Passaggio

Gesto tecnico – forza – lettura

In questi giorni ci stiamo beando delle immagini che provengono da oltre oceano, fortunatamente la NBA e la WNBA sono riprese e ci stanno fornendo milioni di spunti oltre alla visione di partite spettacolari nonostante la mancanza degli spettatori, che in arene come quelle americane sicuramente rappresentano un valore aggiunto.

Prendo spunto…

non dalle clips spettacolari di LeBron o di Doncic e via dicendo ma da due rimesse che avevano una esecuzione simile ma che non sono andate entrambe a buon fine.

Le stesse rimesse laterali
Rimessa laterale
Rimessa laterale da basketcoach.net

Stesse rimesse laterali, con lo stesso scopo, quello di liberare il tiratore vicino il lato della rimessa ed, in ultima ipotesi, avere la forza e la capacità di vedere l’uomo che era libero vicino la linea laterale opposta.

I Raptors riescono nel capolavoro, il passatore riesce a vedere l’uomo libero dal lato opposto, che a 5 decimi di secondo tira e segna da 3 punti ribaltando il risultato.

Kawhi Leonard - 2019  Credit Foto Getty Images
Kawhi Leonard – 2019 Credit Foto Getty Images
Nello specifico

Se ci soffermiamo su questa situazione ci possono essere tantissime cosa da sottolineare, un milioni di particolari, ma mi fermo al “semplice” gesto del passaggio da una linea laterale all’altra, tralasciando l’aspetto che chi ha tirato lo ha fatto in 5 decimi di secondo!!!

Quel passaggio racchiude: gesto tecnico, forza e lettura mentre i compagni si muovevano.

E’ ovvio che chi è un giocatore della NBA sa passare la palla nel modo giusto.

Mi aggancio ad uno dei tormentoni di coach Andrea Capobianco che giustamente afferma:

“ dire passa la palla bene ad un giocatore non significa nulla”.

Insegnare ad un giocatore come si passa la palla e soffermarsi su quale tipo di passaggio deve fare in base alla situazione di gioco ovviamente non è un male.

Nel caso della rimessa dei Raptors era un passaggio lob.

Mi chiedo tutti i nostri giocatori sanno veramente come si effettua un tale passaggio?

Per effettuare un tale passaggio ci vuole:

  • la tecnica
  • la forza, che deve essere tale da far arrivare la palla velocemente da un lato all’altro del campo in maniera precisa, con un Big man messo volutamente dalla panchina avversaria ad ostacolarne la visione ed il passaggio.
  • la lettura, bisogna “leggere” la situazione

nel caso che esaminiamo si deve leggere il tutto, in pochissimo tempo, per effettuare la rimessa ed effettuare un tiro a 5 decimi di secondo.

La lettura del gioco

E’ un aspetto molto complesso, che ci porta ad una discussione infinita.

Di solito in palestra lo stimolo esterno che hanno i nostri ragazzi è principalmente la nostra voce, che dopo un po’ puo’ stancare, ed allora:

perché non trovare altri stimoli da inserire durante i nostri allenamenti.

Coach Massimo Antonelli di Tam Tam Basket usa la musica per migliorare il gesto tecnico dei ragazzi, ma esistono altri strumenti per migliorare i nostri ragazzi.

In questi giorni ho visto un lavoro eccellente creato da Coach Massimo Riga che attraverso le luci, i colori, l’uso di cartelloni cerca di dare un approccio differente al lavoro in palestra.

Massimo Riga
Massimo Riga con la maglia della nazionale italiana

Senza gridare:

tieni la testa alta

usa delle lampade che rispondono a certi impulsi.

Posizionati in base al lavoro che intende effettuare danno la possibilità di non dover più gridare “testa alta”, oppure “passa la palla”.

(situazione tipica: il coach dice “passa la palla”, ovviamente lo sente anche l’avversario, e la palla viene rubata).

Usando stimoli diversi, i ragazzi reagiscono a questi stimoli ed il coach lavora, insieme al ragazzo, sul gesto tecnico.

Conclusione

Guardo – sento – leggo, dove, però, la lettura è frutto di un impulso non indotto dal coach ma è una reazione che il giocatore ha, vedendo quello che succede in campo.

Tornando alla rimessa Raptors tutti i giocatori vicino alla palla sono fermati dai cambi difensivi degli avversari mentre la luce si accende lontano dalla palla,

“ed io la vedo perché mi sono allenato a vederla”.

di Massimiliano Palmisani

Lo spogliatoio - titolo

Lo spogliatoio

Il sacerdote e i chierichetti sono nella sagrestia, prima che inizi la funzione religiosa.

È domenica: dalla porta principale della chiesa il vociare è sempre composto data la sacralità del luogo, ma nella sagrestia arriva lo stesso quel brusio tipico di quando la gente riempie i banchi.

La gente, quella massa che non riesci mai a distinguere quando stanno tutti assieme che sembrano formare un tutt’uno, quando non è ancora diventata una massa, la avverti, pure in un…

luogo di raccoglimento come quello.

Lo spogliatoio - in chiesa

Lo spogliatoio di una squadra di basket prima della funzione (pardon, prima della partita), ha molto di quel raccoglimento.

Questo luogo inviolabile e invalicabile a chi non fa parte di una ristretta cerchia di eletti, è uno dei luoghi più delicati, importanti e simbolici dello sport, sia di squadra che individuale.

Naturalmente le dinamiche tra sport individuale e di squadra sono diverse, ma quei muri, quelle panche e quegli armadietti, quegli attaccapanni e quella porta che delimita il confine, hanno visto e udito cose inenarrabili. Le hanno udite anche quando dentro quelle mura non parlava nessuno.

Il rito del pre-partita è uno dei momenti che nel basket, e in pochissime altre discipline, assume una sacralità totale. Più la partita assume un significato, più quel rito si fa intenso, assoluto, liturgico.

Il sacerdote che deve dare le disposizioni, nel basket si chiama in un altro modo, all’italiana è l’allenatore, ma è sempre più usato il nome di coach. Coach è la guida – ed è proprio una guida, in tutti i sensi il ruolo che lui esercita.

Lo spogliatoio - coach

In genere il coach non è, come forse si può pensare, quello che tiene le chiavi dello spogliatoio, anzi è bene che si accosti a quel luogo anche lui con il rispetto che si deve a coloro i quali sono i veri protagonisti della funzione sportiva, che sono ovviamente i giocatori.

Lì dentro, dentro quella che è la loro casa temporanea, ciascun giocatore deve avvertire il suo spazio come se fosse il proprio habitat, egli deve contrassegnare il proprio territorio e sapere che nessuno – neppure il Coach – potrà usurparlo.

È una questione di sentirsi a proprio agio – una delle condizioni essenziali perché la sua prestazione sia ottimale. Non c’è giocatore al mondo che possa giocare bene, allenarsi bene, avere un buon rapporto con sé stesso, con i compagni e con lo staff,  se non trova dentro quel rifugio una condizione di assoluta padronanza.

Il coach è bene che chieda permesso prima di entrare, non solo se si tratta di squadra femminile – lì scattano altri meccanismi -, ma anche se si tratta di una squadra di uomini, adulti o ragazzi che siano.

È un’antica forma di rispetto quella che deve usare, è anche attraverso questo simbolismo che lui dà il messaggio di non oltrepassare a suo piacimento quella linea immaginaria che separa il ruolo di guida dalla considerazione che deve avere per ciascuno dei suoi atleti.

Ci sono codici che non si imparano in nessun corso, che nessuna regola ti impone, ma che sono scritte indelebilmente dentro un rapporto trigonometrico: allenatori – staff -giocatori, che ha le sue regole precise, al violare delle quali si perde qualcosa dentro quelle formule che mantengono in equilibrio la cosa più delicata che vige all’interno di un team: il rispetto reciproco dei ruoli.

Lo spogliatoio - rispetto

E poi, quando alla fine, lui varca quella porta, e la sacrestia si prepara alla funzione che avverrà poco dopo, è lì che il miracolo eucaristico dello sport trova la sua più intensa realizzazione.

Una volta usciti tutti assieme, la squadra ha perso le sue singole individualità e si trasforma in una macchina perfetta nella quale ciascuno ha un compito preciso.

La gente – quella massa indistinguibile che nel frattempo ha preso posto sui banchi – a quel punto, saprà che il rito è pronto per il suo compimento.

“Due file!”

Lo spogliatoio - due
Gallinari e Mozgov in riscaldamento con i New York Knicks nel 2009