Functional training

Fin dai tempi antichi, l’uomo ha avvertito la necessità di migliorare le prestazioni fisiche nelle varie espressioni della psicomotricità.

Cenni storici

Poco prima della battaglia delle Termopili (480 A.C.) re Serse incaricò i suoi esploratori di recarsi di nascosto nell’accampamento degli spartani al fine di spiarne le mosse.

Gli esploratori riferirono al sovrano come gli spartani fossero quotidianamente impegnati ad allenare il proprio corpo con esercizi calistenici.

spartano-allenamento

Solo dopo che, nel corso della battaglia, i 300 spartani riuscirono a tenere testa agli oltre 120.000 soldati di Serse, fino all’arrivo delle altre forze greche, il sovrano comprese a proprie spese la ragione per cui il popolo greco desse una tale importanza all’esercizio fisico.

Agli antichi greci dobbiamo il principio che recita come per accrescere la propria forza sia necessario manipolare il sovraccarico, incrementandolo progressivamente.

La massima espressione del fisico “ideale” fa ancora oggi riferimento alle statue greche.
Esercizi propedeutici di corsa nell’antichità

Nelle terme e nelle ville romane sono stati rinvenuti mosaici raffiguranti diversi soggetti (anche donne), impegnati nell’allenamento contro resistenza, a testimonianza della diffusione di tale pratica nella quotidianità.

I gladiatori che si misuravano negli anfiteatri, passavano le loro giornate dedicandosi all’allenamento di forza e destrezza, unitamente a quello volto al perfezionamento delle tecniche di combattimento.

Nel medioevo, gran parte dell’addestramento degli aspiranti cavalieri era basato su esercizi a corpo libero e con sovraccarichi.

Nei secoli, si sono poi sviluppate diverse tecniche e discipline, dalla ginnastica artistica al sollevamento pesi, all’esercizio calistenico.

Dal secolo scorso si è visto il proliferare di attrezzature per l’allenamento isotonico e ha decretato l’esplosione di una serie di nuove tecnologie.

Stati du squilibrio

A seguito dei protocolli di potenziamento sviluppati con tali attrezzature, sono stati rilevati alcuni stati di squilibrio nello sviluppo muscolare tra:

  • i distretti agonisti
  • antagonisti
  • fissatori e stabilizzatori dell’articolazione (o delle articolazioni),

interessate da un determinato movimento.

È stato altresì evidenziato un allungamento delle tempistiche di “trasformazione” delle sessioni d’allenamento della forza.

Fatto dovuto al presupposto che tali allenamenti erano stati essenzialmente concepiti per il muscolo e non per il movimento.

Ecco che è nata così la necessità di:

ricollegare l’allenamento muscolare alla corretta cinematica del gesto.

La mobilità

Il controllo motorio è parte di un complesso sistema fisiologico con primo attore il SNC (Sistema Nervoso Centrale), che organizza regola e controlla il movimento, nella sua interezza.

Il SNC diviene efficiente in presenza di una mobilità controllata e di una stabilità dinamica.

Riconosce i movimenti, non i muscoli e non permette un movimento che non può controllare.

All funzionale

Prima di tutto viene la mobilità:

  • si imparano schemi motori, da semplici a via via più complessi.
  • si crea  la base  motoria con nuovi engrammi motori, (che sia un’atleta o una persona comune), poi  la stabilità al movimento.

Ciò ci deve perciò insegnare che il nostro sistema nervoso è, nel suo complesso, ottimizzato per gestire dei “gesti”.

Nello specifico movimenti frutto di un’intenzione e perciò finalizzati al conseguimento di un risultato.

L’allenamento funzionale risponde alla necessità di sfruttare appieno i guadagni ottenuti in termini di forza muscolare mediante:

  • miglioramento della coordinazione interdistrettuale;
  • esercitazioni complesse che impegnino attività tonico posturale;
  • equilibrio e movimento applicabili a tutte le età.

Questa precisazione si rende necessaria in quanto un protocollo di allenamento funzionale che non tragga spunto da un’attenta valutazione dei sistemi di controllo di postura, equilibrio e movimento.

Sarebbe, di fatto, un viaggio senza meta.

In caso di un’alterata funzione del sistema tonico posturale, non sarebbe possibile allenare (e quindi migliorare) un gesto,

Al contrario, si andrebbe ad allenare un gesto “compensato” (quindi sbagliato), con tutte le conseguenze del caso:

minore efficacia terminale, rischi di fenomeni da sovraccarico, ecc…

Il concetto di regioni interdipendenti si riferisce al concetto che limitazioni funzionali, apparentemente estranee, in zone anatomiche remote, possano contribuire o essere associate con il disturbo primario del paziente

Da un punto di vista neurofisiologico, l’allenamento funzionale è tutt’altro che una banalità

L’Allenamento Funzionale consiste nel somministrare al corpo stressor (fattore di stress – agente stressante) che vadano ad incrementare i diversi parametri fisiologici.

Il sistema non sarà colpito da un unico “lato”, ma facendo arrivare stimoli complessi a cascata.

Quindi, in tale contesto, ben vengano metodi che usino principi propri del:

con attrezzi vari purché lo stimolo sia teso ad aumentare tutti i parametri da un punto di vista salutistico, funzionale ed estetico.

FT - body building

Lo scopo dell’allenamento non è quello di allenare il singolo muscolo o la singola caratteristica (forza, resistenza, mobilità articolare, ecc.).

Il fine è quello di allenare movimenti complessi che includono in sé molteplici abilità.

Finalità del functrional training

Secondo il functional training  bisogna ragionare in termini di movimento del corpo, di catene cinetiche.

Significa, dunque, focalizzarsi sul far lavorare i vari muscoli in sincronia.

Nella realtà l’attrezzatura può essere molto semplice o complessa.

Infatti comprende tutto ciò che ci permette di individualizzare l’esercizio e renderlo funzionale all’obiettivo nel rispetto della:

  • biomeccanica
  • anatomia
  • fisiologia del soggetto.

La fantasia in questo caso la fa da padrona!

Conclusione

Ritengo tutti gli attrezzi:

  • semplici e complessi
  • di fortuna e fantasia

adatti all’allenamento funzionale a seconda del soggetto considerato.

Possiamo quindi dire che è la corretta applicazione che determina la loro collocazione nel functional training .

Anatomia, fisiologia, biomeccanica e tecniche di utilizzo forniscono una seria preparazione all’allenamento funzionale.

Davide Antoniella Functional training
Il preparatore atletico prof. Davide Antoniella

di Davide Antoniella

Allenamento donna

Triade della donna

Esercizio fisico amatoriale – agonistico

Aumenta l’interesse delle donne per queste discipline

Grazie ai cambiamenti sociali degli ultimi trent’anni, l’interesse da parte delle donne nei confronti dell’esercizio fisico, amatoriale e agonistico, e in particolare per le attività di tendenza come il CROSSFIT, il POWERLIFTING, la corsa ad ostacoli (SPARTAN RACE), risulta essere più coinvolgente.

Il più delle volte, le motivazioni che portano una donna ad iscriversi in palestra sono date da un fattore…

estetico o da un fattore competitivo estremo, solo secondariamente per stare bene o per motivi di salute.

Nonostante sia ben noto il ruolo benefico dell’esercizio nella promozione della salute fisica e mentale, l’attuale tendenza generale è volta a volerne aumentare considerevolmente, durata, frequenza ed intensità.

Talvolta però l’atleta, nella convinzione di migliorare le proprie prestazioni, eccede con l’esercizio fisico e scompensa con il ridotto introito alimentare, arrivando a sbilanciare il fabbisogno energetico fino a compromettere il normale funzionamento del ciclo mestruale.

Triade
Foto di Andrea Piacquadio
Cosa è la Triade?

Nel 1992 la Task Force on Women’s Issues of the American College of Sports Medicine, definisce la “Triade dell’atleta femminile” (TRIADE) la combinazione di:

  1. Bassa disponibilità di energia (con o senza disturbi del comportamento alimentare).
  2. Ridotta densità minerale ossea (BMD) manifestata con osteoporosi e osteopenia.
  3. Inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadico (HPG) e alterazione degli ormoni FSH e LH con conseguente disfunzione mestruale fino all’amenorrea vera e propria (FHA).

Viene definita “amenorrea delle atlete”, l’assenza di mestruazioni spontanee che si protrae per almeno 3 mesi.

Le amenorree delle atlete possono essere classificate in:

  • «Amenorree primitive», ovvero quando la donna non presenta la comparsa del menarca (prima mestruazione);
  • «Amenorree secondarie», nel caso in cui la mestruazione scompaia dopo un periodo più o meno lungo di flussi mestruali spontanei.
Davide-Antoniella-Functional-training
Il prof. Davide Antoniella
Vediamo differenze e cause delle amenorree delle atlete

L’amenorrea da esercizio fisico, assieme all’amenorrea da disturbi alimentari (come da bulimia e da anoressia nervosa), fa parte delle amenorree ipotalamiche funzionali.

Quest’ultime vanno differenziate dalle amenorree ipotalamiche da causa organica, che comprendono quelle secondarie a patologia tumorale, ischemica o flogistica.

Le cause più accreditate che possono determinare lo stato di amenorrea sono:

  • Inadeguata alimentazione.
  • Modificazioni ormonali dovute all’esercizio fisico, perché alterano la produzione di GnRH, importante “regolatore” del ciclo mestruale e di cortisolo (ormone dello stress).

La prevalenza di amenorrea tra le atlete non è ben documentata, ma è stimata tra il 5% e il 40% (2-3% della popolazione generale) a seconda del tipo di disciplina sportiva e del livello competitivo.

Gli sport più a rischio sono quelli che richiedono

intensità particolarmente elevata:

molta resistenza, come le gare di fondo:

oppure quelli come:

che invece richiedono un aspetto fisico particolarmente definito con bassissime percentuali di grasso.

Anche lo stress emotivo è associato all’amenorrea (FHA) ed è stato considerato sia causa sia effetto della condizione.

Donna in allenamento
Come si manifesta la Triade dell’atleta femminile?

Il primo campanello d’allarme solitamente riguarda l’alimentazione.

Il rapporto con il cibo ritenuto troppo calorico, diventa una vera e propria ossessione fino a manifestare, in alcuni casi, sintomi anoressici.

Dal punto di vista clinico, i sintomi più significativi della scarsa disponibilità di energia legata anche a questo atteggiamento, sono i suoi effetti sul ciclo mestruale e sulla salute delle ossa.

Com’è noto, l’esercizio fisico incentiva l’attività degli osteoblasti, ovvero le cellule che producono matrice ossea, ma la carenza di estrogeni ne peggiora la struttura trabecolare.

Barrack et al. (2010) hanno dimostrato come le atlete di endurance (40%) abbiano, infatti, una densità ossea più bassa rispetto alle ballerine o alle ginnaste (10%).

Molti sono anche gli studi che hanno evidenziato quanto la quantità di massa scheletrica acquisita durante l’adolescenza, sia uno dei fattori più importanti nel determinare l’osteoporosi e il rischio di fratture nel corso della vita.

Approssimativamente il 50% della massa ossea viene acquisita proprio in questo periodo;

l’aumento maggiore è tra 11 e 14 anni e solo a 18 anni le donne riescono a raggiungere il 95% della loro densità ossea (BMD) totale.

Il picco di massa ossea al collo del femore avviene all’età di 16 anni ma, nella colonna lombare, la massa ossea continua ad aumentare fino al terzo decennio di vita.

Durante i periodi di limitata disponibilità di combustibile, l’energia viene deviata o ripartita lontano dalla crescita e dalla riproduzione al fine di dare priorità ai compartimenti vitali per la sopravvivenza dell’individuo.

Questo dimostra l’enorme importanza di considerare l’allenamento in funzione delle fasi di crescita e di quanto sia fondamentale dosare attentamente l’attività motoria per quanto riguarda volume, intensità, tipo, recupero, progressione, frequenza e durata.

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Diversi studi hanno dimostrato come ci siano numerose conseguenze se questa condizione interessa un lungo periodo
  1. Aumentato rischio di infortuni muscolo-scheletrici
  2. Alterazioni cardio-circolatorie
  3. Fratture da stress
  4. Profilo lipidico anormale
  5. Disfunzioni endoteliali
  6. Perdita irreversibile di massa ossea
  7. Depressione
  8. Ansia
  9. Scarsa autostima
  10. Aumentata mortalità (Weiss Kelly et al. 2016)

La combinazione di questi fattori influirà inevitabilmente sulle prestazioni e sulla qualità della vita aumentando il rischio di lesioni, depressione, irritabilità, diminuendo coordinazione, forza muscolare e concentrazione

alterando lo sviluppo psico-fisico in fase di crescita e attivando processi degenerativi che a lungo termini porteranno ad aumentare il rischio delle malattie legate all’invecchiamento.

di Davide Antoniella