La Pallarmonica è qualcosa che va oltre lo sport e oltre l’intrattenimento fine a sé stesso.
È, più di ogni altra cosa, un messaggio.
Nasce all’interno di una scuola, ed è lì che questo messaggio acquista una valenza ancora più significativa. Perché, è vero,…
…ci sono tutte le componenti di una disciplina sportiva.
Squadra A, Squadra B, una palla e una rete nel mezzo.
È una cosa che abbiamo visto tante volte. Il tennis, la pallavolo, eccetera.
Ma stavolta è diverso.
Nella Pallarmonica viene esaltato, fino a farne una regola,
Non si può tirare la palla al di là della rete se non stando uniti, creando un contatto tra i giocatori in campo.
E si sa, i messaggi hanno spesso più forza delle imposizioni.
E così i giovani giocatori devono entrare in contatto tra di loro se vogliono realizzare il punto.
Non crediamo sia una cosa di poco conto.
In questa epoca di individualismo esasperato in cui ci troviamo, avere la possibilità di far praticare ai ragazzi un gioco che esalti le finalità collettive prima di quelle individuali, pare una piccola rivoluzione.
E le rivoluzioni hanno sempre avuto lo scopo di cambiare quello che c’era prima.
La Pallarmonica, come il nome stesso suggerisce, pratica l’armonia, lo spirito di squadra, a tutto svantaggio della pratica individualista.
Secondo parte (esercizi di libera esplorazione del n. 26 al . n. 50)
Riprendendo e ripetendo il concetto della prima parte dell’articolo, gli esercizi di libera esplorazione motoria, di seguito elencati, non servono a dare delle risposte.
Ogni soluzione irrigidisce il movimento divergente, sono solo delle proposte che invitano a vedere il proprio corpo in movimento come il pennello di un artista.
Sono pensati per spingere i ragazzi ad ascoltare…
…l’energia dei propri impulsi spontanei profondi in modo da articolarli in movimenti espressivi, visibili e organizzati.
26. La rappresentazione
In circolo, si mette un oggetto al centro del cerchio ed ognuno, a turno, si relaziona con esso in movimento, ci gioca come vuole:
27. Il sogno in movimento
Ognuno, a turno, racconta con i movimenti il proprio sogno nel cassetto, cosa vorrebbe fare da grande; gli altri devono cercare di indovinarlo.
28. Il blocco motorio
Ci si divide a coppie, un ragazzo fa un movimento e poi si blocca in un posizione statica; l’altro risponde a questo movimento, quando si ferma, a sua volta, può ripartire il compagno e così via.
Il mobile e l’immobile
Ogni ragazzo, su invito dell’insegnante, deve prima rappresentare
un oggetto immobile:
tavolino
sedia
spaventapasseri
e poi un oggetto mobile:
treno
aereo
carrello della spesa
ecc…
29. I due schieramenti
Si dividono i ragazzi in due squadre che si dispongono una di fronte all’altra.
Ogni squadra ha, di volta in volta, un capitano che esegue dei movimenti.
I componenti della sua squadra avanzano verso l’altro schieramento compiendo prima tre passi in avanti e poi eseguendo il movimento proposto dal capitano.
L’altra squadra, una volta osservato il movimento, deve rispondere con un’azione motoria eseguita dopo tre passi in avanti che abbia una qualche relazione con quella dell’altro schieramento.
Tutti devono essere capitani almeno una volta.
30. Un cerchio per terra
Si dispongono a terra tanti cerchi quanti sono i ragazzi, ognuno all’interno del proprio.
Al via dell’insegnante tutti lasciano i propri cerchi e corrono esternamente ad essi, allo stop devono cercare di occupare il cerchio più vicino, nel frattempo ne è stato tolto uno.
31. Un cerchio alla testa
Ogni ragazzo ha un cerchio che fa rotolare liberamente nello spazio motorio.
Al via dell’insegnante ognuno deve lasciare il proprio cerchio e cercare di catturare quelli del compagno quando sono ancora in movimento, prima che cadano a terra, vince chi ne prende di più.
32. La sensazione in movimento
In circolo, l’insegnante dà ad ogni ragazzo un bigliettino sul quale è indicato un movimento, una sensazione da vivere, poi invita singolarmente i ragazzi a sentire quel movimento.
Le situazioni possono essere, ad esempio:
cammina come se fossi…
su un bel prato fiorito
sul ciglio di un burrone
su un campo minato
su un terreno pieno di chiodi
sulle uova
su una superficie elastica
sulle sabbie mobili
su un asse di equilibrio…
E’ importante che i ragazzi si immedesimino nella sensazione, vivano il movimento.
Ogni sensazione parte dall’interno e poi si manifesta.
E’ fondamentale imparare ad ascoltare il proprio corpo e le emozioni.
33. La scelta
L’animatore dà ad ogni ragazzo un foglietto sul quale c’è scritta una cosa da fare e tutti eseguono i movimenti suggeriti.
In una seconda fase ognuno, osservando gli altri, deve scegliere qualcuno che può avere una qualche relazione con il suo movimento.
Ad esempio, se su un foglietto c’è scritto “rospo” e su un altro “rana” si dovrebbe formare la coppia.
34. L’interessamento
Ci si divide a coppie.
Uno dei due partner delle coppie, con cinque movimenti, deve cercare di interessare l’altro che l’osserva.
Si possono utilizzare attrezzi codificati e non.
Se scatta l’interessamento i due ragazzi si relazionano con quei movimenti.
Si scambiano poi i ruoli.
Se una coppia non trova stimolante nessun movimento costruito nel suo interno può inserirsi nei movimenti di un’altra coppia e relazionarsi con essa.
35. Il marchingegno
In circolo, un ragazzo va al centro ed esegue un movimento automatico che ripete in continuazione.
Uno alla volta gli altri ragazzi possono inserirsi in questo movimento cercando di essere funzionali al marchingegno e ai suoi specifici ingranaggi.
Si può accompagnare ogni movimento con un suono o una parola.
36. L’intruso
In circolo, con gli occhi chiusi, ognuno si muove liberamente nello spazio.
L’animatore tocca sulla spalla un ragazzo che da quel momento deve compiere l’azione indicata su di un foglio.
37. Il suono del silenzio
A coppie, uno con gli occhi chiusi, l’altro che lo guida parlandogli.
Appena finisce di parlare, il compagno deve fermarsi e, per ripartire, deve sentire solo la voce della sua guida.
38. La guida
Ci si divide in coppie.
Un ragazzo ha gli occhi bendati e l’altro lo guida nello spazio scegliendo:
un suono identificativo
una parola
un verso di animale
il nome del compagno
ecc…
39. I diversi materiali
I ragazzi con gli occhi bendati devono immaginare di entrare in particolari spazi contenenti materiali diversi, ad esempio:
miele
piume
mattoni
fiori
ecc…
40. La strada da percorrere
I ragazzi bendati vengono invitati a camminare lentamente nello spazio, a trovare un punto preciso dove rivivere una loro sensazione.
Essi devono cercare di ricordarsi:
il posto
lo spazio significativo
le persone con cui stavano
il vestito che indossavano
i colori
i suoni
il profumo dell’aria
le parole dette e quelle pensate.
La creatività può percorrere anche la strada del passato.
41. Il racconto
L’animatore legge un racconto di situazioni particolari:
è una bella giornata.
C’è il sole, inizia a piovere, piove a catinelle, fa freddo.
Si forma una grande pozzanghera di acqua che si trasforma in una lastra di ghiaccio.
Scivoli su un sentiero pieno di fango, sassoso, cosparso di carboni ardenti, di lame taglienti.
Il passo diventa incerto, ecc…
Ogni ragazzo deve mimare un modo di andare avanti nel percorso immaginando di vivere le diverse sensazioni.
42. Il mestiere
I ragazzi devono far indovinare attraverso gesti mimici un tipo di lavoro ai compagni.
I vari mestieri individuati poi si mettono insieme se tra di loro si riesce a trovare un legame professionale.
43. La drammatizzazione
In circolo, un ragazzo va al centro e improvvisa una drammatizzazione.
I compagni cercano di capirne il significato, poi, nella fase di verbalizzazione fanno domande come:
Chi eri ?
Cosa stavi facendo ?
Dove ti trovavi ?
In questo modo, il ragazzo che ha eseguito l’improvvisazione prende maggiore consapevolezza di quello che ha fatto.
Quando gli viene chiesto di ripetere la drammatizzazione è in grado di stare più attento alla successione dei movimenti.
44. Il minollo
Sperimentare diversi modi di muoversi.
Ad esempio, quando si cammina provare a farlo:
sulle punte
sui talloni
sulle parti esterne dei piedi
con le anche alzate, lateralmente
all’indietro, rimbalzando
come un uomo primitivo
come un animale inventato da ciascun partecipante
tipo:
il minollo
il coccobrillo
il coccodrillo ubriaco
il canguro saltapasti
l’ornitorinco laringoiatra.
Si stimola, in questo modo, la fantasia dei ragazzi.
45. Il senso dell’umorismo
Osservare alcuni filmati dei grandi comici come Charlot e Totò e cercare di imitare i loro buffi movimenti.
Per esercitarsi all’umorismo basta entrare in una classe di bambini e fare tutto quello che ti dicono di fare.
Si entra così nel loro gioco, nel loro racconto per poi farlo evolvere inserendo le proprie conoscenze.
46. Cambiare gioco
Sentire come si trasforma un movimento passando da uno stato all’altro.
47. Abbattere i muri
I ragazzi formano un muro con i loro corpi all’impiedi tenendosi uniti molto stretti, senza lasciare spazi.
Da una parte e dall’altra del muro ci sono due ragazzi che devono tentare di comunicare tra loro.
Il muro cerca di ostacolare in tutti i modi questa comunicazione.
48. La meta
I ragazzi partono da un punto dello spazio e devono arrivare ad un altro stabilito in precedenza dall’insegnante.
Ogni ragazzo deve cercare di farlo camminando su due piedi avendo la possibilità di guardare in avanti in modo da fissare la meta.
Si invita a riflettere che la nostra attività più spontanea, il camminare guardando in avanti, in realtà, è una grande conquista evolutiva dell’umanità.
49. Collegare i movimenti
In circolo, due ragazzi vanno al centro ed eseguono due movimenti liberi.
Gli altri ragazzi, dal posto, devono cercare di legare i due movimenti.
Se qualcuno trova una valida soluzione va la centro e cerca di collegarli.
50. Il gioco di movimento
Dare ad ogni ragazzo due attrezzi diversi ed invitarli a creare con questi attrezzi un gioco di movimento.
Ed infine l’ultimo esercizio.
Il più semplice ma probabilmente anche il più efficace:
trovare durante la giornata mezz’ora per camminare all’aria aperta possibilmente in compagnia.
Per la prima parte dell’articolo (esercizi dal n. 1 al n. 25): cliccare qui
Prima parte (esercizi di libera esplorazione del n. 1 al . n. 25)
Gli esercizi di libera esplorazione motoria, di seguito elencati, non servono a dare delle risposte, perché ogni soluzione irrigidisce il movimento divergente.
Sono solo delle proposte che…
…invitano a vedere il proprio corpo in movimento come il pennello di un artista.
Sono pensati per spingere i ragazzi ad ascoltare l’energia dei propri impulsi spontanei profondi in modo da articolarli in movimenti espressivi, visibili e organizzati.
1. L’accoglienza
In circolo, ognuno si predispone ad accogliere i compagni, per recuperare l’ascolto profondo del proprio corpo e dei propri movimenti.
Divaricare le gambe in modo da sostenere in modo equilibrato il corpo, con le mani lungo i fianchi e le palme rivolte all’interno, verso le gambe.
Al via tutti sollevano le braccia staccandole lentamente dal corpo, mani aperte, con le palme girate in su, il movimento si può concludere portando le braccia al petto incrociate nella posizione di abbraccio.
Questo gesto dell’accoglienza inizia il nostro lavoro di ricerca sostenendo una relazione serena e positiva. Ognuno è come se dicesse:
2. Un saluto in movimento
In circolo, ognuno si presenta dicendo il suo nome e poi eseguendo un movimento libero.
I compagni ripetono il suo nome ed il suo movimento.
Dire il proprio nome è la prima cosa che ci mette in relazione con gli altri, dopo possiamo essere identificati e chiamati.
Inoltre ripetere in gruppo un qualsiasi movimento eseguito da un compagno implica accettazione e condivisione della libertà di espressione.
3. La presentazione
In circolo, sulla musica, un ragazzo alla volta va al centro, ed esegue dei movimenti che gli altri ripetono dal loro posto.
L’animatore deve favorire lo spostamento al centro di tutti i ragazzi.
Le musiche possono cambiare perché ritmi diversi determinano differenti movimenti.
Conoscere attentamente l’area motoria, camminare liberamente nello spazio osservando tutto e poi scegliersi il proprio posto.
Camminare ascoltando il ritmo della propria camminata e il respiro ad essa abbinato senza avere fretta.
E’ importante imparare ad occupare lo spazio rispettando quello dell’altro (se allargando le braccia si urta un compagno bisogna trovare un altro spazio).
Nello spazio si potrà riconoscere:
6. Il monologo motorio
Ogni ragazzo deve raccontarsi per due minuti attraverso il movimento.
Questa è una fantastica esperienza di corpo sentito per l’espressione di sensazioni, stati d’animo, azioni e situazioni.
7. Il volto dei colori.
I ragazzi devono associare i movimenti ai colori che, a mano a mano, vengono mostrati.
Alcuni tipi di luce possono:
8. L’imitazione
Ciascuno cammina liberamente nello spazio ed imita prima immagini proposte dall’animatore (ad esempio il volo di un aquilone) e poi oggetti reali o fantastici creati liberamente.
9. I due mondi
Si divide lo spazio motorio in due metà, in una si cammina come se si fosse nel mondo reale, nell’altra nel mondo fantastico.
Fra i due mondi c’è una linea di confine in cui ogni ragazzo può fermarsi a pensare prima di passare da un mondo all’altro.
Dopo aver sperimentato il proprio corpo nei due mondi i ragazzi, al via dell’animatore, decidono in quale mondo vivere.
Dopo questo esercizio si passa alla fase di verbalizzazione in cui si chiede ai ragazzi:
10. Il confine
Ci si dispone di fronte ad un filo teso (se non c’è la rete di pallavolo).
Ogni ragazzo, oltrepassando il filo, approda nel mondo della fantasia motoria e lì può muoversi come vuole.
Ritornato al suo posto deve cercare di convincere i suoi amici a passare dall’altra parte.
11. Lo spazio dell’inventore.
Si divide lo spazio in due metà, in una si posizionano gli inventori dei movimenti, nell’altra gli osservatori.
Al via dell’animatore gli inventori creeranno nuove azioni libere e gli osservatori sceglieranno quelle più coinvolgenti.
Si chiede, nella fase di verbalizzazione, la motivazione della scelta.
Nella seconda fase si invertiranno le posizioni degli inventori e degli osservatori.
12. Il dialogo con il corpo
Ci si divide a coppie e ci si tiene per mano.
Un ragazzo compie un movimento e poi lo passa all’altro che lo ripete facendone a sua volta un altro che poi ripassa al compagno:
la comunicazione passa attraverso il contatto corporeo.
Quando due persone si incontrano e dialogano con il proprio corpo imparano ad ascoltare i reciproci movimenti.
E’ importante, attraverso l’osservazione, impadronirsi dei movimenti dell’altro per imparare ad ascoltarlo.
In una fase successiva si osserverà prima il movimento del compago e poi lo si ripeterà, però trasformandosi in uno specchio deformato:
lo specchio che imbruttisce, che abbellisce, che caricaturizza, ecc…
Nella fase di verbalizzazione è importante verificare:
14. I condizionamenti
Giocare ad eseguire i movimenti normalmente assegnati dalla cultura e dai condizionamenti sociali, ai maschi ed alle femmine:
15. La sfida della tartaruga
Sentire le sensazioni dei movimenti eseguiti molto velocemente e molto lentamente.
Disporre i ragazzi sulla linea di partenza e farli sfidare in gare di corsa.
Nella prima vince chi corre più veloce e arriva primo.
Nella seconda chi corre più lento e arriva ultimo (bisogna comunque andare sempre avanti senza mai tornare indietro, chi si ferma è squalificato).
16. Entrare nella storia
Un ragazzo appena entra in un cerchio disposto a terra fa dei movimenti liberi immaginando di voler comunicare una storia.
Gli altri si avvicinano a lui e cercano di entrare nella sua storia continuandola.
Dopo questa esperienza si passa alla fase di verbalizzazione chiedendo al ragazzo che ha iniziato il movimento se il gruppo ha assecondato la sua storia o ne ha creato un’altra completamente diversa.
17. L’artista e il suo modello
I ragazzi si dispongono in coppie, uno è l’artista, l’altro il manichino.
L’artista fa compiere i più svariati movimenti al manichino muovendolo con le mani, poi si cambiano i ruoli.
Si prova gioia nel creare, nel modellare le parti del corpo, nel comporre.
Il gioco si allarga, poi, dividendo la classe in gruppi di quattro e organizzando una concorso per la definizione del miglior modello.
18. Il pezzo di argilla
Ci si divide a coppie disposte in due file parallele.
Una fila rappresenta i pezzi di argilla allo stato grezzo e l’altra i suoi modellatori.
Un pezzo alla volta di argilla viene modellato dagli “artisti”, poi le diverse composizioni vengono messe in relazione cercando dei punti un comune per creare il pezzo unico.
19. Muovere l’immobilità
Ognuno nello spazio esegue dei movimenti liberi.
Al battito delle mani dell’insegnante tutti devono restare immobili.
Il primo a cui viene l’idea di un nuovo movimento lo esegue, poi, al nuovo battito delle mani dell’insegnante, si ricomincia.
I movimenti del corpo, siano essi lenti o meccanici, veloci o sciolti:
20. Tale e quale
Quattro ragazzi di spalle al gruppo devono comporre un’immagine fotografica su un argomento (medioevo, pollaio, sanremo…) che di volta in volta viene richiesta da chi li osserva.
La fotografia viene organizzata prima singolarmente poi cercando, senza mai parlare, di formare un’immagine con lo “scatto” proposto dai compagni.
21. Le slides
Quattro ragazzi, due faranno le slides e due le presenteranno.
Il primo presentatore inizia ad argomentare su una tematica da lui scelta e al suo click mostra le slide.
I due ragazzi slides devono immediatamente formare l’immagine richiesta.
Il secondo presentatore sulla slide formata collega un altro argomento, diverso dal precedente, per poi rilanciare al primo presentatore la sua nuova slide.
22. La trasformazione
In circolo, ognuno compie un movimento libero.
L’insegnante chiede poi ad un ragazzo di eseguire il suo movimento al centro del cerchio in modo che tutti lo possano vedere.
Questo movimento viene poi passato ad un altro ragazzo che va al centro e deve trasformarlo.
E’ importante trasformare il movimento e non cambiarlo, quindi si deve ascoltare attentamente il movimento del compagno per inserirsi in esso cercando di modificarlo però nella continuità.
Andare al centro e cambiare totalmente un movimento proposto significa non aver osservato e sentito la proposta del compagno.
23. L’osservazione
In circolo, si mette al centro un qualsiasi oggetto.
Ognuno a turno si avvicina ad esso, lo osserva e con questo oggetto esegue un movimento immaginando che sia qualcosa.
Gli altri a turno fanno anche loro l’esercizio, ma non possono ripetere la stessa azione del compagno.
E’ interessante immaginare la diversa funzionalità degli oggetti, osservandoli, toccandoli.
24. L’oggetto misterioso
In circolo, si mette al centro del cerchio un oggetto.
Ognuno a turno lo fa diventare con l’aiuto del suo corpo qualcos’altro, ciò che vuole, poi si ferma come se volesse farsi una fotografia.
I compagni devono indovinare cosa è diventato l’oggetto.
Si potrà poi partire da due oggetti, completamente scollegati tra loro, chiedendo di metterli insieme con un senso.
25. La rappresentazione
In circolo, si mette un oggetto al centro del cerchio.
Ognuno, a turno, si relaziona con esso in movimento, ci gioca come vuole:
La seconda parte (dal n. 26 al n. 50) sarà proposta con la prossima uscita.
Una corretta educazione al movimento divergente non mira a far correre il più velocemente possibile o a saltare il più in alto possibile ma…
…tende a sviluppare tutte le possibilità motorie della persona sin dalla sua infanzia migliorando le sue capacità relazionali, espressive e creative e avvicinandola al sentire le proprie emozioni.
Iniziare un’educazione in questo senso implica la massima autonomia di sperimentarsi in movimento, in modo che aumentino i propri vissuti motori, si delinea così l’attuale corpo in movimento.
L’immensità del bambino
Ogni bambino è un universo, ricco di:
curiosità,
idee,
interessi,
movimenti,
che va ascoltato singolarmente per fargli scoprire l’armonia tra il suo sentire, pensare e agire.
La voglia del bambino di esprimersi creativamente stimolerà le sue energie interiori.
L’ambiente in cui vive favorisce o inibisce questo processo.
Il secondo ambiente dopo il corpo di cui bisogna avere cura è il quartiere in cui si risiede che dovrebbe avere uno spazio attrezzato e vigilato dove i bambini possano giocare e socializzare.
Non si tratta di dare una verniciatura alle vecchie facciate ed un’aggiustatina generale, ma di cambiare completamente il rapporto con l’esterno valorizzando la strada.
La finalità dei giochi tradizionali
Il recupero dei giochi tradizionali di quartiere ha una grande valenza educativa, il bambino diventa protagonista attivo della sua città.
Nei quartieri soffocati dal cemento, dove ci sono palazzi addossati l’uno all’altro, dove non c’è luce, si ha un maggiore tasso di delinquenza. Il sorriso che il gioco regala è un antidoto contro l’aggressività.
Nell’educazione alla creatività, oltre a consegnare il gioco ai bambini, bisogna costruire loro anche un ambiente dove possano praticarlo.
Le finalità degli esercizi sono:
arrivare a sentire il proprio corpo, a saperlo ascoltare
acquisire naturalezza e spontaneità nel movimento
ritrovare la spensieratezza e il divertimento nel giocare con gli altri
migliorare le capacità relazionali con se, con lo spazio e con il gruppo
esplorare le potenzialità espressive e creative.
Il laboratorio per il movimento divergente inizia con alcuni esercizi di libera esplorazione che stimolano l’organizzazione del sistema nervoso centrale.
La libera esplorazione
La cosa importante da fare è evitare forzature ed esercizi obbligati, ma è necessario lasciare il corpo libero di esplorare tutte le possibilità motorie, di trovare attraverso libere prove ed errori il suo adattamento migliore.
La finalità è portare verso l’esterno il proprio mondo interiore, è questo il significato della parola “espressione”.
La libera esplorazione è una risposta del proprio corpo agli stimoli dell’ambiente, si sperimenta il modo in cui gli oggetti entrano in rapporto tra loro e già in questa fase si ha subito creatività.
E’ evidente che ognuno vede e sperimenta le relazioni in modo diverso ed originale rispetto ad un altro:
è fondamentale partire dal movimento spontaneo come è pure importante educare al rispetto dello spazio motorio dell’altro.
Agli esercizi di esplorazione motoria vanno associati poi quelli percettivi, di interiorizzazione del proprio corpo.
Il raffinamento percettivo arricchisce il rapporto con gli altri linguaggi espressivi.
Il corpo è la nostra casa farmaceutica su misura, è il primo ambiente salutare in cui siamo inseriti, una casa definitiva, non in affitto, è l’ambiente più adatto che madre natura ha dato ad ognuno di noi.
Questa casa va rispettata, curata, conosciuta, ma soprattutto rispettata senza accanirsi in complicate ristrutturazioni.
Educazione alla creatività motoria
L’educazione alla creatività motoria deve realizzarsi da subito considerando che nei primi otto anni di vita il cervello è in grado di assorbire nel migliore dei modi, senza sovrastrutture e meccanismi di difesa, le stimolazioni provenienti dall’ambiente esterno.
Nel bambino fino ad otto anni germogliano nuove fibre nervose nella corteccia frontale, che pianificano le azioni.
Questo permette ai neuroni di creare nuove connessioni e di sperimentare la loro flessibilità.
Tutti sono naturalmente predisposti ad essere creativi, ma per poterlo diventare veramente è bene esercitarsi in modo da svegliare i neuroni assopiti ed attivare così nuovi collegamenti cerebrali.
Le animazioni che stimolano la creatività motoria sono infinite, importante è cambiare spesso attività e provare nuove situazioni suggerite dal gruppo classe.
Il cerchio
Proprio per ascoltare tutti è necessario stare spesso in cerchio.
Il cerchio ha un valore fantastico perché in esso si ha la possibilità di osservare ognuno e di trasmettere agli altri le tensioni creative che si vivono.
Conclusione
Per iniziare gli esercizi-gioco bisogna imparare a vedere la realtà non dando niente per scontato.
Dobbiamo pensare che i nostri movimenti non sono solo quelli che ogni giorno meccanicamente ripetiamo, ma che ce ne possono essere altri.
Impariamo a scarabocchiare i nostri movimenti e vediamo cosa ne esce fuori; molte opere d’arte sono nate così.
La cosa importante è pensare con i propri pensieri ed agire con i propri movimenti.
“Lo sport ti insegna l’autoconsapevolezza e l’autocontrollo, Non possiamo cambiare il mondo in un giorno. Dobbiamo partire da un campo di gioco per volta”.
Avere l’opportunità di praticare attività sportive assieme facilita la modifica della mentalità dei suoi praticanti, valorizza le capacità del singolo e contribuisce a formare lo spirito di squadra.
Il catalizzatore del cambiamento sociale oggi è lo sport, perché genera entusiasmo, una parola che dal greco significa “tenere gli dei dentro di noi”.
Lo sport è…
…azione, ci fa scendere in campo, ci appassiona, mette in gioco una grande energia collettiva, uno sforzo atletico, che salva dalla solitudine.
Lo sport è speranza.
L’inventore della pallacanestro
Per stimolare il movimento divergente nello sport può essere utile leggere le imprese di alcuni creativi famosi nel campo sportivo come ad esempio quelle di:
Il gioco della pallacanestro nacque come un’attività motoria che doveva servire a mantenere in allenamento i ragazzi nella stagione fredda per cui le sue regole inizialmente erano molto semplici.
C’erano due squadre di nove elementi ciascuna che dovevano cercare di lanciare la palla nella “scatola” avversaria, era falloso ogni contatto con i giocatori.
Per le sue caratteristiche di:
dinamicità
di strategie
di divertimento
ben presto il gioco si diffuse in tutti gli Stati Uniti d’America.
Le sue regole si sono evolute e molti appassionati hanno contribuito a farlo diventare il gioco fantastico che oggi conosciamo.
Mentre per i grandi giochi di squadra è difficile dare con precisione la data della loro nascita, la pallacanestro ha origini accertate.
E’ nata il 20 gennaio 1891 a Springfield (un benaugurante Campo di Primavera) negli Stati Uniti d’America.
A Springfield il canadese James Naismith svolgeva l’incarico di direttore delle attività sportive di un’Associazione cattolica e si trovò di fronte dei giovani che non sapevano come giocare nei gelidi inverni visto che il baseball e il football, gli unici sport praticati, si potevano svolgere solo su larghi spazi all’aperto.
Tentò di adattare il baseball e il football agli spazi ristretti della palestra ma si creava solo una grande confusione, inoltre i ripetitivi esercizi annoiavano i ragazzi.
Bisognava pensare a qualcosa di nuovo, a questo punto James mise in moto il suo circuito cerebrale divergente, il suo itinerario è un vero e proprio programma di creatività per cui ve lo descrivo nei dettagli.
La soluzione
Il punto di partenza, da cui tutto ebbe inizio, fu una situazione concreta:
Alla soluzione di questo problema James ha probabilmente pensato a lungo.
Bisognava rendere accessibile l’ambiente.
La palestra, avendo spazi più ridotti rispetto ai campi all’aperto, non permetteva corse molto lunghe ed inoltre facilitava i contrasti e gli urti per cui bisognava pensare ad un nuovo gioco con la palla.
La prima soluzione trovata fu di evitare che ci fossero contatti tra i giocatori.
Il pallone se veniva calciato con i piedi urtava spesso contro le pareti della palestra e provocava traumi muscolari ai ragazzi per cui James introdusse la regola di giocare usando le mani.
Un altro problema era l’assegnazione dei punti che sempre per le dimensioni dello spazio non potevano essere le lontane mete del baseball o del football.
In un primo momento James fece usare le porte dell’Hockey, poi pensò a delle scatole.
La seconda soluzione
Vedendo, però, che i giocatori in difesa avevano la possibilità di chiuderne completamente tutti gli spazi con il proprio corpo, scartò questa idea, e arrivò all’intuizione geniale, la più importante per il futuro gioco, la vera “rottura delle scatole”:
James prese un cestino (basket) che conteneva le pesche, inserì sotto una rete che potesse trattenere la palla, e lo fissò al muro in alto, quella era la meta, e così fece con un altro al lato opposto della palestra.
Iniziò così la prima partita di pallacanestro.
La traccia impressa da James è stata seguita da molte persone ed ognuno ha permesso di renderla più definita.
L’intuizione
E’ da ricordare in particolare il fondamentale contributo dato da un giocatore, nel 1912, che, rendendosi conto del fastidio e della perdita di tempo che comportava il salire su una scala ogni volta che si doveva recuperare il pallone dopo una segnatura, ebbe l’idea creativa di tagliare il fondo della rete.
Nessuno si ricorda il nome di chi ha tagliato la corda ma il suo suggerimento ha contribuito a velocizzare il gioco e a renderlo più spettacolare.
Spesso sono gli stessi giocatori, quindi, che apportano dei cambiamenti, delle novità, allo sport che praticano.
Le maggiori trasformazioni le ha subite negli ultimi anni la pallavolo, la disciplina sportiva più praticata in Italia.
Il bagher che oggi è la tecnica fondamentale di ricezione, di difesa, della pallavolo, non era conosciuto fino al 1950, dopo i potenti colpi di attacco nelle schiacciate e nelle battute che provocavano a volte microfratture alle mani dei giocatori si è arrivati all’introduzione di quello che è diventato il più importante tocco dei tre.
E’ importante quindi vedere gli sport non chiusi in regole ed azioni statiche ma pronti a modificarsi seguendo il passo dei tempi.
Lo sfondo integratore è la migliore applicazione della didattica enattiva nella scuola dell’infanzia.
Ribalta la dinamica insegnamento – apprendimento in quanto pone lo studente nella condizione psicologica di dover capire per poter prendere parte alla vita della sezione o della classe.
La motivazione ad apprendere non è attivata e supportata da premi o da castighi, ma dalla necessità di crescere insieme ai…
…compagni e, soprattutto, con l’immagine adottata come sfondo.
Di solito si sceglie un personaggio fantastico che proviene dal mondo della fiaba, della fantascienza o della tradizione popolare.
Io ho scelto un giocatore di calcio fantastico:
Organizzazione e scenario
Organizziamo la classe come un pianeta a forma di palla che ci contiene tutti e dove possiamo ammirare come nel mondo che ci sostiene i magnifici tramonti, annusare il profumo dei fiori e apprezzare la bellezza di un arcobaleno.
In un piccolo punto della Terra, alla periferia del mondo è nato Pelè, un vispo bambino brasiliano.
A lui piaceva giocare con la palla, fatta arrotolando stracci o fogli di carta, ogni bambino è invitato a costruire il suo pallone appallottolando alcuni fogli di carta colorati.
Descrizione
Ogni pallone verrà scambiato perché Pelè non era egoista ma gli piaceva passare la palla.
Dopo aver esplorato la dinamica dei movimenti, quando si cammina, si accelera, quando si sta fermi o a riposo, si passerà a disegnare il protagonista.
L’insegnante leggerà lentamente la sua storia, ogni parola sarà scandita, quasi sillabata.
Si passerà poi ad osservare le illustrazioni del libro confrontandole con i disegni dei bambini.
Una volta letto tutto il racconto le parole saranno riviste e analizzate, per consentire a ciascuno di decodificarle.
Si potrà giocare con il suono e il tono della voce e saranno mimati tutti i movimenti della palla, per tradurre quelli poco comprensibili, alla ricerca dello stile ginga, l’azione tipica dei calciatori che sembrano danzare con la palla attaccata al piede.
Ogni bambino deve individuare le informazioni principali:
chi (il personaggio),
che cosa fa (le sue azioni),
quando (in che tempo),
dove (in quale luogo)
perché (per quale motivo)”.
Mimo e drammatizzazione
La storia sarà successivamente mimata e drammatizzata, riconoscendo la fondamentale valenza comunicativa di queste modalità di apprendimento, che si aprono, trasversalmente, all’educazione motoria, all’organizzazione spazio-temporale, all’equilibrio delle forze ed al rispetto degli altri.
Ampio spazio sarò dato alle sensazioni, alle percezioni, alla riproduzione di semplici sequenze ritmiche.
Le attività manuali
Di fondamentale importanza anche la fase di rielaborazione attraverso le attività manuali, prima libere e poi in forma guidata, con l’impiego di materiali diversi:
pasta di sale,
creta,
cera,
di riciclo creativo
per agevolare la riproduzione del personaggio nelle diverse fasi del suo gioco con la palla.
Conclusione
Le avventure del grande calciatore daranno colore, così, a tutte le fasi del processo di apprendimento che è partito dalla conoscenza del proprio corpo per arrivare alla rappresentazione mentale, attraverso:
la manipolazione e riproduzione dei movimenti della palla,
la gestione dello spazio e del tempo in relazione con gli altri,
l’analisi dei significati,
la riproduzione grafica,
l’interiorizzazione dell’esperienza,
la modifica dei comportamenti
la costruzione di nuove modalità di movimento con lo stile di gioco ginga.
Si può configurare, in sintesi, una esperienza completa che
L’apprendimento è la nostra capacità di adattarci a situazioni diverse cercando sempre la soluzione adeguata.
Ogni risposta è la base di un nuovo apprendimento.
Apprendere è il verbo all’infinito più usato nella scuola perché è la finalità di ogni insegnamento, è il fratello gemello dell’altro verbo all’infinito imparare.
Apprendere, da ad-prehendere, significa acquisire, afferrare, catturare, se un ragazzo impara qualcosa quella diventa sua, gli appartiene, se ne impossessa, farà parte del suo…
…bagaglio culturale e non lo lascerà più, quella cosa insieme alle altre porterà alla costruzione di una nuova conoscenza che costruirà la sua persona definendola.
L’esempio
Infinite sono le possibilità di apprendere e l’apprendimento cooperativo è la modalità di insegnamento più adatta perché si basa sull’interazione all’interno di un gruppo di allievi che collaborano, cooperano, al fine di raggiungere un obiettivo comune.
Io ho imparato a portare la bicicletta senza rotelle e senza rompermi i denti a 4 anni, osservando e giocando con un mio amico della mia stessa età che la guidava con sicurezza, dopo che qualche giorno prima avevo frantumato i vetri del corridoio a casa.
Attività cooperativa non lavoro di gruppo
Con l’apprendimento cooperativo si insegna e si apprende insieme a, si fa squadra, svolgendo attività in coppie o terzetti, con un numero maggiore ci sarà sempre chi cerca di imboscarsi.
Nelle coppie e nei terzetti cooperativi la comunicazione è facilitata:
si sottolinea un testo ma anche si discute
si fanno insieme mappe o riassunti cooperativi
ci si esercita insieme
si ragiona o si scrive insieme
ognuno deve offrire il suo contributo altrimenti l’attività cooperativa non si potrebbe portare a termine.
L’attività cooperativa si differenzia dal lavoro di gruppo, dove a cooperare sono dai 4 studenti in su, perché in questo caso c’è un maggiore rischio di dispersione, sovrapposizione, con qualcuno che cerca di imboscarsi lasciando fare il lavoro agli altri.
Gli studenti si aiutano reciprocamente, sentendosi corresponsabili del reciproco percorso.
Il lavoro congiunto e il confronto con coetanei che vivono la stessa esperienza sono risorse preziose per la costruzione di una identità personale e sociale integrale.
Confrontandosi con il pensiero degli altri sulla base delle proprie idee e del proprio bagaglio esperienziale, anche gli studenti più impegnativi possono essere valorizzati come autori legittimi di conoscenza e acquisire la consapevolezza di essere considerati persone portatori di storie, interessi e finalità soggettive.
Tali risultati positivi sono più facilmente conseguibili quanto più l’insegnante prepara accuratamente le coppie e i terzetti.
Quando l’incoraggia ad impegnarsi in controversie e confronti di punti di vista piuttosto che a perseguire l’unanimità e il conformismo.
Percorrere una strada in un solo senso di marcia non permette il confronto e non ti fa apprezzare il paesaggio ma soprattutto impoverisce la costruzione di relazioni sociali.
John Dewey e Lev Vygotsky
Si potrebbe sinteticamente richiamare il pensiero di John Dewey e di Lev Vygotsky fortemente convinti che
Fondamentali sono le attività in coppia o terzetti possibilmente eterogenei, almeno per mezz’ora al giorno, dove non verranno stabiliti ruoli permanenti per consentire a tutti di scambiarseli in base alle diverse esigenze, tutti saranno leader e gregari.
Nel ciclismo ho sempre apprezzato il ruolo dei gregari quelli che stanno a fianco del loro compagno leader a cui tirano la volata, lui taglia il traguardo ma a vincere sono tutti insieme.
L’apprendimento cooperativo permette più facilmente di dimostrare le competenze acquisite in base alle proprie potenzialità.
Lo studente impara insieme al compagno ad utilizzare le sue conoscenze ed abilità in situazioni diverse perché nel confronto ha imparato a distinguerle.
Le occasioni
Studiare regolarmente in coppia o terzetti insegna a ragionare sui:
problemi da prospettive diverse
a riorganizzare il proprio modo di pensare
ad attribuire un nuovo significato alle proprie esperienze
a modificare i comportamenti
e questo implica una capacità di cambiamento e di adattamento che facilita una didattica veramente inclusiva.
Una scuola esclusivamente competitiva ed individualistica spinge gli studenti all’abbandono scolastico perché crea un ambiente ostile che non ispira fiducia.
Una scuola cooperativa ed altruistica spinge, invece, al confronto, alla relazione, alla comunicazione, al ragionamento, alla soluzione dei problemi, alla creatività, allo sviluppo delle idee.
L’insegnante avrà il compito di osservare, stimolare, orientare, facilitare la partecipazione di ognuno, senza mai offrire soluzioni preconfezionate, in modo che tutti possano apprendere.
In questo modo si sviluppa la competenza di convivenza civile strettamente legata all’intelligenza legata alla capacità di mettersi in relazione con il mondo e con gli altri.
La forma di intelligenza più importante quella che sviluppa l’abilità sociale, la caratteristica maggiormente richiesta in ogni curriculum.
La competenza non può compiersi fuori da un contesto relazionale.
L’intoppo
La difficoltà spesso è degli insegnanti che sono abituati, per tradizione ed esperienza personale, alla lezione di tipo frontale.
Nella maggior parte delle volte utilizzano un’unica modalità espressiva per trasmettere agli studenti informazioni e contenuti.
Si aggiunge, poi, a questa la loro inesperienza a lavorare in gruppo perché non sono stati formati all’insegnamento di squadra (team teaching).
Il modello è stato ed è spesso ancora questo:
l’insegnante ha un carico di sue conoscenze, lo scarica in classe, assegna agli studenti il compito di trasportare per un po’ il peso a casa per poi farselo riconsegnare senza nessuno sconto alla prossima fermata, la prova di verifica.
Conclusioni
La valutazione delle conoscenze acquisite si basa sulla restituzione fedele dello stesso carico.
Seppure la soluzione è intuitiva, basterebbe suddividere il carico in modo da renderlo più leggero tra gli studenti, quelli con le spalle più larghe potrebbero aiutare i più gracili chiedendogli solo di aiutarli con le forze che possono impegnare.
Il segreto è che tutti devono metterci almeno una mano.
In questo modo vengono rispettate le difficoltà e i tempi di apprendimento dei singoli studenti.
Gli insegnanti hanno il compito fondamentale di dare di più a chi ha momentaneamente di meno.
Maestro deriva da magister che a sua volta discende da magis che significa:
Un facilitatore che in modo positivo li…
…accompagni nella costruzione dei loro saperi non dando niente per scontato.
Spesso nelle scuole si adottano metodi di apprendimento dove si mettono gli studenti in competizione, vale chi ha successo, chi è protagonista, chi è capace di performance eccellenti.
E’ una gara a chi sa di più, un confronto spietato dove se non ti classifichi nelle prime posizioni, quella dei migliori, ti senti inadeguato, incapace, minore rispetto all’altro, ed è proprio questo da evitare.
L’insegnante deve fare in modo che chi ha un talento lo coltivi per poi donarlo a chi ha maggiori difficoltà, solo in questo modo diventa veramente fertile.
Una corretta educazione
Offrire qualcosa all’altro non determina un rallentamento degli eccellenti anzi facilita il rafforzamento delle loro conoscenze perché possono ripetere con parole diverse quello che hanno appreso.
Gli ebrei utilizzano il metodo di ripetere ad alta voce ad un compagno la lezione da imparare, in questo modo memorizzano e solidificano i saperi.
Una corretta educazione non mira a far:
correre il più velocemente possibile,
leggere o scrivere in fretta
parlare speditamente
a dire le tabelline senza respirare,
perché ognuno ha i suoi tempi che vanno rispettati.
L’apprendimento
Ogni studente è un universo a parte, ricco di curiosità, di idee, di interessi, che va ascoltato singolarmente per fargli scoprire le sue infinite possibilità di adattarsi al mondo.
Gli insegnanti sanno che l’apprendimento non è un percorso isolato ma una strada da percorrere insieme, un correre passo dopo passo da singolo si arriva a moltiplicarsi con gli altri.
L’apprendimento è un processo fondamentalmente sociale, una pratica costruita insieme, una co-costruzione.
L’apprendimento è costruttivo quando quello che si apprende viene messo in contatto con l’informazione già conosciuta in modo da poterla riorganizzare in un procedimento migliorativo, questo è più agevole quando si ha la possibilità di condividere le informazioni.
Un compagno che ha capito già qualcosa e sta più avanti nel percorso diventa il tutor di chi sta un po’ più indietro, l’obiettivo è colmare il vuoto tra i due in modo che i ruoli nel tempo possano invertirsi.
Imparo ad imparare
Questo è molto importante nell’attività motoria, dove spesso dietro un rifiuto a praticarla c’è un’ansia, una frustrazione, una difficoltà a mostrarsi che quando viene superata libera anche la mente.
E’ questo il vero significato dell’imparare ad imparare.
Io imparo ad imparare quando imparo a colmare le distanze tra me e:
il compagno più bravo,
la disciplina,
la conoscenza,
l’insegnante,
il mio disagio.
Non è mai una lotta contro qualcuno ma è un processo di riempimento.
Sono vuoto di qualcosa, e questa mancanza non mi permette di arrivare alla pienezza, al compimento per cui sento il bisogno di apprendere.
Dal compagno che ha la mia stessa età, è alla pari con me, imparo più in fretta perché lui mi fa capire il senso di quello che sto apprendendo perché lui ha scoperto un significato nel trovare la soluzione ad un problema.
Quel significato, quella risposta di senso, mi facilita il cammino aiutandomi a trovare la risposta senza nessuna pretesa di fare il mio insegnante ma con l’atteggiamento dell’esploratore che ha la gioia di condividere la sua scoperta.
La positività
Non serve scoraggiarsi alle prime difficoltà, far rotolare il morale raso terra, è normale non capire subito qualcosa, o non riuscire a svolgere un gesto motorio, e soprattutto “nidda nasciu imparatu” come recita un simpatico proverbio sardo, “nessuno è nato conoscendo le cose”.
Tutto dipende da come la mente percepisce il mondo, non è utile sentirlo ostile.
Chi pensa che un problema, un compito, un esercizio siano insormontabili, che ormai è tutto inutile, non vale la pena impegnarsi, meglio copiare.
Diventa un complice della:
negatività
critica
lamentela
falsità
passività
e finisce con il dipendere sempre da qualcuno:
L’atteggiamento vincente è quello di riuscire ad essere positivi, di mantenersi calmi e sereni, di affrontare la difficoltà nello studio riponendo la propria fiducia nell’altro.
Ci si farà aiutare con lo scopo, però, di diventare al più presto autonomo.
Bisogna avere una meta, e se questa viene da noi, è una buona meta, una meta del bene.
L’educazione tra pari è una metodologia che pone gli studenti al centro del sistema educativo.
In particolare l’attenzione è posta sul gruppo dei pari, che costituisce una sorta di laboratorio sociale in cui sviluppare dinamiche, sperimentare attività, progettare, condividere, migliorando l’autostima e le abilità relazionali e comunicative.
Nello specifico
Si fonda su un approccio cooperativo dell’apprendimento in quanto si propone agli studenti di utilizzare le competenze acquisite per insegnarle ai propri compagni.
E’ basato sul lavoro in coppie o piccoli gruppi di pari dove uno è più esperto e assume il ruolo di tutor, di tutore: l’altro, meno esperto, è colui che deve apprendere, il tutee, il tutelato.
Il tutoring pone l’obiettivo educativo primario di imparare a studiare con gli altri.
Il ruolo dell’insegnante è di regia, in quanto attiva, organizza ed orienta verso il compito le potenziali risorse di apprendimento dei singoli alunni.
L’adulto o il coetaneo più esperto “offre” il suo modello di problem solving, non il contenuto, quindi, non il piatto servito e direttamente da imboccare ma le posate per poterlo mangiare.
Così c’è sempre una stampella a cui appoggiarsi per chi ne ha bisogno, un cucchiaio che ti viene offerto per la minestra riscaldata (scaffolding).
Imparare ad imparare è la competenza che preferisco.
Imparare dal latino significa acquistare.
E’ una parola composta da un in illativo e da parare (procurare) e quindi rimanda al catturare, acquistare una conoscenza.
Imparando prendo con me, un qualcosa che diventerà una risorsa che può consistere in un sapere, un’abilità o un comportamento, un qualcosa che è concreta e che farò mia, e allora diventerà veramente una mia preda, presa unicamente per me, ap-presa.
Questa preda ha però una particolarità, una volta catturata non vuole restare immobile nel mio carniere ma ha le ali della condivisione.
Ogni conoscenza acquisita spinge al volo, all’apertura, imparare diventa in questo modo un esercizio di mettere le proprie cose alla pari con l’altro che condivide con me compiti e finalità.
C’è sempre il pari nell’imparare, solo così il sapere sarà veramente fecondo.
L’uno diventa risorsa per l’altro.
Conclusione
Imparare è quindi anche un imparare a riconoscere se stesso e chi è diverso da se, accogliere i diversi stili di apprendimento.
Conoscenza e riconoscimento sono strettamente collegati e permettono alle persone finalmente di esistere, quel compagno che hai aiutato o dal quale sei stato aiutato ora c’è per te e ci sarà per sempre.
Questa naturale propensione al sapere condiviso, diviso con l’altro, è la prima tra tutte le pratiche didattiche che deve essere messa in opera e rafforzata nella nostra scuola.
Il grado di riconoscimento di ogni componente del gruppo, con le sue:
caratteristiche peculiari e speciali,
l’accettazione e la valorizzazione delle uguaglianze e delle differenze tra i compagni di classe,
il rispetto di ciascuno come persona,
permette di tenere uniti i diversi punti di vista e contribuisce all’apprendimento di tutti.
L’insegnante è bravo non solo se è abile e competente ma quando riesce a creare l’atmosfera giusta in classe
questo è l’unico modo per realizzare un ambiente veramente inclusivo.
“Non la verità di cui ci si crede in possesso, ma il sincero sforzo per giungervi determina il valore dell’individuo…L’illusione del possesso rende pigri e presuntuosi; solo la ricerca tiene desti e insonni”.
La ricerca scientifica attribuisce una stretta relazione tra il corpo e la psiche, l’uno non esiste senza l’altra.
E’ una crudeltà separare ciò che è unito per natura ma, nonostante questo, i bambini, i ragazzi, gli adolescenti nella scuola italiana si muovono pochissimo. Ed è così che…
…si creano dei corti circuiti nell’apprendimento, a volte irreparabili.
L’animazione alla divergenza restituisce il corpo al movimento e il movimento alla psiche.
Il sistema scolastico, se vuole veramente formare la persona nella sua interezza, non può più rinunciare all’educazione motoria delegandola alle società sportive.
La socializzazione dei bambini nella scuola dell’infanzia si facilita con la corretta comunicazione non verbale dell’insegnante fatta di sorrisi e gesti accoglienti e si misura dall’ampiezza dell’apertura delle braccia che vogliono dire con chiarezza:
Tutto parte da un dialogo centrato sul movimento.
L’insegnante è il digitus pueri, indica ai bambini la strada giusta da seguire cercando di fargli evitare buche, scivoloni e sbandamenti.
Nella scuola primaria, allo stesso modo, l’educazione motoria deve essere promossa per insegnare comportamenti organizzati, finalizzati e regolati, capaci di indirizzare l’istintiva esuberanza dei bambini.
Gli studenti imparano a stare meglio insieme vivendo negli spazi laboratoriali, allontanandosi ogni tanto dalla staticità dei banchi.
Le stesse attività considerate “di testa” come la lettura e la scrittura sono apprendimenti complessi che necessitano “del corpo”, dell’integrità delle aree motorie.
Per saper leggere è necessaria una buona organizzazione spazio-temporale e per saper scrivere una corretta postura e una coordinazione oculo-manuale, sono poi indispensabili una equilibrata lateralizzazione, un controllo neuromuscolare, un senso del ritmo, in sintesi:
Il giusto incontro
Quando il laboratorio linguistico si incontra con quello motorio i risultati sono straordinari:
una corretta educazione motoria di base,
una buona percezione del proprio corpo
permettono al bambino di controllare, coordinare ed equilibrare i gesti motori per avviarsi ad un sereno apprendimento della lettura e della scrittura.
Le fasi del progetto di ricerca-azione prevedono:
un’analisi dei bisogni e delle esigenze di formazione in relazione al contesto scolastico;
l’individuazione dei traguardi, degli obiettivi e dei risultati di apprendimento;
la pianificazione delle attività, dell’ambiente di apprendimento, della gestione del gruppo, delle scelte didattiche;
la realizzazione dell’attività progettata e suddivisa in fasi di sviluppo;
il monitoraggio e la verifica del processo di apprendimento;
la documentazione e la valutazione dei risultati.
Il processo di insegnamento-apprendimento sarà basato su un approccio ludico che dia voce all’energia vitale positiva degli allievi capace di attivare e sostenere la loro maturazione e la loro socializzazione.
I docenti devono costantemente vivificare questa energia con la proposta di attività piacevoli, divertenti e, nello stesso tempo, formative.
Imparare giocando
Diventa sempre più necessario realizzare una “scuola ludica” nella quale il tradizionale schema di “imparare con fatica” si trasformi in “fare con piacere” e “apprendere con gioia”.
In tal modo la scuola può porre davvero l’alunno al centro del suo processo di formazione perché crea le condizioni ideali affinché ciascuno diventi attore della propria crescita, evidenziando le sue caratteristiche, le sue preferenze o, per dirla con Gardner, le sue intelligenze dominanti.
Una scuola così intesa apre percorsi educativi di grande interesse perché gli strumenti:
della conoscenza,
le abilità tecniche,
le competenze
vengono conquistate attraverso azioni di ricerca, di libera espressione creativa, di personale valutazione critica e non mediante l’azione ripetitiva e l’atteggiamento passivo di chi deve solo ascoltare per ripetere ciò che ha appreso.
La stessa dinamica educativa che, da sempre, ha caratterizzato un particolare modello di scuola caratterizzato da:
spiegazione,
approfondimento,
interrogazione,
valutazione
trova, così, le sue spinte di azione in:
identificazione di un problema,
ricerca degli elementi necessari per risolverlo,
valutazione dei risultati raggiunti
per l’assunzione concorde di un nuovo problema da affrontare.
Conclusioni
La società a tecnologia avanzata e a rapido sviluppo delle conoscenze nella quale viviamo pone alla scuola sfide continue che non possono essere ignorate trincerandosi nel valore della tradizione e nella visione quasi mistica dell’educazione.
La scuola dove configurarsi sempre più come un laboratorio ludico, dove ogni alunno possa fare le proprie esperienze nel confronto e, perché no, anche nello scontro con i compagni, ma sempre
…la lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”.
E’ un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione, produco il mio:…
Il motionstorming è una tecnica che facilita la creazione di movimenti divergenti e quindi deve essere inserita in un programma di creatività motoria.
Il procedimento
Si forma un gruppo di 10-12 ragazzi, disposti in cerchio, coordinati da un insegnante.
Si parte da un movimento libero di un ragazzo, sul quale si innestano i movimenti degli altri.
La durata di ogni seduta sarà di circa un’ora.
Il ragazzo da cui si parte va al centro del cerchio ed esegue su un materassino un movimento libero, gli altri ragazzi, dopo un’attenta osservazione ed una ripetizione del movimento, producono azioni collegate a quello che hanno visto e vissuto.
I ragazzi si alzano a turno ed eseguono un movimento richiamato da quello del compagno.
L’insegnante deve stabilire un clima in cui ognuno possa esprimersi liberamente.
Nel gruppo ognuno dà il suo contributo creativo e trae spunti che possono arricchirlo individualmente.
Una volta completato il giro del gruppo l’insegnante, che ha annotato tutti i movimenti, cerca di vedere insieme ai ragazzi i punti di unione che si possono trovare tra di essi, in modo tale che si riesca a lavorare nella seconda fase su un campo più determinato.
Alla fine uscirà il movimento del gruppo, un’azione che tutti condivideranno, da eseguire coralmente.
La variante
Dall’esecuzione collettiva, poi, si può pensare di creare un gioco, un’attività che coinvolga tutti.
In questa fase non c’è la regola di alzarsi uno alla volta, ma più persone possono sperimentare e condividere i propri movimenti, si creeranno così dei piccoli gruppi spontanei.
Per ogni movimento ci sarà un tempo determinato in modo che tutti possano esprimersi.
I gesti spezzati nella loro semplicità, vengono di nuovo uniti per comporre un originale mosaico di movimenti, più complessi e articolati, il movimento di ognuno si dilata e aiuta a strutturare il movimento del gruppo.
E’ un cammino progressivo verso se stessi e gli altri.
Conclusione
Questa fondamentale svolta ha portato a cercare nel movimento divergente l’equilibrio tra i due inquilini:
il pensiero e l’emozione.
La divergenza fa confluire nella creatività il pensiero e l’emozione ed alla fine si determina nell’unione il giusto equilibrio dell’apparato fisico con quello psichico ed emotivo, del corpo con la mente.
L’educazione dei bambini è un compito che spetta a tutti, alle famiglie, alla comunità, alla scuola, allo Stato, è un’educazione quindi integrata dove ognuno è responsabile allo stesso modo.
L’educazione dei bambini è il compito più nobile che ogni persona ha se vuole sentirsi uomo.
Non esiste un metodo perfetto, IL METODO, quel metodo da applicare ad ogni situazione e in ogni classe, capace di…
…risolvere ogni problema, altrimenti basterebbe un libretto delle istruzioni tradotto nelle varie lingue del mondo.
Avere un metodo serve però per facilitare il lavoro degli insegnanti, degli educaotori sportivi e per indicargli delle strategie in grado di motivare i bambini e i ragazzi allo studio e alla ricerca.
Si riporta tutto a schemi predefiniti e a regole precostituite, mentre invece alla base ci deve essere la disponibilità dell’insegnante a sperimentare, a scegliere non una nuova metodologia ma un nuovo modo di verificare, di fare vera, la sua pratica didattica.
La didattica enattiva dall’inglese to enact significa “mettere in atto”.
Una sorta di “mente incorporata”, una mente assorbente in continuo collegamento con le sensazioni che provengono dal mondo esterno e che la rendono attiva ed interattiva.
Il processo enattivo è quel profondo gioco di scambio tra interno ed esterno attraverso il quale l’atto cognitivo non è scindibile dall’atto esperienziale e dalla risonanza emotiva.
Il sentimento è conoscenza, l’educazione emotivo-sentimentale serve ad incanalare le nostre pulsioni naturali, istintuali, nel comportamento consapevole che ci permetterà di scegliere tra il bene e il male, tra ciò che è grave e ciò che non lo è.
si contestualizzano e accentuano la motivazione ad un apprendere pragmatico, per cui il “sapere” e il “saper fare” confluiscono positivamente nel “saper essere”, e le “conoscenze” e le “abilità” si realizzano nelle “competenze”.
Oltre l’acquisizione
La costruzione delle competenze è proprio la possibilità di utilizzare le conoscenze e le abilità per poterle trasferire da un dominio all’altro in modo da impostare e risolvere un problema.
Pensiero, emozione e movimento pagano in parti uguali l’affitto al nostro corpo, la coabitazione non è forzata ma necessaria e piacevole.
Le emozioni e il movimento fanno maggiore confusione ma è proprio questa vivacità che alimenta il pensiero e facilita l’apprendimento.
Nella didattica enattiva l’essenziale di ogni apprendimento non è l’acquisizione:
di conoscenze
l’accumulo di abilità
lo sviluppo di capacità
ma è la possibilità di usare quello che è stato appreso per risolvere situazioni nuove e concrete.
La didattica privilegiata, in tal senso, è di tipo laboratoriale “per problemi”, “per situazioni autentiche”, improntata all’operatività che porterà ad essere curiosi di ogni novità.
Facendo si impara prima e meglio:
se poi il fare diventa un co-fare, un collaborare allora l’apprendimento sarà più piacevole e più simile ad un’esperienza di sport di squadra.
Il gruppo è chiamato a “risolvere un problema” impegnandosi in un progetto nel quale ognuno coopera secondo le proprie potenzialità e attitudini.
In questo contesto lo studente non solo diventa l’attore del processo conoscitivo, ma si abitua anche a comunicare, a confrontarsi e ad organizzare con gli altri.
La didattica enattiva saldando la corporeità con i processi mentali avvia una didattica per competenze che vede gli insegnamenti scolastici finalmente interconnesse in modo da attivare un insegnamento trasversale e in rete e non più lineare e sequenziale.
Mente e corpo formano un tutt’uno che consente un “insegnamento in situazione” in cui le funzioni manipolative, rappresentative e simboliche vengono apprese attraverso una sperimentazione continua che ogni alunno fa nella sua vita di relazione con i compagni e con l’insegnante e nel contatto attivo con le cose.
Ogni cosa ha la sua importanza, questa è stata l’intuizione delle sorelle Agazzi che con le loro cianfrusaglie, costituite da tutto il materiale occasionale che i bambini raccoglievano per strada e tenevano in tasca perché suscitava il loro interesse, organizzavano le attività didattiche.
I bambini scelgono a volte gli oggetti più impensati che stimolano la loro inventiva.
E’ inutile dar loro degli attrezzi già precostituiti.
La didattica enattiva trova la sua migliore realizzazione nella metodologia della ricerca-azione, intesa come una ricerca per l’azione, per cui il tema viene avvertito come problema in modo che crei una tensione ad apprendere.
Un’altra metodologia efficace legata ai principi della didattica enattiva è il coaching.
Un metodo finalizzato al miglioramento delle prestazioni e al raggiungimento di obiettivi di maggior valore tramite la scoperta e lo sviluppo delle potenzialità personali.
Affidandosi al “coach” lo studente che ha delle potenzialità latenti impara a scoprirle e ad utilizzarle.
Il coach, quindi, è un facilitatore del cambiamento, una persona che stimola e indirizza le energie dello studente e lo aiuta a prendere consapevolezza delle sue intelligenze.
La tenerezza
La didattica enattiva per potersi realizzare fa leva sull’unica qualità indispensabile per un educatore, una dote naturale che non si può acquistare né acquisire in nessun corso di formazione: la tenerezza.
In una delle ultime lettere che Vincent van Gogh scrisse al fratello Theo si legge:
«Voglio che la gente dica delle mie opere: “sente profondamente, sente con tenerezza.».
Sentire con tenerezza è probabilmente il testamento spirituale ed artistico del grande pittore olandese.
Non è un sentire con l’orecchio, Vincent se ne taglierà uno in una sua crisi depressiva per poi donarlo ad una cameriera di una casa di prostitute, ma è un sentire con un orecchio interno, incorporato, un terzo orecchio, capace di percepire le nostre sensazioni profonde per poi arrivare a sentire quelle degli altri.
Un’interazione funzionale con l’ambiente e con lo stato d’animo di chi ci sta vicino e chiede disperatamente senza parole il nostro aiuto.
E’ necessario imparare ad esercitare la tenerezza soprattutto quando si lavora con i bambini, con i ragazzi, con gli adolescenti in via di formazione per sentire quello che loro sentono.
Questa empatia permette di essere antenne di ciò che stanno vivendo, di essere collegati con le loro emozioni per cercare di camminargli a fianco senza essere visti come importuni invasori.
La testimonianza
Platone nel Simposio tesse un bellissimo elogio alla tenerezza dicendo che Eros stabilisce la sua dimora nell’anima degli uomini, ma non in tutte indiscriminatamente: se ne incontra una caratterizzata dalla durezza, si allontana, mentre se si imbatte in un’anima caratterizzata dalla tenerezza vi si trattiene.
Siccome dunque è sempre a contatto, con i piedi e con tutto il resto, con quello che vi è di più tenero tra le cose tenere, Eros è il più tenero degli esseri. Simile tende al simile.
Gli studenti vivono nel periodo della pubertà una fase erotica per cui vanno appassionati, ogni insegnante può imparare a camminare e a fermarsi su questo terreno tenero, e non c’è niente di più tenero, di più delicato, di più fragile e di più bello dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti in formazione.
Educare ci porterà a:
cambiare i nostri castelli mentali pieni di idee negative
di forze distruttive, di tensioni accumulate, di passati troppo presenti,
costruire una vita serena ed equilibrata valutando le cose con ottimismo e col giusto umorismo
avere relazioni fiduciose con gli altri compensando i piaceri con i doveri
svolgere attività stimolanti e fantasiose
ritrovare la semplicità nelle cose per una sana gioia di vivere.
Con i bambini bisogna scegliere la dimensione organizzativa che dia spazio alle situazioni di libera esplorazione inserendo il lavoro percettivo nei tempi giusti e con modalità ludiche.
Dopo ogni movimento il cervello non è più lo stesso, nel suo interno alcuni neuroni si svegliano e questo lo arricchisce di nuova vita.
Esplorare
L’esplorazione di nuove azioni motorie ci darà altre possibilità di esistenza, allargherà le nostre conoscenze sul mondo, ci aprirà ad una maggiore scelta tra i comportamenti ed alla fine tutto questo ci porterà alla nostra coscienza autentica, ci farà toccare la libertà.
Non c’è nessun movimento che si può comprendere fino in fondo se non lo si vive completamente.
Se all’improvviso si svegliano un certo numero di cellule nervose del cervello esse potranno finalmente vivere, destandosi dallo stato di letargo nel quale le abbiamo confinate.
La mattina, appena ci alziamo dal letto, possiamo partire dal semplice spazzolarci i denti con la mano che di solito non si usa.
Ricordiamoci che non ci sono gesti sbagliati, goffi, e neanche giusti e perfetti, perché tutti i movimenti hanno significati e sviluppi imprevedibili.
La lingua inglese offre grandi possibilità di usare poche parole che rimandano a vasti significati e allora anche io utilizzo la versatilità di questa lingua cambiando “brain” con “motion”, (è un cambio-scambio visto che la mente e il movimento interagiscono in continuazione), produco il mio
I vari insegnamenti devono comunicare maggiormente tra di loro e non restare chiuse nel loro compartimento stagno.
Il tecnicismo, la specializzazione, il pensiero convergente, il ripetere meccanicamente cose già apprese, non ci permette di seguire un percorso diverso.
Lo sviluppo del pensiero divergente arricchisce le nostre competenze comunicative e la nostra efficacia espressiva
Spesso il pensiero divergente è usato come sinonimo di creatività ma la capacità di creare è qualcosa di più complesso in quanto in essa intervengono fattori socio-culturali ed altri aspetti della personalità non solo cognitivi ma anche affettivi ed emotivi.
E’ certo però che il pensiero divergente indica la giusta direzione da seguire per arrivare al nucleo centrale della creatività in quanto i suoi tratti caratteristici sono:
la fluidità
facilita lo spostamento di un’idea da un luogo all’altro e da una produzione all’altra;
la flessibilità
un pensiero elastico, capace di piegarsi, di adattarsi alle differenti situazioni;
l’originalità
che non dipende e non ha somiglianza con esempi, modelli ed idee precostituiti, convenzionali, ed ha quindi una sua novità, un suo carattere proprio;
l’elaborazione
l’insieme delle operazioni (l’associazione delle idee, l’astrazione, l’immaginazione costruttiva e riproduttiva, il giudizio, il ragionamento, ecc…), con le quali organizziamo e trasformiamo il materiale fornito dall’esperienza.
Il percorso specifico
I tratti tipici del pensiero divergente sono gli stessi della dimensione della creatività ecco perché per diversi autori il pensiero divergente indica il pensiero creativo.
Le nuove strade non escludono le vecchie, ma si possono unire con esse illuminando alcuni tratti del circuito cerebrale, rendendo così, il traffico più vario e veloce.
La creatività non è una capacità di pochi artisti, pittori, musicisti, inventori, scienziati, ma è una possibilità per tutti, ognuno è in grado di trovare nuove e diverse associazioni tra le cose ogni giorno.
La creatività è una dote innata che tutti posseggono ma che non in tutti si manifesta immediatamente ed istintivamente.
Aiuta molto educare i bambini fin da piccolissimi alla ricerca personale, alla flessibilità, alla liberazione della creatività, perché loro, in particolare dagli zero ai tre anni, hanno una mente assorbente, “superassorbente”.
Si è dovuto aspettare l’arrivo di Maria Montessori che ha creato una “casa dei bambini”, un luogo di rivelazione e di espressione del bambino mediante:
la creazione di un ambiente a lui proporzionato;
una disciplina attiva che lo abitui ad essere padrone di sé, a sapersi imporre il limite dell’interesse collettivo e la forma delle buone maniere materiali;
la consapevolezza che il bambino ha un’intensa vita psichica, inconscia e subconscia e che è tanto grande nella sua piccolezza, è capace di intenzione e di pensiero, di azioni pratiche e creative;
la sua mente è assorbente, ma non come la spugna che lascia passare l’acqua e non la trattiene.
La mente del bambino, invece, arriva ad assorbire ed a conservare molte e difficili cose:
il linguaggio
le abitudini
i sentimenti
per cui occorre saper utilizzare questa forza creativa e inconscia.
La curiosità del bambino è il vero motore dell’apprendimento e questa curiosità nasce dalla stimolazione, dalla motivazione e non dall’ esigenza di riempire la sua mente con informazioni che spesso non capisce e che fa fatica a ricordare.
Conclusione
La scuola è impegnata in una costante, continua, inarrestabile, ricerca per individuare le formule organizzative e gli interventi educativi più efficaci affinché i bambini possano svincolarsi dalla dipendenza delle cose già fatte, già pronte, ed aprirsi a nuove possibilità capaci di evolvere in un percorso che è sempre dinamico.
Conoscere significa stabilire nessi, collegamenti, connessioni, essere capaci di fare sintesi in un mare di informazioni e questa capacità può essere insegnata solo a scuola e bisogna farlo il prima possibile.
I bambini devono essere educati fin dal momento della nascita, nei primi anni di vita, per alcuni neuro scienziati entro i tre anni si formano le sue modalità cognitive ed emotive che gli permetteranno di conoscere il mondo e di relazionarsi agli altri.
La creatività, per il pediatra e psicoanalista britannico Donald Woods Winnicott, è “energia fondamentale e di base che guida lo sviluppo di una persona”.
E’ una potenzialità di tutti e quindi una meta per tutti.
Ognuno ha un potenziale creativo che può essere risvegliato con gli stimoli adeguati e nell’ambiente giusto.
Albert Einstein affermava che per arrivare alla soluzione di un problema si deve cambiare il modo di pensarlo.
Relazione stretta tra corpo, movimento e creatività.
Chi crea, chi si muove, si mette in azione e questo lo fa stare in contatto con il suo mondo interiore procurandogli gioia e consapevolezza.
E’ molto difficile dire con precisione che cos’è la creatività ed in quale parte del cervello risiede.
Ogni studioso, in base all’indirizzo scientifico seguito, dà un’interpretazione diversa, per cui la ricerca è ancora aperta.
Un punto su cui i teorici sono però d’accordo è che la creatività è una delle qualità più importanti dell’essere umano.
E’ lo slancio vitale che ci permette di esprimerci in mille modi diversi, senza di essa, la persona non potrebbe esplorare il mondo nelle pienezza delle proprie possibilità, ma sarebbe dominato:
che porterebbero inevitabilmente alla morte della soggettività.
Un individuo creativo è colui il quale dà un’impronta personale alla propria vita, inserito nel mondo lo capisce, si adatta ad esso ed è in grado di modificarlo.
Ognuno può lasciare la propria traccia perché tutti siamo persone creative, ogni soggetto è portatore di novità:
Nello specifico
La creatività è un’attività molto complessa che è determinata dall’attivazione simultanea di tante aree, può partire:
da un pensiero
da uno stimolo esterno
da una sensazione
da un’intuizione
da un movimento
da un’emozione
che non possono mai essere completamente separati.
La sua unicità sta proprio nella pluralità dei circuiti nervosi intimamente connessi.
Le aree cerebrali coinvolte sono numerose con una maggiore prevalenza di quelle dell’emisfero destro che è pieno di cellule nervose emotive, intuitive e con talento artistico che vivono per strada suonando, dipingendo, scolpendo ed inventando giorno per giorno un modo di vivere.
L’emisfero sinistro ricco di neuroni bravi in matematica, che parlano e ragionano logicamente, calcolando tutto, ha un preciso ruolo nei processi creativi.
Il corpo calloso è il ponte di collegamento tra i due emisferi che quindi, sostanzialmente, non sono separati.
Conclusione
Immaginare due cervelli divisi ognuno con una sua precisa funzione è quindi sbagliato perché attraverso la tangenziale del corpo calloso a doppio senso e ad otto corsie viaggiano tutte le informazioni possibili.
Lo scambio di notizie, i collegamenti, con i nuclei diencefalici e con il sistema limbico sono talmente continui e frequenti che alla fine non si ha più una reale separazione tra il razionale e l’artistico, tra l’emozione e il pensiero, tra i movimenti divergenti e convergenti.
I due emisferi in realtà fanno parte di un unico grande raccordo.
Il percorso è molto emozionante, soprattutto quando si arriva ai gemelli ipotalamo dove si rivivono come in un caleidoscopio, tutte le azioni legate ad un sospiro.
In questa zona è consigliato procedere lentamente soprattutto per chi ha problemi cardiaci.
I sistemi sensoriali trasformano l’energia fisica in informazione nervosa.
Percorrendo la via sensitiva arriveremo in un’area centrale di intenso traffico, il talamo, dove dobbiamo necessariamente rallentare, ci saranno grossi ingorghi, bisogna avere pazienza!
Al talamo arrivano tutte le informazioni provenienti dai nervi sensoriali per essere filtrate, lasciando passare, dopo un attento controllo dei documenti, solo quelle ritenute più importanti da inviare alla corteccia cerebrale.
Il talamo è un guardiano selettivo, non permette inutili intasamenti.
Le sensazioni non in regola, che non interessano, vengono bloccate.
In una notte d’estate in campagna, dopo i primi minuti, non passerà più il ripetuto concerto delle cicale a meno che non si trasformino in coleotteri (beatles) per intonare un pezzo rock.
Questa attenzione selettiva è importante perché il cervello non può seguire contemporaneamente più cose, per cui è necessario un controllo a monte.
Il passaggio in ogni istante di tutte le sensazioni non ci permetterebbe mai di riposare, gli stimoli sensoriali sarebbero troppi e incontrollabili.
Una volta che le sensazioni giungono alla corteccia cerebrale, vengono catalogate dopo vari confronti e associazioni.
Se per un motivo o per un altro si chiude una finestra, le altre diventano progressivamente più ampie, l’aumento di dimensione fa arrivare maggiori informazioni alla stazione terminale della corteccia cerebrale che è in grado, così, di organizzare risposte adeguate.
I bambini ciechi sviluppano un raffinato adattamento allargando il senso del tatto, l’aptica è la loro straordinaria capacità di sentire le cose toccandole.
Con questa forma di adattamento i nostri sensi operano una sorta di sostituzione che determina un nuovo equilibrio. Non è la stessa cosa di quando tutte e cinque le finestre sono aperte, ma l’adeguamento permette comunque di leggere la realtà esterna e di rapportarsi adeguatamente ad essa.
I cinque sensi ogni anno si riuniscono per decidere a chi affidare il governo dello stato sensoriale; fino ad oggi il talamo è stato sempre eletto a pieni voti, svolge talmente bene il suo lavoro, con ordine e precisione, che non ha avuto antagonisti.
Secondo alcune fonti spionistiche, ancora poco attendibili, ci sono altri sensi, il sesto e il settimo, di cui non è stata accertata la localizzazione precisa, che vorrebbero ordire un colpo di stato, ma per ora regna la pace dei sensi.
Itinerario motorio
Questo itinerario è adatto ai tipi dinamici, che non stanno mai fermi.
E’ consigliato procedere in fretta per ogni sua tappa, in quanto non ci sono limiti di velocità.
I sistemi motori trasformano l’informazione nervosa in energia fisica.
Per attraversare la fibra nervosa che ti porta all’area cerebrale motoria si deve pagare il pedaggio ad un casellante molto nervoso: il motoneurone, il più irascibile, è quello di tipo alfa, se non hai già pronti gli spiccioli ti trasmette un impulso talmente forte che ti può far sbandare.
L’azione del grande e nevrotico alfa è bilanciata dai motoneuroni gamma che danno informazioni sulla lunghezza delle fibre muscolari.
Un impeto forte che porterebbe ad uno stiramento del muscolo fino alla rottura, viene così ridimensionato.
Il motoneurone che regola l’equilibrio della contrazione e della decontrazione è quello di tipo beta, di grandezza intermedia: bilancia l’impulso degli alfa ed il controllo dei gamma.
L’itinerario motorio è misterioso e vario, adatto ai tipi avventurosi, dalla sua esplorazione possono avviarsi nuovi e imprevedibili movimenti per cui è bene allacciarsi la cintura di sicurezza.
I motoneuroni innervano i singoli muscoli e sono disposti in pool, i pool motoneuronali, veri e propri nuclei motori.
Ogni movimento si realizza sempre in squadra.
Nei circuiti motori più semplici, come nei riflessi spinali, c’è un neurone sensoriale connesso con un motoneurone, la liberazione di un neurotrasmettitore, l’acetilcolina, genera l’energia grazie alla quale il muscolo si contrae.
È naturale ammirare più le cose nuove che le cose grandi. (Lucio Anneo Seneca)
Sentiamo la vicinanza di chi ci segue e c’incoraggia a continuare, nonostante i grandi sacrifici, condividendo lo spirito della piattaforma.
E allora, dopo il libro a puntate del prof. Pasquale Iezza che ci ha gentilmente donato e che continueremo a pubblicare, siamo pronti per una nuova ed emozionante avventura che metteremo a disposizione di tutti…
Tra brevissimo daremo maggiori informazioni.
Continuare a seguirci è l’unico modo per tenere in vita questa iniziativa da me pensata e condivisa da tutti coloro che mi stanno dando una mano.
E’ il movimento che non deriva da una precisa ripartizione temporale esterna:…
uno spezzettamento in esercizi cadenzati in due, quattro e otto tempi;
una successione precisa di azioni divise da eseguire a ritmi regolari con un esperto da imitare a specchio;
è un movimento libero, spontaneo, nel quale la motricità non perde mai la sua originalità e la sua spinta emotiva.
Fa emergere il nostro potenziale creativo e favorisce l’integrazione armoniosa con se stessi e la relazione con gli altri.
Per movimento divergente intendo indicare un movimento che implica fluidità, flessibilità e originalità, mantenendosi quando più possibile naturale ed elastico.
Il “movimento convergente”, invece, è caratterizzato dalla riproduzione di prassi e meccanismi motori precedentemente acquisiti e dell’adattamento, più o meno meccanico, di queste a nuove situazioni.
Come per il pensiero così pure per il movimento è bene che si esplorino dei circuiti nuovi, allontanandosi da quelli noti in modo che ci sia la completa realizzazione delle possibilità espressive dell’individuo.
Dico volutamente possibilità e non potenzialità:
perché la potenzialità mi ricorda un rapporto di forza, di produttività, di legame, di mancanza di libertà.
Differenze tra movimento divergente e convergente
Il movimento divergente è un processo flessibile, è una personale modalità di interazione dell’interno con l’esterno, le parole che si associano ad esso sono:
elasticità;
scioltezza;
leggerezza;
curiosità;
novità;
la chiave della sua messa in moto è la creatività.
E’ un viaggio verso l’ignoto, un ignoto che però è più vicino di quanto si possa pensare, ci appartiene, sta dentro ognuno di noi.
Il movimento convergente è un processo schematico e le parole che si associano ad esso sono:
rigidità
pesantezza
indifferenza
ripetizione
la chiave della sua messa in moto è l’automatismo.
Con i movimenti convergenti si arriva a padroneggiare precise azioni tecniche che sono poi applicabili alle discipline sportive, basti pensare ai fondamentali.
Con i movimenti divergenti si stimola l’aspetto creativo proprio di ogni persona permettendo così una più consapevole ed attiva integrazione del corpo con la mente e le emozioni, obiettivo principale della didattica enattiva.
Lasciare il corpo libero di esplorare tutte le possibilità del movimento, di trovare attraverso spontanee prove ed errori l’adattamento migliore, l’aggiustamento globale adeguato, è necessario.
Questo permette ai bambini di esplorare strade che nessuno prima aveva tracciato e di progredire:
a livello cognitivo (flessibilità e creatività del pensiero)
a livello motorio (movimenti nuovi e coordinati).
La libera esplorazione è una risposta del proprio corpo agli stimoli dell’ambiente.
Si sperimenta il modo in cui gli oggetti entrano in rapporto tra loro e già in questa fase si ha subito creatività perché ognuno vede e sperimenta le relazioni in modo diverso ed originale rispetto ad un altro:
Con i bambini bisogna sollecitare soprattutto situazioni di libera esplorazione inserendo il lavoro percettivo nei tempi giusti e con modalità ludiche.
Come agevolare il movimento divergente
MOVIMENTO CONVERGENTE
MOVIMENTO DIVERGENTE
E’ meccanico, con tempi cadenzati e formule fisse
E’ spontaneo, non è riducibile a tempi e a formule
Implica una successione precisa di azioni a ritmi regolari
Implica una successione libera di azioni a ritmi diversi
E’ organizzato, razionale, schematico
E’ naturale, emotivo, autentico
Permette di padroneggiare le azioni tecniche
Permette di esplorare la creatività
Il mondo interno è separato dal mondo esterno
Il mondo interno è unito al mondo esterno
La formazione di un clima che favorisca la massima naturalezza e il contatto con la creatività, in cui poter essere se stessi senza obblighi, è il modo giusto per agevolare il movimento divergente.
Il movimento divergente può essere pensato come il Nastro di Möbius, che ha una sola faccia senza un lato superiore ed uno inferiore, senza una demarcazione tra interno ed esterno.
Il movimento convergente, invece, ha il tipo di superficie che siamo abituati a vedere, quella con due facce staccate, una davanti e l’altra dietro, per cui è possibile percorrerne una senza mai raggiungere l’altra se non attraversando il bordo che le unisce.
Conclusione
Il movimento divergente ha un’unica faccia e non ha bordi né punti di separazione, il dentro e il fuori sono sempre collegati.
Saranno proposti, a puntate, alternandosi con i vari esperti della nostra piattaforma che hanno sposato, con grande generosità, la filosofia del nostro blog.
Il movimento è il modo più naturale che abbiamo per entrare in relazione con le cose che ci circondano.
Se si trovano in alto cerchiamo di…
arrivarci allungandoci o spiccando un salto, se sono in basso chinandoci con un piegamento, se sono vicine e davanti a noi camminando, se sono lontane e dobbiamo raggiungerle in fretta correndo.
Con il movimento instauriamo un dialogo con l’ambiente, ogni oggetto diventa accessibile, alla nostra portata.
Mettiamo un piede davanti all’altro ed usiamo una mano insieme all’altra per scoprire il mondo.
Il movimento ha la dinamicità dell’acqua che può essere solo contenuta in una forma, ma ha in più la forza di modificare con la sua energia creativa il contenitore.
La nuova pedagogia del movimento divergente ha lo scopo di avviare un viaggio alla scoperta dell’intelligenza cinestetica, delle sue straordinarie potenzialità e dei suoi inesplorati sentieri.
Permette un collegamento tra il corpo, il mondo intorno a noi e le nostre emozioni.
Il movimento non ha confini e non deve avere frontiere, la sua ripartizione in punti ha solo lo scopo di condividere un’ipotesi di studio:
1) Il movimento automatico
Percorre le vie extrapiramidali e ci porta a dare una risposta meccanica, istintiva, agli stimoli ambientali.
Il midollo spinale è responsabile dei comportamenti automatici e stereotipati.
I riflessi spinali ci permettono una risposta quanto più rapida possibile in seguito a stimoli che segnalano situazioni potenzialmente pericolose per noi
se ad esempio la nostra mano è in contatto con una superficie bollente è fondamentale la reazione immediata dei muscoli senza aspettare l’elaborazione della corteccia cerebrale per evitare un’ustione;
2) Il movimento posturale
Elabora le impercettibili informazioni provenienti dai propriocettori sensoriali e dal midollo spinale;
permette la conoscenza del nostro corpo nello spazio per arrivare a mantenere, attraverso i riflessi posturali, la nostra posizione eretta mentre siamo in piedi o camminiamo;
I propriocettori sono i sensori delle articolazioni, dei muscoli e dei tendini e rilevano la tensione muscolare e la posizione delle articolazioni;
Il segnale che parte dai propriocettori viene trasmesso fino al midollo spinale dal quale si origina un altro impulso nervoso che permette la contrazione involontaria della muscolatura.
3) il movimento convergente
Responsabile del movimento volontario, è più complesso perché integra le informazioni provenienti dai livelli inferiori e da quelli superiori del cervello.
Tutti i movimenti volontari del corpo sono guidati dal cervello, una delle parti più coinvolte nel controllo è la corteccia motoria.
Per realizzare i movimenti diretti verso una meta, la porzione anteriore del lobo frontale del cervello deve prima ricevere le informazioni dagli altri lobi, da quello parietale sulla posizione del corpo nello spazio e da quello temporale sulla memorizzazione delle azioni passate.
Il movimento convergente richiede una elaborazione percettiva, percorre le vie piramidali e ci permette di svolgere azioni volontarie che ripetute con l’allenamento, con l’imitazione di un modello, con l’addestramento, ci specializzano in una disciplina sportiva spesso unilaterale che sviluppa competenze specifiche a discapito di altre abilità motorie.
4) il movimento divergente
E’ la manifestazione espressiva, originale, articolata e consapevole delle nostre energie interiori.
E’ il movimento attento al nostro mondo interno in armonia con quello esterno.
Risana, in questo modo, le vecchie scissioni corpo-mente, ragione – sentimento, pensieri-affetto.
I nostri movimenti volontari non si dissociano dai nostri impulsi profondi.
Il pensiero, il movimento, l’emozione si uniscono in un unico flusso coinvolgendo ogni parte del cervello, si mettono in collegamento il sistema extrapiramidale e quello piramidale che in realtà non sono mai separati.
Il movimento divergente crea connessioni ripristinando il senso di unità. Le connessioni stabiliscono i nessi tra le sensazioni, le emozioni, le immagini e il pensiero, compreso quello laterale.
I gesti non sono frammentati, staccati, robotizzati, divisi perché vivono l’esperienza corporea nella sua pienezza migliorando il nostro modo di comunicare.
Le aree motorie oltre a quella motoria vera e propria sono quelle delle regioni corticali premotorie e quelle dell’area motoria supplementare.
I movimenti di tipo riflesso si fermano ai livelli inferiori, al midollo spinale, senza arrivare alla corteccia.
A completare il controllo del movimento ci sono poi il cervelletto e i nuclei della base, tra i quali c’è Putamen, una sorta di supereroe tuttofare a forma di guscio di noce.
La corteccia motoria è quella parte del cervello che pianifica, controlla ed esegue i movimenti volontari del corpo dall’alto del centro operativo del lobo frontale.
I movimenti involontari e volontari sono sempre integrati e il movimento divergente permette il loro naturale collegamento.
Il movimento divergente fa così il suo ingresso nelle scienze pedagogiche (Il Movimento divergente, Pasquale Iezza, Aranblu editore, 2001), un ingresso fondamentale perché fecondo di prospettive didattiche e formative nel mondo della scuola e dello sport.
E’ il movimento, apprendista meccanico, specializzato nelle giunzioni neuro-muscolari, nei cambi, nei circuiti e nei gangli di collegamento, ed ha un’officina con tutte le chiavi di accensione dei motoneuroni di qualsiasi cilindrata.
Ha facilitato nuove risposte a discipline sportive che sembravano codificate in modo permanente, basti solo pensare: