni presentiamo alla squadra.
non credo sia un messaggio chiaro riportare clip in cui un giocatore mostra una skill che statisticamente non è un dato significativo.
Organizzazione del report
Le indicazioni scritte preferisco siano dei flash, molto sintetiche, in stile linguaggio sms, devono catturare l’attenzione di una generazione abituata a vedere video più che leggere.
Le clips devono essere mirate, di ogni singolo giocatore.
Devono:
mostrare le caratteristiche principali, legate alle statistiche;
più brevi possibile
giusto il tempo d’ individuare il giocatore e di capire in che contesto tecnico e tattico si sviluppano;
mostrare anche i punti deboli
che messaggio diamo alla squadra se mostriamo solo canestri di un avversario?!.
Influenza della categoria del campionato
In un campionato di medio livello troveremo giocatori con qualità e difetti ben riconoscibili su cui speculare e dove la conoscenza specifica di ogni avversario può veramente fare la differenza e indirizzare il risultato di una partita.
Diverso il discorso quando il livello sale.
In questo caso dovremo confrontarci con giocatori dal talento elevato con un bagaglio tecnico importante e completo, magari roster molto lunghi e con infinite possibilità.
Nel primo caso credo che il tempo da dedicare al trasferimento delle informazioni individuali debba coprire una fetta importante del lavoro di uno staff.
Credo sia importante coinvolgere i singoli giocatori informandoli il prima possibile dei propri diretti avversari, farlo nei primissimi giorni della settimana dedicati alla squadra avversaria, anche prima dei riferimenti agli schemi.
Nel secondo caso, invece, si parla di limitare la pericolosità di un avversario, magari necessita di un lavoro di squadra piuttosto che singolo, non si parlerà più di speculare sui difetti, ma bensì di accorgimenti tattici, di una difesa di squadra e quindi di collaborazioni.
É opportuno, quindi, informare e coinvolgere tutta la squadra, operare delle scelte di cui siano consapevoli tutti i giocatori dedicandovi del tempo sul campo importante.
Conclusione
In ogni caso, alla base di qualsiasi ragionamento e programmazione, non bisogna mai dimenticare che la pallacanestro è un Gioco di squadra, per il sottoscritto la più alta espressione.
Quando smetteremo di parlare di sport femminile e inizieremo a riconoscere le donne al pari degli uomini anche nello sport, allora si potrà cambiare il tono della domanda.
Lo sport è per tutti ed è di tutti: maschi e femmine, ma è solo un miraggio in Italia!
Nel mondo dello sport italiano ci sono discipline considerate appannaggio esclusivo degli uomini o delle donne…
In questo Report il 38,5 % degli uomini pratica il calcio contro l’1,2 % delle donne, il 16,8 % delle donne pratica danza contro il 2 % degli uomini, il 4% degli uomini pratica il volley rispetto all’85% delle donne e così di seguito.
Un lavoro del Centro Studi di C.O.N.I. Servizi del 2017, relativo alle caratteristiche demografiche degli atleti e degli Operatori delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate, evidenzia elementi di fortissima differenziazione di genere:
le atlete donne erano il 28,2 % contro il 71,8 degli atleti maschi (su 4,7 milioni di tesserati complessivi);
tra gli Operatori Sportivi (Istruttori, Allenatori, Dirigenti), 4 su 5 erano di sesso maschile (80,2 % Allenatori, Istruttori, Direttori Sportivi, 81,8 % Ufficiali di Gara e Arbitri, 87,6 % Dirigenti Federali e 84,6 % Dirigenti Societari).
Questi sono i dati ufficiali del 2017, ma nel 2020 i risultati sono diversi, è aumentata la percentuale delle atlete donne nel calcio, nello sci, nel rugby, ecc., sono aumentate le donne “coach”, le donne “Dirigenti”, insomma è cresciuto il numero delle donne al timone del comando!
Ma non esiste ancora parità!
La storia dello sport della donna, infatti, non è stata ancora scritta in Italia in maniera compiuta.
Un po’ perché la storia dello sport, in generale, si è sempre occupata di questo fenomeno dal punto di vista maschile, ma anche perché la storia dello sport femminile è stata finora circoscritta, avendo considerato le vicende di qualche atleta illustre, o di qualche disciplina, o di qualche episodio eclatante, senza una visione d’insieme.
È anche mancato il materiale su cui indagare, perché la donna, solo di recente, ha avuto una propria storia, relegata però in quella del costume.
Infine non bisogna dimenticare il contesto in cui ha vissuto per secoli la donna nel nostro Paese, soggetta a pregiudizi di tipo culturale di difficile superamento, condizionata, come negli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dalle sue prerogative di madre e sposa, prerogative che la hanno relegata ad un ruolo secondario della vita civile.
Però all’estero la situazione è migliore, sia perché sono più avanzati gli studi di storia dello sport in generale, sia perché questo fenomeno è entrato nella cultura comune e nel modo di vita quotidiano.
Ora però anche in Italia qualcosa sta cambiando, la dimostrazione è che la bi-campionessa olimpica di ciclismo Antonella Bellutti si presenterà come sfidante di Giovanni Malagò alle prossime elezioni per la presidenza del CONI
Nel lavoro
Nel lavoro esiste la parità dei sessi?
Quando smetteremo di parlare di lavoro “al femminile” e inizieremo a riconoscere le donne al pari degli uomini anche nel lavoro, allora si potrà cambiare il tono della domanda.
Il lavoro è per tutti ed è di tutti: maschi e femmine, ma è solo un miraggio in Italia!
Le donne hanno il 25% in meno di diritti sul lavoro rispetto agli uomini, così afferma il nuovo rapporto “Women, business and the law 2019”, pubblicato dalla Banca Mondiale, nel quale si prendono in considerazione le decisioni economiche e legislative che i Paesi hanno intrapreso negli ultimi 10 anni per migliorare la situazione delle donne nel contesto lavorativo.
La media mondiale è intorno ai 74 punti: in pratica le donne ricevono un quarto in meno di diritti sul lavoro rispetto agli uomini.
Nel 2018 ci sono sei Paesi che hanno raggiunto il punteggio di 100 nel rapporto della Banca Mondiale:
Belgio
Danimarca
Francia
Lettonia
Lussemburgo
Svezia
Nel 2020 il numero dei Paesi che ha raggiunto il punteggio di 100 è aumentato specialmente nel nord Europa e nel nord America.
Dando uno sguardo in generale alla situazione, si può notare un progresso dal punto di vista del “gender equality” ma esistono diversi Paesi, soprattutto in Africa e Medio Oriente, che non raggiungono nemmeno la metà del punteggio massimo.
Secondo il rapporto, le donne iniziano la propria carriera lavorativa più tardi degli uomini e a 25 anni e la scelta del lavoro per loro è condizionata da tre fattori principali:
la sicurezza economica;
la possibilità di crescita;
l’equilibrio tra il lavoro e la vita privata.
Le politiche economiche di ogni Paese sono state analizzate attraverso alcuni indicatori che prendono in considerazione ogni fase della vita lavorativa della donna:
i vincoli sulla libertà di movimento (sia la possibilità di andare concretamente al lavoro, sia la capacità di viaggiare);
la valutazione delle leggi e degli strumenti che permettono alle donne di entrare nel mondo del lavoro.
il matrimonio;
la maternità;
la posizione pensionistica delle donne.
L’Italia, in questo contesto ha un punteggio mediamente alto, stabilizzatosi da 4-5 anni al 94,38.
Ma non esiste ancora parità!
L’importanza del ruolo della donna nel mondo del lavoro sembra un fatto ormai pacificamente riconosciuto.
Numerosi sono gli studi che dimostrano come il ruolo femminile, sia in ambito lavorativo, economico, finanziario, sociale e sportivo, abbia un impatto significativo sullo sviluppo e sulla crescita di un Paese.
In Italia l’impianto normativo esistente sembra garantire una sostanziale parità giuridica per quanto riguarda le regole di accesso al lavoro unitamente alle regole di svolgimento dello stesso e da tempo ci si muove in un’ottica di progressiva eliminazione delle discriminazioni fondate sul genere.
Da lungo tempo si combatte contro le disparità tuttora riscontrabili nella pratica e contro il fenomeno della scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Disparità sovente riscontrabili in quei contesti ove, a parità di tutele normative, permangono notevoli differenze tra uomini e donne a livello di prospettive di carriera, di qualificazione professionale, di formazione imprenditoriale, di parità di retribuzione.
Tali disparità consentono, purtroppo, di affermare che il cammino sinora percorso è stato contrassegnato da numerosi successi, ma che la strada da percorrere è ancora lunga.
Occorre quindi adottare ulteriori, nuovi e diversi strumenti per superare, nei fatti, effettive disuguaglianze.
E’ infatti indispensabile che nell’ambito di una collettività si lavori tutti insieme, sia sotto il profilo dei cambiamenti culturali, economici e sportivi, sia sotto il profilo dei cambiamenti materiali.
I cambiamenti di breve respiro, sovente tamponano soltanto un’emergenza, quelli più duraturi si possono realizzare solo con il contributo di tutte e di tutti.
Arriveremo in tempi brevi alla parità tra uomini e donne nello sport e nel mondo del lavoro?
“Proprio giorni fa il Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora ha assicurato che a gennaio 2021 il professionismo dello sport femminile sarà legge. Potrebbe essere una svolta importante che rivoluzionerebbe il mondo dello sport anche se conosciamo tutti i tempi e gli imprevisti della politica.
Ad ogni modo in un momento così difficile e confuso per lo sport in generale si comincia ad intravedere una piccola speranza”.
La parità di genere è strettamente legata alla giustizia sociale e rappresenta uno degli Obietti cardine dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.
Il percorso è molto emozionante, soprattutto quando si arriva ai gemelli ipotalamo dove si rivivono come in un caleidoscopio, tutte le azioni legate ad un sospiro.
In questa zona è consigliato procedere lentamente soprattutto per chi ha problemi cardiaci.
I sistemi sensoriali trasformano l’energia fisica in informazione nervosa.
Percorrendo la via sensitiva arriveremo in un’area centrale di intenso traffico, il talamo, dove dobbiamo necessariamente rallentare, ci saranno grossi ingorghi, bisogna avere pazienza!
Al talamo arrivano tutte le informazioni provenienti dai nervi sensoriali per essere filtrate, lasciando passare, dopo un attento controllo dei documenti, solo quelle ritenute più importanti da inviare alla corteccia cerebrale.
Il talamo è un guardiano selettivo, non permette inutili intasamenti.
Le sensazioni non in regola, che non interessano, vengono bloccate.
In una notte d’estate in campagna, dopo i primi minuti, non passerà più il ripetuto concerto delle cicale a meno che non si trasformino in coleotteri (beatles) per intonare un pezzo rock.
Questa attenzione selettiva è importante perché il cervello non può seguire contemporaneamente più cose, per cui è necessario un controllo a monte.
Il passaggio in ogni istante di tutte le sensazioni non ci permetterebbe mai di riposare, gli stimoli sensoriali sarebbero troppi e incontrollabili.
Una volta che le sensazioni giungono alla corteccia cerebrale, vengono catalogate dopo vari confronti e associazioni.
Se per un motivo o per un altro si chiude una finestra, le altre diventano progressivamente più ampie, l’aumento di dimensione fa arrivare maggiori informazioni alla stazione terminale della corteccia cerebrale che è in grado, così, di organizzare risposte adeguate.
I bambini ciechi sviluppano un raffinato adattamento allargando il senso del tatto, l’aptica è la loro straordinaria capacità di sentire le cose toccandole.
Con questa forma di adattamento i nostri sensi operano una sorta di sostituzione che determina un nuovo equilibrio. Non è la stessa cosa di quando tutte e cinque le finestre sono aperte, ma l’adeguamento permette comunque di leggere la realtà esterna e di rapportarsi adeguatamente ad essa.
I cinque sensi ogni anno si riuniscono per decidere a chi affidare il governo dello stato sensoriale; fino ad oggi il talamo è stato sempre eletto a pieni voti, svolge talmente bene il suo lavoro, con ordine e precisione, che non ha avuto antagonisti.
Secondo alcune fonti spionistiche, ancora poco attendibili, ci sono altri sensi, il sesto e il settimo, di cui non è stata accertata la localizzazione precisa, che vorrebbero ordire un colpo di stato, ma per ora regna la pace dei sensi.
Itinerario motorio
Questo itinerario è adatto ai tipi dinamici, che non stanno mai fermi.
E’ consigliato procedere in fretta per ogni sua tappa, in quanto non ci sono limiti di velocità.
I sistemi motori trasformano l’informazione nervosa in energia fisica.
Per attraversare la fibra nervosa che ti porta all’area cerebrale motoria si deve pagare il pedaggio ad un casellante molto nervoso: il motoneurone, il più irascibile, è quello di tipo alfa, se non hai già pronti gli spiccioli ti trasmette un impulso talmente forte che ti può far sbandare.
L’azione del grande e nevrotico alfa è bilanciata dai motoneuroni gamma che danno informazioni sulla lunghezza delle fibre muscolari.
Un impeto forte che porterebbe ad uno stiramento del muscolo fino alla rottura, viene così ridimensionato.
Il motoneurone che regola l’equilibrio della contrazione e della decontrazione è quello di tipo beta, di grandezza intermedia: bilancia l’impulso degli alfa ed il controllo dei gamma.
L’itinerario motorio è misterioso e vario, adatto ai tipi avventurosi, dalla sua esplorazione possono avviarsi nuovi e imprevedibili movimenti per cui è bene allacciarsi la cintura di sicurezza.
I motoneuroni innervano i singoli muscoli e sono disposti in pool, i pool motoneuronali, veri e propri nuclei motori.
Ogni movimento si realizza sempre in squadra.
Nei circuiti motori più semplici, come nei riflessi spinali, c’è un neurone sensoriale connesso con un motoneurone, la liberazione di un neurotrasmettitore, l’acetilcolina, genera l’energia grazie alla quale il muscolo si contrae.
Come servizio innovativo della corsa per prevenire infortuni e migliorare le performance
Per una corretta programmazione degli allenamenti di tipo organico è di fondamentale importanza effettuare test incrementali che permettano di identificare il punto ZERO (livello di partenza), ricercando:…
Il test organico combinato, con esame dinamico baropodometrico al tapis roulant, permette di ottenere una valutazione simultanea dei parametri fisiologici:
e valutare i possibili problemi che potrebbero sorgere quando si cammina e/o corre .
Dopo un’attenta anamnesi personale, un analisi degli sport praticati, dei traumi subiti e le operazioni alle articolazioni a cui si è stati sottoposti, si prosegue con la valutazione:
posturale attraverso test specifici di allineamento;
Successivamente viene effettuata una ripresa video su un tapis roulant dotato di sensori sensibili alla pressione.
È importante combinare il test organico all’esame baropodometrico sia con sportivi che con amatori e con chiunque effettua attività organica, compreso i bambini.
Il tapis roulant baropodometrico
Il tapis roulant baropodometrico rivestito di sensori sotto il tappeto di camminamento, consente una accurata analisi delle pressioni plantari.
Rileva la distribuzione del carico a terra durante le fasi della camminata e della corsa in condizione di comfort e di incremento di intensità, esaminando come l’apparato locomotore compie ogni singolo movimento nella sua dinamicità.
L’utilizzo di telecamere sincronizzate consente anche una dettagliata valutazione dell’atteggiamento posturale durante il movimento mettendo in evidenza come si sposa il peso, l’appoggio e i tempi di carico durante la camminata.
Si evidenzia la percentuale di appoggio sull’avampiede e sul retropiede ed eventuali casi di pronazione e supinazione.
Finalità del test
Questo test permette di fare delle valutazioni anatomiche e funzionali del piede e di altri distretti corporei ad esso connessi.
una postura errata, ma anche disturbi correlati a patologie organiche e di tipo vascolare.
L’esame si rivela utile prima, dopo e durante la fase riabilitativa.
Il piano di lavoro programmato per l’attività organica, qualsiasi obiettivo si abbia, sottopone le strutture osteomuscolari e articolari a continui sovraccarichi per la ripetitività del gesto atletico;
soprattutto se quest’ultimo non viene eseguito nella maniera corretta o se vengono utilizzate calzature non specifiche.
Se il soggetto non distribuisce in modo corretto il proprio baricentro, le pressioni all’interno del piede e tra un piede e l’altro o se non ha una buona mobilità può provocare danni alle articolazioni.
Il programma seppur basato su test organici precisi sarà del tutto inefficace se non supportato da una corretta analisi baropodometrica, perché può attivare le disfunzioni più comuni di un podista:
L’esame combinato con le altre valutazioni , potrà pertanto fornire elementi importanti riguardo sovraccarichi anatomici e funzionali, idoneità della calzature sportive ed eventualmente delle ortesi plantari testandone l’idoneità.
L’esame baropodometrico eseguito in questa maniera diventa una gait analysis ovvero la valutazione della biomeccanica dell’apparato locomotore.
Conclusioni
Correre con la consapevolezza di farlo nel modo corretto, dal punto di vista della postura e della dinamica, indossando la tipologia di calzatura più idonea, è fondamentale per prevenire gli infortuni e correggere le cause dei propri disturbi.
Tale valutazione ha quindi e soprattutto una funzione preventiva permettendo di poter personalizzare il programma di allenamento, gli esercizi propriocettivi e di stretching dei diversi distretti muscolari in modo funzionale.
In oltre si affina la tecnica, migliorando il passo, evitando lesioni muscolari e osteoarticolari e
Come lo sport, a livello agonistico, può convivere con la scuola.
L’attività motoria rappresenta un elemento fondamentale della crescita psico-fisica dei più piccoli, nonché uno strumento primario per la tutela della salute dei giovani e meno giovani.
Tra i suo tanti benefici, aiuta a dosare l’energia e liberare la fantasia, maturando l’importanza dell’osservare gli altri e ad interagire con le differenze.
Le attività motorie e sportive,…
…in tal senso, possono contribuire allo sviluppo dell’autonomia personale e, parallelamente, alla formazione di una coscienza civica, in grado di influire sugli stili di vita con interventi educativi.
Equilibrio
Durante la mia carriera sportiva ho conosciuto molti ragazzi e ragazze che spesso non riescono a calibrare la propria vita tra la sfera sportiva e quella scolastica.
Sviluppano emozioni contrastanti:
gioia
soddisfazione
entusiasmo
ma anche:
sensi di colpa
di inadeguatezza
autosvalutazione di sé.
Purtroppo, ancora oggi, l’annosa rivalità tra i risultati sportivi e quelli scolastici è all’ordine del giorno.
Non è certo un limite il conseguire risultati in campo sportivo, semmai una risorsa.
Quest’ultima incide molto negli adolescenti che con fatica riescono ad avere fiducia delle proprie potenzialità e credere in se stessi.
Lo sport e la scuola sono le due colonne portanti per la costruzione di un individuo.
Gli ottimi risultati ottenuti da entrambi non possono far altro che accrescere la sua autostima giorno per giorno ma, in egual modo, qualora dovessero presentarsi delle difficoltà, questo potrebbe scaturire una condizione di malessere e di disagio psicologico
Un esempio
Il successo e il fallimento sono i principali elementi che alimentano lo sviluppo del Sé, la formazione dell’ identità personale.
Le ricerche
Numerose ricerche evidenziano che tanti bambini/e e ragazzi/e, che a scuola riportano delle difficoltà più o meno riconosciute, come un disturbo dell’apprendimento oppure la difficoltà di concentrazione, spesso trovano nello sport un aiuto e una sana alternativa che possa agevolarli nel campo scolastico.
Una ricerca del 2014 presso l’Harvard Medical School di Boston, in collaborazione con il Dana-Farber Cancer Institute, ha rilevato che appena il 54% delle scuole prevede lo svolgimento di attività motoria extracurricolare e solo 1 scuola su 3 ha coinvolto i genitori in iniziative favorenti una corretta alimentazione e l’attività motoria.
In termini scientifici, è importante stimolare attraverso la pratica sportiva la sintesi di una molecola neuroprotettiva (irisina) che potenzia le funzioni cognitive.
È una molecola scoperta recentemente prodotta dal muscolo scheletrico durante l’esercizio fisico, spiegando gli effetti positivi dell’esercizio sul metabolismo dell’organismo in toto, che riduce la probabilità dell’insorgenza di malattie metaboliche, quali il diabete mellito, l’obesità e la sindrome metabolica.
Bisogna imparare a non mettere sempre a confronto scuola e sport, ma farle sussistere in un reciproco rapporto di compresenza.
Conclusione
I genitori, attraverso la loro educazione, devono trasmettere questo valore ai loro figli e aiutarli nell’organizzazione della loro giornata, sia scolastica che sportiva, dando un valore equiparato ad entrambe le discipline, senza mai influenzarlo o condizionarlo, bensì guidarlo nelle scelte.
In conclusione, credo che sia necessario stimolare nel ragazzo/a un’idea di “auto-esigenza”, cioè cercare di dare sempre il meglio di sé stessi, sapersi organizzare e, se necessario, fare piccoli sacrifici per raggiungere i propri obiettivi.
In questo modo accresce nel ragazzo la responsabilità delle proprie scelte e avere la maturità necessaria per affrontare le difficoltà, nel caso in cui dovessero presentarsi, senza ricorrere ad alibi morale o l’intervento di un adulto.
L’argomento che il nostro coach, Sergio Luise, tratterà fa parte di un aspetto del lavoro di allenatore professionista che meriterebbe diversi approfondimenti, ognuno dei quali potrebbe essere il principale tema di successivi articoli.
“Si potrebbe, infatti, riflettere sull’effettiva funzionalità di trasmettere ai giocatori i report tecnici della squadra avversaria, cosa trasmettere, quando trasmettere e ovviamente come trasmetterli”.
La mia opinione
A volte si attribuisce troppa importanza, da parte di noi allenatori, alla condivisione con i giocatori di ciò che fanno gli altri.
Già nell’organizzazione della settimana durante la pre-season diverso spazio viene riservato a quelle che noi chiamiamo riunioni tecniche, ovvero, lo sharing di clips, prontamente realizzate dallo staff, alla squadra.
Sono proprio quest’ultime che permettono ai propri giocatori di conoscere il più possibile degli avversari, sia dal punto di vista tecnico che tattico.
Ogni stagione, nel programmare il lavoro settimanale, mi faccio alcune domande:
cosa facciamo vedere alla nostra squadra degli avversari?
In che momento della settimana?
Quanto tempo dedicare a cosa fanno gli altri?
Cosa voglio che memorizzino da utilizzare durante una partita?
Non si hanno risposte univoche
Dipende dal tipo di roster che si ha a disposizione;
Dal livello di conoscenza della pallacanestro dei propri giocatori
(magari una squadra esperta riconosce più facilmente le situazioni di gioco);
dal vissuto insieme della propria squadra
(una squadra nuova ha probabilmente più bisogno di lavorare sulle proprie situazioni).
Ci sarebbe, appunto, da scrivere diversi articoli per esprimere meglio i vari punti di vista!
Idea su come agevolare la memorizzazione delle situazioni di gioco d’attacco della squadra avversaria.
Il grosso del lavoro è ovviamente svolto dallo staff nei giorni precedenti, spesso anche nella settimana precedente, rispetto al momento in cui si decide di esporlo alla squadra.
Dopo aver analizzato diverse partite, si esegue lo scout dei giochi degli avversari, si opera dello screening e si decide cosa proporre.
Normalmente è la seconda parte della settimana il momento in cui vengono trasferite le informazioni, anche se personalmente, preferisco, dalle primissime ore di allenamento, estrapolare un paio di situazioni di attacco degli avversari e lavorarci su
(in questa fase parliamo di lavori a secco, arrivando al massimo al 2 vs 2, senza specificare le chiamate o l’intera esecuzione del gioco!).
In pratica si lavora su PRINCIPI.
Entriamo, ora, nel vivo del trasferimento delle informazioni ai giocatori
Ogni allenatore, ogni staff tecnico, ha un suo modus operandi, per me, come dicevo prima, molto dipende anche dal tipo di squadra che si sta allenando.
Primo momento
Preferisco, a metà settimana, lavorare in maniera analitica (non oltre il 4 vs 4) “spezzettando” i giochi avversari e focalizzando l’attenzione dei miei giocatori solo sul movimento:
Tutti i giocatori proveranno attacco e difesa, mostrando le varie opzioni del set offensivo.
Rinforzeremo le nostre scelte anche facendo riferimento alle caratteristiche individuali degli avversari, dando gli accoppiamenti.
In questo caso si chiederà al giocatore di memorizzare anche la chiamata.
Di quanti giochi?
Avendo lavorato molto per obiettivi durante la settimana non voglio siano troppe le chiamate da ricordare,
preferisco un maggior sforzo circa il riconoscere la situazione di attacco e quindi operare la scelta difensiva allenata!
In ogni caso, dalla prima riunione incentrata sui giochi avversari, si fornisce anche del materiale in cui vengono disegnati i movimenti avversari, oltre a ritrovarli nello spogliatoio affissi nelle varie bacheche.
Conclusione
All’inizio della mia carriera l’unico metodo era distribuire del materiale cartaceo, dove oltre i disegni vi erano anche spiegazioni circa le varie scelte.
Ora si utilizzano applicazioni, software, che permettono lo sharing dei montaggi video (lavoriamo sempre di più con giovani abituati più a vedere che a leggere.. è fondamentale adeguarsi!).
Questa è solo una proposta di lavoro.
Proposta da modellare sulle qualità degli avversari e soprattutto sulle capacità della propria squadra, ma mi piacerebbe, invero,
Lo stato di idratazione è un fattore molto importante, sia per la salute, sia per la prestazione sportiva.
Poiché l’organismo adulto contiene fino al 50-60% d’acqua, tutte le funzioni corporee dipendono dallo stato di idratazione. Infatti, nell’acqua extra- e intra-cellulare sono diluiti e trasportati molti elementi, tra cui grosse molecole e piccoli ioni.
L’acqua è determinante per la regolazione della temperatura corporea, la digestione e il trasporto degli elementi nutrizionali e delle sostanze di rifiuto. Un buono stato di idratazione è basilare per il mantenimento delle cellule, dei tessuti, degli organi, dei sistemi, degli apparati e di tutte le funzioni vitali.
Durante la prestazione sportiva l’organismo viene spinto oltre il limite di normalità. Ciò significa che senza una buona idratazione è impossibile esprimere al massimo le specifiche potenzialità atletiche.
In pratica:
> Stato di Idratazione = > Prestazione > Recupero
< Stato di Idratazione = < Prestazione < Recupero
L’importanza di questa relazione vale soprattutto per:
Discipline ad alta intensità.
Discipline di lunga durata.
Discipline che provocano una sudorazione intensa o soggetti predisposti.
Funzione dell’Acqua e del Sudore
Tralasciando le funzioni vitali esercitate dall’acqua per il corpo umano, soffermiamoci sul ruolo dell’idratazione nella performance sportiva.
Il movimento umano è basato sulla contrazione muscolare; alla fine di questo processo vengono prodotti calore e molecole di rifiuto.
Il trasporto dei nutrienti, dei sali e dei cataboliti si basa sul flusso sanguigno, mentre il calore viene disperso tramite la sudorazione.
Nonostante richiedano entrambi molta acqua, i due processi sono perfettamente in grado di coesistere.
D’altro canto, quando la regolazione termica impegna troppi liquidi, il volume del sangue diminuisce e la funzione di trasporto rimane compromessa lasciando “a secco” i tessuti.
Composizione, Dispersione e Performance
Il sudore è una soluzione idrosalina che contiene prevalentemente acqua, sodio e potassio; in misura inferiore magnesio e cloro. Viene prodotto dalle ghiandole sudoripare a partire dal plasma sanguigno.
La quantità media di sudore dispersa da un organismo in movimento è circa 1,5 litri/ora. D’altro canto, se la temperatura esterna è tale da richiedere un impegno fuori dal comune, l’escrezione può raggiungere i 4-5 litri/ora.
Il sudore non è l’unica via di espulsione dell’acqua; contribuiscono anche la diuresi e (in misura inferiore) la ventilazione polmonare. D’altro canto, il fisico è in grado di reagire alla disidratazione diminuendo la filtrazione renale e aumentando la sete.
La relazione tra perdita di liquidi e prestazione sportiva è molto stretta. Già con una deplezione pari al 2-3% rispetto al peso corporeo avviene un calo importante dei risultati.
Ad esempio, un un uomo adulto che pesa 70kg e perde 1,5-2,0 litri non è in grado di affrontare gli stessi sforzi rispetto al normale.
Migliorare l’Idratazione nello Sport
Non è certo una novità che per contrastare la sudorazione sia necessario bere di più.
In che modo?
Cosa Bere
Specifichiamo fin da subito che le bevande non sono tutte uguali.
Molti credono erroneamente che l’acqua rappresenti la bevanda migliore.
Tale supposizione è facilmente smentibile poiché, come abbiamo già visto, la composizione del sudore è diversa e più ricca rispetto all’acqua.
La bevanda ottimale dovrebbe contenere necessariamente potassio e magnesio.
Può essere prodotta anche a livello casalingo, miscelando vari ingredienti. Tuttavia, in commercio sono disponibili delle ottime formule che contengono tutti i nutrienti più utili.
Certi considerano l’utilizzo degli integratori alimentari idro-salini e/o multi vitaminici un atteggiamento “innaturale”. D’altro canto, analizzando lo sforzo atletico necessario alla maggior parte delle discipline, ci si rende conto che si tratta di attività tutt’altro che naturali (nessuna esclusa).
Gli integratori alimentari non possono certo sostituire una dieta sana ed equilibrata (cibi e bevande), ma consentono di fornire i principi nutrizionali “più critici” senza introdurre altri nutrienti dei quali talvolta non abbiamo bisogno (fibre, molecole antinutrizionali, grassi, proteine, zuccheri ecc).
Inoltre, bisogna considerare un altro fattore importantissimo, cioè il potenziale di assorbimento.
Alcuni pensano che l’acqua sia il liquido più facilmente assorbibile dall’organismo; non è corretto.
Infatti, le mucose assorbono meglio i liquidi a concentrazione isotonica o blandamente ipotonica. Per ottenere questa proprietà sono necessari diversi sali minerali e alcuni carboidrati.
Anche la temperatura è un fattore determinante per l’assorbimento. La bevanda dovrebbe essere molto fresca, facendo attenzione a non esagerare (ghiacciata non va bene!) scongiurando il rischio di crampi addominali, vomito, diarrea ecc.
Quanto Bere?
Può sembrare una banalità ma la risposta è: “né poco, né troppo”.
Bere poco favorisce la disidratazione e bere troppo causa altri problemi altrettanto nocivi.
L’eccesso di liquidi innesca la filtrazione renale. Tale processo richiede l’escrezione di sali minerali, soprattutto sodio e potassio.
Va ricordato che il sodio è generalmente presente in eccesso nella dieta, mentre il potassio in difetto.
Ecco che, nel tentativo di migliorare l’idratazione, bevendo troppa acqua si corre il rischio di peggiorare l’equilibrio salino compromettendo la prestazione sportiva.
Per evitare che ciò accada è sufficiente:
Ascoltare il senso della sete.
Bere poco più del volume di liquido espulso col sudore.
E’ sufficiente praticare una doppia pesata (prima e dopo l’allenamento) per conoscere l’entità della nostra sudorazione e compensarla negli allenamenti futuri.
Prediligere una bevanda idro-salina.
Per fare un esempio, se dopo un allenamento in palestra viene stimata una perdita di sudore pari a 2 litri, è necessario bere almeno 2,5-3,0 litri di liquido. E’ consigliabile che almeno 1/3 venga costituito da una bevanda idro-salina isotonica.
Quando Bere?
Comprendere quale sia il momento più adatto per bere non è semplice. Teoricamente, bisognerebbe prevenire la disidratazione bevendo molto, sia poco prima che durante l’attività. D’altro canto, entrano in gioco molte variabili di tipo soggettivo.
Non tutti sopportano i liquidi nello stomaco mentre praticano sport. Peraltro, le varie discipline possono risultare molto diverse tra loro.
Bere durante un allenamento di trekking è facile, pratico e presenta pochi effetti collaterali. Lo stesso non si può dire del nuoto di fondo o peggio dell’apnea subacquea profonda (durante la quale si trascorre molto tempo a testa in giù).
Immersi nell’acqua, soprattutto a testa in giù (come avviene nell’assetto costante dell’apnea subacquea profonda), avvengono facilmente: reflusso, rigurgito, nausea ecc.
Per evitare i molti inconvenienti del bere durante lo sport è necessario:
Bere a piccoli sorsi.
Prediligere bevande di facile assorbimento.
Evitare indumenti o imbragature scomodi o stretti.
Altre Considerazioni
Concludiamo rammentando che, oltre ai liquidi, l’attività motoria causa perdite anche di:
Nella scelta della bevanda, soprattutto in caso di attività molto intensa, prolungata e con sedute ravvicinate, è consigliabile prediligere un prodotto ricco di tutte le vitamine, potassio, magnesio, maltodestrine e nutrienti antiossidanti.
“Continua la rubrica dedicata ai lettori che decidono di contribuire offrendo a tutta la nostra comunità la propria riflessione, opinione, idea su di un argomento a loro più vicino. Ci delizia con quest’articolo Virginia Abbagnale (ex atleta di canottaggio, insegnante di lettere e filosofia, attualmente giudice di canottaggio)”
Il canottaggio (e non canoa!) ha tante specialità; la più bella, a mio parere, è l’8+.
Quasi 18 metri di lunghezza per 93 kili, otto vogatori con un lungo remo ciascuno e un timoniere. Chiedi ad un tecnico e questo ti risponderà, ma la verità è che l’ammiraglia è molto di più.
Chiunque ha visto questa barca in azione concorderà con me che si tratta di pura magia:
Sbagliato.
Dietro a questa meravigliosa visione ci sono tanto sudore e lavoro.
C’è la fatica fisica.
“Ora dopo ora, giorno dopo giorno, con il sole afoso che crepa il terreno, con il freddo che gli penetra nelle ossa o con la pioggia che lo acceca, il canottiere non conosce riposo né vacanza.
I giorni rossi sul calendario spariscono e, anzi, sono più faticosi dei neri, la sveglia suona all’alba. Senza sosta il nostro eroe corre, rema, fa pesi e remoergometro. I primi minuti sono facili, divertenti, ma poi inizia a mancargli il respiro, boccheggia disperato alla ricerca d’aria. Contrarre i muscoli è doloroso, un incendio che si propaga senza sosta nelle gambe e nelle braccia, un urlo di dolore si fa strada nella gola, la testa lo prega di smetterla con questa follia, lo supplica di fermarsi perché se farà ancora un altro movimento potrebbe frantumarsi in mille pezzi e non riuscire a ricomporsi.”
È qui che entra in gioco la testa.
Da fuori può sembrare che il canottaggio sia solo uno sport di forza e resistenza fisica ma la verità è che per migliorarsi il controllo mentale è imprescindibile. Il corpo umano è creato per assicurarsi la sopravvivenza, per questo quando lo spingiamo ai limiti entra in atto un meccanismo di autoconservazione che lo porta a fermarsi.
Ma il canottiere che vuole migliorarsi non può cedere alla tentazione, al dolce richiamo della sirena che tenta di ammaliarlo, e sessione dopo sessione raggiunge il limite, sopporta il dolore e spinge l’asticella dell’autoconservazione un po’ più in là.
Bene, penserete, ecco allora quali sono gli ingredienti per ottenere la magia. E invece no, ne manca ancora uno; quale?, l’assieme.
Per chi fosse a digiuno di canottaggio, si tratta della parola che si usa quando i vogatori si muovono, appunto, tutti insieme.
Anche in questo caso sembra facile ma non è.
Ogni atleta ha una personalità e un ritmo di palata che lo caratterizza, che fa di lui un individuo unico e irripetibile, ma quando è in barca, soprattutto in un’ammiraglia, bisogna superare l’individualità e otto devono diventare uno.
Non è semplice: finché è in barca, il vogatore deve rinunciare alla parte più spontanea e profonda del suo essere, la deve rinchiudere in un angolino della sua testa e deve affidarsi al suo timoniere. Ripone le sue speranze, la sua forza, le sue paure, tutto se stesso nelle mani del compagno. Ci vuole coraggio, un vero e proprio atto di fede.
Ecco, ora finalmente la ricetta è pronta.
La barca lunga e veloce, gli uomini (e donne!) che si muovono come uno solo, la potenza che si sprigiona ad ogni “Via” del timoniere;
L’effettore finale del movimento è il sistema muscolare, che trova nelle sue unità funzionali, i sarcomeri, i protagonisti del suo accorciamento in toto, spiegabile grazie alla teoria dello scorrimento dei filamenti.
I sarcomeri in quanto singola unità, devono sommarsi tra loro per creare il substrato strutturale motorio.
Deve far riflettere come a partire da un evento “banale” quale lo scorrimento di Actina e Miosina, possa derivare una variabilità gestuale estremamente complessa. Per cui la chiave dell’allenamento o della prevenzione di un evento traumatico, deve orientarsi ad ottimizzare tutto quello che precede e consegue la formazione dei ponti trasversali a livello del muscolo e non concentrarsi sul mero rinforzo locale.
A questo possiamo poi aggiungere la maggiore complessità degli sport situazionali, grazie all’interazione del soggetto in questione con gli eventuali compagni di squadra, con l’avversario/i, con le infinite possibilità di variabili legate al gioco e di tutto ciò che ne consegue.
La sommazione dei sarcomeri, da un punto di vista teorico, si effettua in duplice modalità. La sommazione in serie e la sommazione in parallelo.
Se si considera il comportamento di due sarcomeri e si valuta il risultato complessivo di questi, le caratteristiche del movimento derivato di tale organizzazione sarà peculiare.
La sommazione in parallelo porterà ad un quadro di caratteristiche orientate ad un’espressione di forza maggiore, la sommazione in serie darà vantaggio sulla velocità di accorciamento (1).
La forza che il muscolo può esprimere non dipende esclusivamente dall’attività muscolare “pura”, ma può avere man forte dalle strutture passive perimuscolari.
La forza generata dal tessuto contrattile può esprimersi grazia a una duplice modalità di trasmissione, la quale, può essere di tipo diretto o indiretto.
Per cui possiamo avere (2):
Trasmissione Miotendinea, che si esprime agli estremi del muscolo.
Trasmissione Miofasciale, che può avere luogo lungo tutta la lunghezza del sarcomero.
Considerando il modello dello scorrimento dei filamenti e che a livello tendineo il movimento autorizzato sarà una trazione longitudinale al ventre muscolare, all’interno del ventre stesso le forze in gioco saranno di tipo tridimensionale.
I responsabili strutturali di questo sistema accessorio a quello longitudinale possono essere riconducibili all’Epimisio, Perimisio ed Endomisio. Per cui la forza, oltre che nascere dal sistema esclusivamente attivo, può nascere, grazie alle intime relazioni strutturali, anche dallo stroma connettivale (3).
La forza espressa da un singolo sarcomero dipende dal grado di sovrapposizione dei filamenti di actina e miosina. Essa è maggiore a lunghezze intermedie e tende a diminuire a mano che ci allontana da questa lunghezza ottimale.
Sulla base di questo sistema ausiliario di trasmissione di forza, un antagonista muscolare può essere fondamentale per l’ottimizzazione della produzione di forza da parte un dato muscolo, in quanto elemento di stabilizzazione.
In base a tale discorso si può capire come la forza sia angolo e gesto specifica, e di come più ci si allontani dalle caratteristiche tecniche di riferimento, più sarà difficile che la capacità allenante di un dato esercizio possa essere utile al miglioramento della performance.
Questo potrebbe indurre a far credere che esercizi aspecifici o di isolamento abbiano poco senso nell’ambito degli sport di situazione, ovviamente è un’affermazione che va contestualizzata al livello del soggetto (4).
Più un atleta è specializzato e più sarà preponderante la ricerca di una relativa specificità
Negli atleti evoluti si favorirà sempre più un approccio tendente all’ottimizzazione coordinativa gestuale, più che del miglioramento di parametri fisiologici. La stessa considerazione può essere usata per gli esercizi multiarticolari, nei quali potrebbe esservi uno stimolo eccessivo per determinati distretti ed irrisorio per altri.
Anche in tal caso la risposta va cercata nelle esigenze del singolo tramite una valutazione delle esigenze (5).
Considerare il vissuto dell’individuo, i traumi, infortuni, postura dinamica, caratteristiche trasversali, unitamente alle richieste dello sport praticato, è un primo approccio da considerare come riferimento operativo.
CONCLUSIONI
A partire da questo piccolo cappelletto introduttivo, i riferimenti da considerare per orientare il lavoro possono essere riassunti dai seguenti punti:
Colloquio conoscitivo dell’atleta. (Considerare il suo vissuto, il suo stile di vita, la storia dei traumi, le sue esigenze)
Valutazione posturale soprattutto dinamica.
Valutazione delle richieste sport-specifiche. (Soprattutto angoli di lavoro, tipologie di forza maggiormente necessari, tempi di applicazione della forza, traumatismi principali della disciplina svolta)
Alcuni giocatori pensano, erroneamente, che giocare molte partite sia tutto ciò di cui hanno bisogno per restare in forma.
Il giocare, semplicemente, una partita non stimola adeguatamente quelle qualità fisiche necessarie per elevare le abilità specifiche del basket o a qualsiasi altro sport ad un livello più alto.
Oltre alle componenti di buona forma fisica e buona prestazione atletica, un giocatore…
di pallacanestro o un atleta in genere, deve adottare la filosofia dell’allenamento totale che include tutte quelle variabili atletiche che tratteremo nei prossimi approfondimenti compresa la sicurezza.
Prima di realizzare un qualsiasi programma di allenamento bisogna assicurarsi di mirare ai maggiori benefici fisici diminuendo al massimo le circostanze negative che potrebbero causare infortuni. Questo fa parte in effetti delle responsabilità dell’allenatore e del preparatore fisico, ma anche gli atleti devono fare la loro parte ed usare del buon senso.
Elenco alcune, generali, misure di sicurezza da seguire durante un programma di allenamento che come al solito possono sembrare banali ma che non si può, per nessun motivo, evitare:
Effettuare sempre una giusta attivazione, lo stretching (in dinamicità), prima dell’allenamento, ed il defaticamento dopo la seduta.
Al di là del condizionamento fisico di fondo, è fondamentale preparare il corpo all’attività sportiva con un incremento graduale e complessivo dell’impegno muscolare cardiovascolare che costituisce il “riscaldamento”.
Messo a regime, il corpo sopporta molto meglio carichi di lavoro intensi ma anche il graduale ritorno alle situazioni di riposo.
Attraverso un progressivo rallentamento dell’attività e attraverso il recupero di un tono muscolare più rilassato è un utile strumento di prevenzione dei danni da sport;
Evitare per qualsiasi motivo tiri a freddo dalla lunga distanza o qualsiasi gesto tecnico che necessita di un evidente sforzo muscolare;
Tenere il campo da gioco libero da ostacoli e pulito in caso di parquet;
L’interazione tra l’atleta e il terreno di gioco è stata studiata approfonditamente dalla biomeccanica con il duplice scopo di ottimizzare l’espressione del gesto sportivo e di ridurre l’incidenza di traumatismi.
L’introduzione di materiali sintetici sempre più perfezionati ha modificato sensibilmente la natura e l’incidenza dei traumi di gioco.
D’altra parte i nuovi terreni hanno un differente comportamento dal punto di vista dell’aderenza della scarpa al terreno, che inizialmente ha prodotto un aumento dei traumi distorsivi.
Alcuni studi indicano nell’insieme un beneficio in termini di ridotta incidenza degli infortuni, attribuibile ai terreni sintetici rispetto a quelli naturali, soprattutto negli sport di squadra. Dobbiamo tenere conto, oltre che dei traumi acuti, dell’insidia delle lesioni micro traumatiche ripetute.
Un terreno rigido come un pavimento in cemento e linoleum assorbe ben poca dell’energia scaricata in salti ripetuti e perciò favorisce microtraumi del piede, dell’arto inferiore e della colonna. Ben diverso è l’effetto di un parquet elastico. La superficie inoltre può essere più o meno sdrucciolevole.
Alcune Federazioni sportive hanno adottato come regola la posa temporanea di terreni sintetici in tutte le competizioni (avviene per esempio nella pallavolo), con lo scopo di ottimizzare la presa del terreno e ridurre i possibili traumatismi
Far utilizzare scarpe che diano una corretta stabilità laterale, sufficiente ammortizzamento dei talloni e buon supporto plantare;
ll carico di lavoro va adeguato gradualmente alle capacità prestative del soggetto.
Questa affermazione apparentemente banale presuppone però una solida base di conoscenze tecniche che serve a poter giudicare il singolo atleta nello specifico momento.
L’uso di tabelle di lavoro standard può essere una piattaforma di partenza, ma rischia di non rispondere adeguatamente alle esigenze specifiche. Tanto un carico troppo lieve, quanto uno eccessivamente gravoso sono potenziali fonti di infortunio nella pratica dello sport.
Se un gran numero di giocatori è coinvolto nell’esercizio, bisogna comunicare efficacemente per evitare collisioni e quindi per quanto non completamente necessari, attrezzi come i coni, cinesini e gli adesivi che indicano i punti di tiro e le corsie di passaggio sul pavimento, aiutano ad eliminare la confusione e servono a mantenere il movimento fluido e sicuro.
Un aspetto, fondamentale, che, purtroppo, non viene preso molto in considerazioneè quello di consentire un adeguato riposo e recupero agli atleti a secondo della forma dei singoli ed al livello di tolleranza dei lavori svolti nelle sedute.
Pasquale Iezza è: un organizzatore, ideatore, inventore, tutto ciò che si propone di fare diventa una possibilità.
È un dirigente scolastico per professione ma formatore nell’anima, la sua migliore abilità è riuscire ad instaurare intese molto positive con chi incrocia il suo percorso.
Si diverte a sperimentare nuovi giochisport le cui particolarità vengono esplicate in alcuni testi come ”Il Movimento divergente” edito dalla Aranblu editore.
Diplomato ISEF, laureato in Filosofia e formatore IRSSAE per insegnanti di educazione fisica, ha scritto:
“Salviamo la scuola” con Giuseppe Palumbo e Anna di Capua, Edizione Nuova Atlantis, Vibo Valentia;
“Trenobiografia“, cortoromanzo di intrattenimento, Robin editore.
Appassionato di sport, sarà un onore avere il suo contributo e approfittare della sua abilità nella scrittura per farci guidare nella realizzazione di giochi, movimenti, esercizi da proporre in palestra a tutti i livelli, in tutte le discipline e per tutte le età.
Queste le sue parole in una sua presentazione del libro “il movimento divergente”:
Nel mondo della scuola, scherzando ma non troppo, tra insegnanti, ricorre una battuta intorno agli allievi: noi li prendiamo vivaci, attivi, liberi, curiosi e creativi e man mano che vanno avanti, classe dopo classe, ce li ritroviamo smorti, passivi, condizionati, disinteressati e annoiati. Al di là della battuta, il pensiero ‘convergente’ finisce sempre per prendere il sopravvento con il risultato di mortificare l’entusiasmo dei giovani verso la scoperta, l’intuizione e l’elaborazione. Nel migliore dei casi si hanno allievi buoni e ottimi ripetitori di schemi e di modelli precostituiti. Lo stesso accade anche nelle attività ludiche e sportive che diventano così un eccellente campo di sperimentazione
Tengo a sottolineare che i miei articoli si basano sia su un’ampia bibliografia, sia sul lavoro che ininterrottamente da trent’anni continuo a svolgere in palestra.
Il primo input che mi viene di lanciare, per poter poi approfondire grazie ai vostri interventi, è quello di evidenziare i vari tipi di mobilità articolare…
che viene suddivisa in:
Generale
Speciale
Attiva
Passiva
Statica
Si parla di mobilità articolare generale quando esiste un livello sufficientemente sviluppato di mobilità nei principali sistemi articolari (articolazioni delle spalle e dell’anca, colonna vertebrale). Si tratta comunque di un criterio relativo, perché il grado di sviluppo della mobilità generale può essere più o meno elevato a seconda del livello delle esigenze (atleta di alto livello o dilettante).
Invece si parla di mobilità articolare speciale quando viene riferita ad una determinata articolazione. Ad esempio, il giocatore di pallacanestro ha bisogno di una mobilità accentuata nelle articolazioni della spalla e dell’anca.
La mobilità articolare attiva è la massima escursione di movimento in una articolazione che il giocatore può raggiungere contraendo i muscoli agonisti (Gli agonisti sono i muscoli responsabili per primi della generazione del movimento) – e parallelamente estendendo gli antagonisti. (Gli antagonisti agiscono in opposizione al movimento generato dagli agonisti e sono responsabili del ritorno dell’arto alla posizione iniziale).
Invece la mobilità articolare passiva è la massima escursione del movimento in una articolazione che il giocatore può raggiungere per l’azione di forze esterne (forza di gravità, attrezzi, azione di un compagno) solo attraverso la capacità di allungamento o di rilassamento dei muscoli antagonisti. (La mobilità articolare passiva è sempre maggiore di quella attiva). La differenza, sostanziale, tra mobilità articolare passiva e attiva viene definita riserva di movimento ed indica fino a che punto la mobilità articolare attiva può essere migliorata potenziando gli agonisti od aumentando la capacità di allungamento degli antagonisti.
Con mobilità articolare statica s’intende la capacità di mantenere una posizione di allungamento per un determinato periodo di tempo. Esso svolge un ruolo determinante nello stretching.