Donato Sabia

DONATO SABIA, IL CAMPIONE SILENZIOSO CHE DISSE NO AL DOPING

Dino De Angelis: un pensiero ad un grande campione

1984, lo Scandinavium di Goteborg è una sorta di tempio che rappresenta da decenni il punto d’incontro con il mondo.

E qui, un potentino appena ventenne ebbe un appuntamento con la storia.

Si trattava di Donato Sabia, un…

…talento che ha sempre voluto combattere esclusivamente con le armi a sua disposizione, e nulla di più.

In un mondo pieno di “trucchi del mestiere” non sempre legali (anzi, spesso e volentieri, totalmente illegali), Donato ha scelto di correre contando solo sulle proprie energie:

  • fisiche,
  • tecniche,
  • mentali.

E come scrisse Repubblica a quei tempi (anni 80)

Donato era un talento “grezzo, tanto grezzo che scelse di restare grezzo”.

Un pò di storia sportiva

Classe 1963, orgogliosamente di Potenza, Donato Sabia è stato uno dei più grandi campioni degli 800 metri italiani:

due finali olimpiche:

Il suo nome rimarrà legato a Goteborg dove negli Europei indoor del 1984 realizzò quella che resta una delle migliori prestazioni sugli ottocento metri.

Un quasi record, 1’43”88, che oggi lo colloca a pochi centesimi da quello di Marcello Fiasconaro del 1973.

Donato era molto amico di Pietro Mennea, con cui hanno condiviso la pista di Formia, dove si allenavano nello stesso periodo.

I paragoni con Mennea sono stati molti, forse perché entrambi erano schivi, abituati a lavorare molto secondo una filosofia basata sul sacrificio personale.

Donato è sempre stato elegante e signorile, non solo nel correre ma anche nel suo modo di rapportarsi con gli altri.

Disse di Mennea

Quando Mennea se ne andò, nel marzo del 2013, al suo funerale fu proprio Donato Sabia, quel ragazzo schivo, riservato, a volte perfino timido, a confortare tutti.

Era addolorato ma dentro aveva quella luce di tranquillità che anche quella volta consegnò al mondo dell’atletica presente ai funerali della “Freccia del Sud”, quasi a voler dire:

“Sì, abbiamo perso un grandissimo campione, ma il suo esempio resterà sempre vivo. Ora proviamo a seguirlo”

I valori sportivi

Qualcuno scrisse di Donato che “oltre a essere il più forte tra i quattrocentisti e gli ottocentisti, era una sorta di sindacalista: 

si era erto a paladino di un gruppo di atleti che non erano stati presi in considerazione dalla federazione”.  

Una volta ad un meeting internazionale a Milano, chiese allo speaker della manifestazione di farsi dare il microfono perché voleva comunicare al pubblico presente tutte le ingiustizie che certa parte dell’atletica (la staffetta 4 x 400) stava subendo per le imminenti olimpiadi.

E anche se quel microfono gli fu negato.

Sabia mise il suo petto davanti a tutti i giornalisti che si avvicinarono per cercare di capire cosa fosse successo, per rivendicare i diritti di una serie di atleti che l’Olimpiade l’avevano meritata con i risultati.

Sulla pista fu indomabile, ma anche molto sfortunato.

I carichi di lavoro pesantissimi si fecero sentire.

A 27 anni Sabia aveva dolori continui e si infortunava spessissimo.

La sua carriera si chiuse troppo presto, con molti rimpianti e con delle polemiche accesissime.

Poco tempo fa, in una intervista al Corriere del Mezzogiorno dichiarò:

“Avevo detto no al doping, un aiuto a quei tempi quasi istituzionalizzato. E da allora mi chiusero tutte le porte”.

Di quel periodo, il suo allenatore Sandro Donati racconterà:

“Anche se non ufficialmente, era stato emarginato dalla squadra perché aveva rifiutato le pratiche del doping, eravamo soli, nessun sostegno economico”.

Dopo aver concluso la carriera agonistica, ritornò a casa e gli ultimi anni li ha trascorsi da Presidente della sezione lucana della Federazione italiana di atletica leggera, dove ha continuato, anche a livello istituzionale, la sua battaglia contro il doping.

Poteva essere il più grande di tutti nell’atletica, è stato grande nelle scelte.

Il Covid se lo è portato via in un mattino di aprile lasciando attoniti quanti lo conoscevano e lo apprezzavano come atleta ma soprattutto come uomo.

E nella città in cui è nato rappresenta ancora oggi un esempio limpidissimo e inscalfibile di un uomo integro e inattaccabile e la sua figura continua a dimostrare a tutti come un atleta del suo calibro possa continuare ad essere un punto di riferimento per una intera comunità.

di Dino De Angelis

Agilità

L’AGILITA’

NELLA PALLACANESTRO


Dopo la velocità, continuiamo il nostro viaggio trattando un’altra dote atletica necessaria per diventare un giocatore di basket quantomeno completo.

Un sistema per muoversi più liberamente con maggiore agilità e velocità è quello di sviluppare una buona elasticità.

Inoltre, la capacità di fornire…

…prestazioni senza timori di infortunio si risolve in azioni più poderose.

Cosa origina la potenza?

Il livello di estensione di una banda elastica stabilisce la quantità di energia immagazzinata e la possibilità di emissione di forza.

Per il muscolo non è l’estensione, ma piuttosto la velocità dell’allungamento che determina l’originarsi della potenza.

Quando però un muscolo è allungato fino ai suoi limiti estremi, l’essere in grado di resistere ai rigori di questo allungamento massimale ed eseguire un movimento di grande potenza senza infortunarsi è molto importante per una resistenza e produttività a lungo termine.

L’ampliamento della gamma di movimenti è un fattore molto importante per diventare un atleta completo.

L’importanza dell’agilità

Strettamente collegata con l’equilibrio, l’agilità è necessaria agli atleti per regolare gli spostamenti del centro di gravità mentre in velocità variano le posizioni del corpo.

L'agilità
Foto di Tima Miroshnichenko

L’agilità è la capacità di cambiare direzione senza diminuire la velocità.

Un esempio

Immaginiamo un uomo alto circa 2 metri, di 115 Kg, che può sollevare 180 Kg da seduto e 500 Kg in piedi, che ci sprinta in piena velocità davanti a noi e che improvvisamente devia a razzo verso destra o verso sinistra apparentemente senza diminuire il passo.

La maggior parte dei giocatori deve decelerare considerevolmente per assumere un po’ di controllo prima di un rapido cambio di direzione.

Ridurre la decelerazione è un fattore chiave per migliorare l’agilità.

La capacità di cambiare direzione rapidamente spiega in larga misura perché in atletica i saltatori possono balzare così in alto.

Il saltatore, in questo caso, stabilisce la sua velocità durante l’approccio al salto e poi trasferisce questa velocità orizzontale in sollevamento verticale nei due rapidi passi prima del punto di battuta.

Saltatore

Queste stesse caratteristiche possono essere inserite nei movimenti sul campo di basket.

Conclusione

Bisogna includere degli esercizi che richiedono veloci cambi di direzione nello schema quotidiano di allenamento:

con l’allenamento frequente a cambiare direzione con movimenti in avanti, indietro, laterali e verticali, si migliorerà l’agilità dell’atleta.

Prossimamaente tenteremo d’illustrare – presentare esercizi dediti al miglioramento di questa dote atletica con la speranza di avere uno scambio con i tanti lettori del nostro blog.

di Tiziano Megaro